Marco Pasotto, La Gazzetta dello Sport 24/7/2016, 24 luglio 2016
BERTOLACCI: «MILAN, RIPARTIAMO INSIEME» – First class, fila uno, ponte superiore. Punto d’osservazione privilegiato
BERTOLACCI: «MILAN, RIPARTIAMO INSIEME» – First class, fila uno, ponte superiore. Punto d’osservazione privilegiato. Davanti c’è solo il pilota. Alle spalle tutti gli altri: compagni, allenatore, dirigenti. Sotto, scorrono terra e mare e Andrea Bertolacci studia tutto con attenzione. L’aereo che lo sta portando in tournée - dove a breve saprà se il primogenito, in arrivo a gennaio, sarà maschio o femmina - gli offre le stesse condizioni in cui lui vuole fortemente ritrovarsi quest’anno: non una poltrona qualunque, ma un posto in prima classe nel Milan che fin qui non lo ha ancora conosciuto davvero. Andrea ha un sorriso un po’ tormentato che racconta bene le difficoltà dei primi dodici mesi in rossonero. L’arrivo in grande evidenza con le ottime referenze della precedente annata al Genoa, e soprattutto quel bonifico da 20 milioni accreditato sul conto della Roma. Avrebbe dovuto essere una sorta di polizza, di garanzia sulle prestazioni, e invece è diventato un marchio a fuoco. Infortuni, prestazioni scolorite, aspettative non ripagate: la stagione di Andrea è scappata via così e in questo Milan che ha la necessità estrema di rimettersi in pista, non c’è simbolo più indicato di lui. I desideri di riscatto suoi e del club viaggiano sottobraccio. Bertolacci, quella passata è stata una stagione da incubo. Da che cosa si può ripartire? «Dalla conoscenza dell’ambiente. Io per carattere quando arrivo in una realtà nuova ci entro in punta di piedi. Sono una persona timida e riservata, con un grande rispetto di base. Ora so cosa vuol dire essere al Milan e questo sarà un mio punto di forza. Credo di essere una persona equilibrata: cerco di essere da esempio per gli altri e allo stesso tempo di prendere spunto dai compagni per migliorare». Sulla carta non fa una piega. All’atto pratico però tutto questo sino ad ora si è visto poco, se ne renderà conto anche lei. «Certamente. E’ stata una stagione particolare e la premessa è che non ho, e non cerco alibi. Non è nella mia natura. Una cosa però vorrei dirla, perché è giusto fare un’analisi completa». Prego, ci racconti. «Ogni volta che stavo per rimettermi in carreggiata e tornare il vero Andrea, mi sono fatto male. Gli infortuni (tre, tutti muscolari, che gli hanno fatto saltare complessivamente undici partite, ndr) mi hanno condizionato. Ecco, vorrei dire che non si tratta di una giustificazione, ma quantomeno di una spiegazione al mio rendimento al di sotto delle attese. Comunque non mi sento una vittima, anche perché sono una persona autocritica che si assume le responsabilità». Ci racconti qual è il vero Bertolacci. «Quello che sa fare bene entrambe le fasi, si sacrifica, fa gol e assist. Come è successo all’ultimo anno al Genoa: 6 reti e 8 assist, la mia miglior stagione. Sarebbero numeri ottimi come obiettivo per il prossimo campionato. Non sono un attaccante, ma lo dico senza problemi: il gol mi manca, ne ho sempre fatti. Essermi fermato a uno non va assolutamente bene». Che cosa le è mancato di più la scorsa stagione? «La continuità, soprattutto. E poi man mano è venuta meno anche la fiducia. Mi avete visto a sprazzi, ho giocato al 50% delle mie possibilità e se qualcuno dice che non ho personalità rispondo che la cosa non mi tocca e se sono al Milan non può essere casuale. Mai pensato di trasferirmi: troppo facile mollare, io da sconfitto non me ne vado. Voglio fare bene col Milan e riprendermi la Nazionale, l’altro mio grande obiettivo. Non chiedo altro che lavorare e ricominciare a dimostrare quanto valgo». Il mercato aveva sentenziato 20 milioni... «E’ un’etichetta che mi ha accompagnato per tutta la stagione, e che forse a livello inconscio mi ha pesato. Ma che posso dire? A Genova avevo dimostrato il mio valore, e i prezzi li fa il mercato. Non sono io a dover rispondere delle leggi di mercato». Allora mettiamola in un altro modo: lei si sarebbe comprato per 20 milioni? Ride. «A 20 non lo so, a 16-17 direi di sì». Se quest’anno ingranerà la marcia giusta, in che modo ne beneficerà il Milan? «Ora mi sento uno di quei giocatori da cui il Milan può ripartire. Uno di quelli su cui ricostruire. E poi c’è Montella». E quindi? «Con lui mi sento parte di una filosofia tattica che mi rispecchia bene e che può farmi rendere al massimo. Non parlo così perché adesso è il mio allenatore, ma ha le caratteristiche migliori per la mia crescita. Lui ama giocare a pallone, il possesso palla, il palleggio. E’ un calcio molto affine a quello che intendo io. Ben vengano le sue sgridate quando sbagliamo un passaggio in allenamento: con la palla fra i piedi non ci perdona nulla, perché ci vuole abituare a essere lucidi anche quando siamo stanchi. Comunque i suoi allenamenti, essendoci tanto pallone, sono stimolanti, mi sto divertendo molto». Lei è giovane, italiano ed è stato nel giro azzurro. L’identikit perfetto per Berlusconi: le piace il progetto a cui voleva dar vita il presidente? «Moltissimo. In Italia ci sono tanti giovani di valore, che però vengono tutelati di meno rispetto agli stranieri. Manca un po’ di organizzazione a livello di settori giovanili. Io sono favorevole all’introduzione delle squadre B». I suoi obiettivi ce li ha detti. E quelli del Milan? «Riconquistare la credibilità e riportarlo in Europa. Per ora usiamo la parola generica, poi si vedrà».