Malcom Pagani, il Fatto Quotidiano 26/7/2016, 26 luglio 2016
ACQUA AZZURRA MA MENO CHIARA
Dovendo scegliere e studiare le sue mosse, Mogol è all’impasse. Dovrebbe cantare vittoria e invece potrebbe scoprire di aver perso. La storia è antica, si perde nella Brianza velenosa dei Settanta e riguarda Giulio Rapetti, paroliere di Lucio Battisti e la moglie del cantante, Grazia Letizia Veronese, madre di suo figlio Luca e autrice del primo disco del Battisti demogolizzato. E già, nel 1982. Da allora i rapporti tra Mogol e i familiari di Battisti sono andati via via peggiorando e sono diventati inesistenti fino a quando, nel 2012, per ragioni di sfruttamento commerciale del repertorio Mogol-Battisti, il paroliere non ha fatto causa a Grazia Letizia Veronese chiedendo che gli venisse riconosciuta la cifra monstre di 8 milioni di euro.
Il tribunale di Milano ha respinto l’accusa di illecito amministrativo mossa alla vedova Battisti dai legali di Mogol nella gestione della Acqua Azzurra Srl e ha invece condannato la società la Aquilone Srl, società riconducibile a suo figlio Luca che ne detiene il 60 per cento, a pagare al paroliere poco più di 2 milioni e mezzo di euro per inadempienze legate «ai contratti di edizioni conclusi con Giulio Rapetti».
Il mancato sfruttamento del repertorio è da anni il grande cruccio di Mogol. Un cruccio che è sfociato in una causa sulla presunta malagestione di Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl: una malagestione negata dalla sentenza del Tribunale di Milano, che ha però concesso a Mogol un riconoscimento economico al quale Giulio Rapetti nel paradosso assoluto dovrà in parte provvedere di tasca propria.
Attraverso un’altra società a lui e ai suoi due figli direttamente riconducibile, infatti, Giulio Rapetti è infatti proprietario del 9 per cento per cento delle quote di Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl.
Non è tutto, perché dopo aver chiesto invano l’abbinamento della voce di Battisti alla pubblicità della pasta alimentare e agli spot bancari, Mogol rischia di vedere il suo desiderio dimezzato. La sentenza del Tribunale di Milano infatti opera una netta distinzione tra l’opera e il suo interprete.
Ci sarà quindi più tolleranza e apertura nella concessione per le operazioni pubblicitarie e cinematografiche dei brani di Battisti in questi ultimi anni gelosamente custoditi da Veronese (lontani i tempi de Il Grande Blek di Giuseppe Piccioni con Emozioni cantata a fari spenti nella notte di Ascoli), ma non è affatto detto che ad accompagnare spot e film possa essere davvero la voce originale dello stesso Battisti.
Rimangono i 2,6 milioni di euro che come in ogni buona commedia all’italiana, in una partita di giro, Mogol, avrà un po’ da sé, un po’ dalla Universal Music Publishing Ricordi Srl (il 31 per cento della cifra) e un po’ dagli eredi Battisti. Nonostante la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl abbia preannunciato appello, l’intenzione è quella di dare spontaneo adempimento alla sentenza.
L’avvocato Simone Veneziano, legale della moglie di Lucio Battisti, raggiunto al telefono, è chiaro: «Ho letto sui media interpretazioni opportunistiche e fuorvianti della sentenza del Tribunale di Milano che ha respinto – ribadiamolo – la domanda di Mogol contro Grazia Letizia Veronese. L’obiettivo dichiarato in giudizio da Mogol era chiarissimo: metterle le mani in tasca, aggredire il suo patrimonio e annientarla economicamente. Dopo averla per anni pubblicamente additata come la vedova che mangia i bambini; e alla luce della sentenza, quell’obiettivo può dirsi miseramente fallito. Il Tribunale di Milano infatti ha condannato non già la signora Grazia Letizia Veronese, bensì la Edizioni Musicali Acqua Azzurra Srl a pagare a Mogol 2,6 milioni di euro. Si tratta di una società della quale lo stesso Mogol è socio. Quindi, quando si tratterà di eseguire la condanna, Mogol finirà per dover mettere le mani nelle sue tasche, finendo per dover risarcire in parte se stesso».
Non solo: «Il Tribunale di Milano – aggiunge Veneziano – fa salvi i diritti degli eredi di Lucio Battisti inteso, non già come autore, bensì come interprete delle canzoni del repertorio Mogol/Battisti. Quindi da domani Mogol potrà ostinarsi a voler abbinare il brano Acqua Azzurra, Acqua Chiara a un dentifricio; ma dovrà farselo cantare da uno dei suoi allievi del Cet di Toscolano. Spiace, sinceramente, che egli non voglia farsene una ragione. Ma il dispositivo della sentenza questo dice. Il resto è solo risentimento e frustrazione».