Virginia Della Sala, il Fatto Quotidiano 25/7/2016, 25 luglio 2016
«AUSCHWITZ, NON È UMANO CHI CI GIOCA O LO PERMETTE»
Auschwitz non è solo un luogo sacro per gli ebrei. È il cimitero dell’umanità, è il punto dove l’umanità ha incontrato il baratro e ha toccato il suo punto più basso. Anche solo pensare di poter giocare ad Auschwitz è inconcepibile”. A dirlo è Ruth Dureghello, presidentessa della Comunità ebraica di Roma riferendosi alla presenza, nel campo di sterminio, di 136 Pokemon, i mostriciattoli protagonisti del gioco a firma Niantec, Nintendo, Pokemon e Google, scaricato da oltre 30 milioni di utenti in tutto il mondo e diventato un fenomeno senza pari. “Anna Frank diceva di volere credere nell’intima bontà dell’uomo – spiega Dureghello – e lo stesso voglio fare anche io. Voglio credere che sia stata una svista, un errore, una superficialità”.
Il tema comunque, è più complesso della decisione di permettere che ci siano Pokemon ad Auschwitz e nei luoghi della memoria: si allarga alla memoria e al suo rispetto. Se ci sono i mostriciattoli da catturare significa che c’è chi prova a catturarli. “Più che fenomeno di costume, la caccia globale ai Pokemon rischia di assumere i contorni di una vera e propria patologia.
E un’ulteriore fonte che alimenta a gocce l’oceano della violenza – spiega al Fatto Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane –. Che umanità è quella che si mette alla ricerca dei mostriciattoli ad Auschwitz, nei luoghi dove si consumò il più grave crimine mai commesso dall’uomo contro l’uomo?
E a quali codici etici e comportamentali risponde chi, tra i dirigenti della Nintendo, permette che tutto questo accada senza porre argini e filtri? Il gioco senza confini e la demenza digitale sono una minaccia molto grave, troppo spesso sottovalutata”. Poi, il riferimento ai risvolti commerciali. “È ancora più grave che vi sia chi, sfruttando tutte le potenzialità – fragilità di queste fasce di consumatori, non si faccia scrupoli a violare luoghi e testimonianze che dovrebbero essere dedicati a ben altro tipo di attività. Alle autorità competenti, chiedo di intervenire con fermezza per porre fine a questo abominio, ai genitori che ancora possono decidere il destino dei loro figli chiedo nelle parole di Levi, di riflettere che questo è stato”.
Appena qualche giorno fa, è stata chiusa la app “Campo di Auschwitz Online”, dopo le proteste delle comunità ebraiche e degli utenti. Era stata creata dalla Trinit.es, scuola professionale spagnola con sede a Saragozza. Sulla home della app, la stella di David e l’immagine della ferrovia con fermata “Auschwitz concentration camp”. Due soldati in divisa Wehrmacht e il messaggio: “Vivere come un vero ebreo nel campo di concentramento Auschwitz”. Sul web, resiste la moria dei commenti lasciati sul negozio online di Google. Si va da “Le 5 stelle ve le do quando lo fate funzionare, ero più emozionato di Adolf all’inaugurazione dei campi” a “Il problema è che ogni 20 minuti trovo il forno pieno e devo entrare a togliere la cenere”.
A giugno, poi, Google aveva dovuto rimuovere un’estensione del browser Chrome dal proprio shop online dopo aver scoperto che alcuni neonazisti lo usavano per identificare sul web persone di religione ebraica.
di Virginia Della Sala, il Fatto Quotidiano 25/7/2016