Nino Sunseri, Libero 21/7/2016, 21 luglio 2016
RICUCCI, IL FURBETTO DEL QUARTIERINO NE FA UNA DIETRO L’ALTRA DAGLI ANNI ’80
Sicuramente gli farà ancora più rabbia. Sarà come avergli buttato sale sulle ferite. Stefano Ricucci è finito in galera il giorno dopo (o quasi) che Urbano Cairo, conquistando il Corriere della Sera, ha raggiunto il grande obiettivo. La scalata che doveva trasformare Ricucci da ambizioso ma sconosciuto immobiliarista di Zagarolo, nel padrone del salotto dei salotti della carta stampata: quello che si trova al primo piano di via Solferino 28, Milano. Fu fermato quando era diventato il primo azionista della casa editrice ma non poteva dirlo e soprattutto non poteva svolgere quel ruolo perchè i soldi non erano suoi. E poi che destino: tutte le sfortune a Ricucci capitano sempre d’estate. Nel 2005 quando aveva tentato la conquista del Corriere della Sera e oggi, col nuovo arresto. Magari non segnerà la definitiva scomparsa della sua stella che in fondo si era accesa solo per poche settimane. Certo sarà difficile farla brillare ancora. Ma forse non è nemmeno questo il problema più grave. In fondo di lui la giustizia si è occupata spesso. Fin da quando era molto giovane. All’inizio degli anni ’80, appena ventenne, a San Cesareo esercitava la professione di dentista pur non avendo la laurea (era solo un tecnico odontoiatra). E poi la lunga estate del 2005: la villa all’Argentario che era stata della famiglia Feltrinelli. Le prime pagine delle cronache finanziarie che si chiedevano dove volesse arrivare dopo aver rastrellato il 13,5% del Corsera. A fianco, le copertine dei periodici di gossip impazziti per il matrimonio con Anna Falchi. Sembrava che d’improvviso fosse arrivata sulla scena una nuova razza padrona. Non elegantissima, a voler essere un po’ snob. Troppo rumorosi, troppo appariscenti, troppo incomprensibili le origini delle loro fortune. Oltre a Ricucci c’erano Gianpy Fiorani, Giovanni Consorte, Danilo Coppola e volevano sovvertire l’ordine della finanza in una sola estate. Tentarono la scalata al cielo lanciando, contemporaneamente l’attacco in tre direzioni: a Milano sul Corriere della Sera, a Roma per prendere Banca Nazionale del Lavoro e a Padova su Antonveneta. Godevano della benedizione del Governatore della Banca d’Italia, Antonio Fazio. Era al loro fianco il presidente della Confcommercio, Sergio Billè.
Furono fermati dalle cannonate di carta bollata sparate dalla magistratura e dalla Consob. Ma soprattutto quelle di carta stampata, che partivano dai grossi calibri di via Solferino. Furono sconfitti e dispersi. Ricucci scelse di inabissarsi. Di lui restarono le intercettazioni. Pietre miliari del pensiero breve. Gli autori della scalata saranno per sempre «i furbetti del quartierino» . Ma più furbo ancora chi vuole «fa’ er frocio cor culo degli artri». Flash indimenticabili mentre Stefano Ricucci, l’autore del copyright diventava un’ombra. Fino al nuovo arresto. Sale sulle ferite anche in questo caso: finire in galera per un milione di euro. Che miseria per il papà dei furbetti.