Maria Laura Rodotà, IoDonna 16/7/2016, 16 luglio 2016
LA CATTIVA FAMA DELLE CAPE
Alcune di noi guardano con perplessità al femminismo da amministratore delegato di Sheryl Sandberg. E al suo bestseller Lean In, che spiega come farsi avanti sul lavoro a patto di esser coadiuvate da uno stuolo di tate. La stessa tra noi, espressi i dubbi del caso sul chief operating officer di Facebook, giorni fa ha letto un suo intervento sul New York Times e ha pensato “era ora”. Sandberg scrive pro domo sua, essendo una capa donna. Ma argomenta bene e smonta un tragico luogo comune: che le cape donne siano più cattive con le altre donne, non le fanno crescere, non le mettano alla prova, non le promuovano. “Statisticamente”, informa, “non è vero”. Sandberg cita uno studio su 1500 aziende pubblicato dallo Strategic Management Journal. Spiega che nelle compagnie guidate da una donna le donne hanno più chances di ottenere ruoli di potere. Succede anche quando ci sono donne in consiglio d’amministrazione. Succede in politica: Sandberg nota come le presidenti di Brasile, Cile, Argentina saranno controverse ma sono state inclusive; e hanno nominato un 24 per cento in più di ministre dei colleghi presidenti sudamericani maschi. Non siamo ancora alle principesse guerriere che si alleano in Game of Thrones, ma è più che qualcosa. Se non altro, siamo alle cape-mentori, che sono tante: il 73 per cento aiuta, sponsorizza, consiglia e promuove altre donne. Solo il 30 per cento dei manager maschi, in caso di sottoposte femmine, fanno da mentori (con quali femmine, la ricerca non dice).