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 2016  luglio 19 Martedì calendario

POKEMON GO, L’ISTERIA COLLETTIVA È LA MANNA PER I COLOSSI DIGITALI

C’è un Pokemon sotto la scrivania. Il primo istinto è quello di allungare la mano oltre lo schermo dello smartphone che lo inquadra e provare a toccarlo, per poi tornare a fissare lo smartphone e catturarlo. Oppure, se si è meno fortunati, il rischio è di ritrovarsi circondati da una folla di persone con la stessa intenzione: nelle ultime due settimane, i proprietari di smartphone e iPhone sono impazziti per un gioco, un’applicazione (app) che si chiama Pokemon Go, che permette di catturare i mostriciattoli diventati famosi per l’omonimo cartoon. In rete circolano video che mostrano frotte pronte a lasciare anche l’auto accesa e incustodita pur di catturare un rarissimo Pokemon. Si attiva il gps del telefono e la loro posizione compare su una mappa. Quindi basta raggiungere il luogo e catturarli per accumulare punti. Ma anche per produrre guadagni stellari per chi l’ha inventata.
Partiamo dalla App: la app è gratuita, ma il guadagno matura all’interno del gioco stesso. Le stime circolate finora (Sensor Tower) parlano di ricavi medi giornalieri pari a 1,6 milioni di dollari con le micro-transazioni dei cosiddetti acquisti in – app (come comprare un sovrappiù di sfere per catturare i Pokemon). Altre ipotesi parlano di 6,5 milioni: ognuno dei 26 milioni di giocatori, spenderebbe quotidianamente almeno 0,25 dollari (SurveyMonkey). Apple e Google, ad esempio, guadagnano dalle vendite in-app. Secondo le ricerche di settore, a loro va circa il 30 per cento di ogni acquisto.
Altra fonte di guadagno potrebbero essere le partnership. La ricerca dei Pokemon è l’escamotage giusto per attirare gli utenti nei negozi nei luoghi di interesse culturale segnalati nelle mappe. Tanto che si parla già di una possibile partenership tra Nintendo e Mc Donald’s. Più saranno i Pokemon nei punti vendita, più saranno i potenziali clienti. C’è già, infatti, chi ha fondato startup per attirare i Pokemon con una funzione del gioco o chi sta offrendo pacchetti di dati per navigare su internet illimitatamente.
Le società a cui fa capo il gioco sono però importanti multinazionali. Prima fra tutte, la Nintendo guidata dal giapponese Tatsumi Kimishima: la casa di videogame possiede il 33% della società giapponese The Pokemon Company di Tsunekazu Ishihara, che a sua volta possiede e gestisce il marchio Pokemon.
Già a marzo 2015 la Nintendo aveva annunciato l’intenzione di iniziare a sviluppare giochi per gli smartphone. Il suo fatturato annuo era in discesa dal 2012 e, secondo le previsioni della società stessa, le vendite delle consolle Wii U sarebbero diminuite di circa 800mila unità, di 1,8 milioni quelle della Nintendo 3DS. Nelle ultime due settimane, però, il valore delle sue azioni è praticamente raddoppiato, per immagine e investimento.
Nintendo è infatti anche investitore nella Niantic, la società che ha sviluppato il gioco, fondata dall’imprenditore americano John Hanke e nata come startup in seno a Google, da cui è uscita poco dopo la trasformazione di Google in Alphabet. Sul gioco, e sulla Niantic, la Nintendo, Pokemon e anche Google hanno investito, insieme, circa 30 milioni di dollari.
Il gioco era stato lanciato nel 2014 in versione ‘pesce d’aprile’ proprio da Google, che ne aveva attivato una versione promozionale per sponsorizzare le mappe. La registrazione, infatti, può avvenire proprio tramite account Google. Tanto è bastato, la settimana scorsa, perché alcuni utenti si accorgessero che Pokemon Go aveva l’autorizzazione ad accedere a tutti i dati legati all’account degli utenti. La Niantec ha dovuto assicurare che i permessi si sarebbero limitati alla mail e all’account di Google. In molti, però, è rimasto il sospetto che sia l’ennesimo modo per raccogliere informazioni. Due giorni fa, poi, un gruppo di hacker ha rivendicato un attacco che ha oscurato il gioco per ore.
Profilare gli utenti interessati a questo tipo di attività sarebbe in effetti un gran bel colpo. Basti pensare che negli ultimi mesi le aziende digitali hanno investito soprattutto nella “realtà aumentata” (come quella di Pokemon Go, che sovrappone nuovi elementi all’ambiente) o per la realtà virtuale (VR), che invece immerge in un mondo completamente diverso grazie aspecifiche strumentazioni audio -video.
Apple, per dire, a gennaio ha acquisito Flybyper i suoi software per la realtà aumentata. Nel 2015, Facebook ha speso 60 milioni di dollari per acquisire una società israeliana specializzata in effetti visivi. L’obiettivo, per tutti, è raggiungere le grandi masse. Il 2016, con l’entrata in commercio dei visori per la VR, doveva essere l’anno della rivoluzione. E Pokemon Go potrebbe esserne l’inizio.
di Virginia Della Sala, il Fatto Quotidiano 19/7/2016