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 2016  luglio 19 Martedì calendario

INTRODUZIONE LIBRO JUVENTUS – Introduzione utile per juventini e anti-juventini Iniziando a mettere insieme notizie, curiosità, successi e fotografie storiche per questo libro mi ronzava in testa una frase di Mario Sconcerti: «La Juventus è la seconda squadra di qualunque città ma non è la prima in nessuna città»

INTRODUZIONE LIBRO JUVENTUS – Introduzione utile per juventini e anti-juventini Iniziando a mettere insieme notizie, curiosità, successi e fotografie storiche per questo libro mi ronzava in testa una frase di Mario Sconcerti: «La Juventus è la seconda squadra di qualunque città ma non è la prima in nessuna città». Mario Sconcerti è la penna – e la testa – più brillante del giornalismo italiano, ma è fiorentino, tifoso della Fiorentina, quindi anti-juventino, mi sono detto. Non sarebbe giusto aprire un libro che celebra i successi della squadra più vincente d’Italia con una citazione che contiene in sé una nota polemica. Ma, pensandoci bene, la storia della Vecchia Signora è tutta qui. È la squadra con più tifosi d’Italia, è la squadra con più nemici d’Italia. La più amata e la più odiata, per utilizzare un’espressione abusata. È così che funziona, ci deve essere una squadra di calcio a dividere il Paese. Com’è successo e succede ancora in Spagna con il Real Madrid, per fare un esempio. Eppure, la Juventus nasce per unire. Lega a lungo l’aristocrazia sabauda e gli immigrati meridionali, i nostalgici della monarchia e gli uomini della sinistra. È la squadra di tutti, o quasi. Perché? C’entra il Medio Evo, come scrive Gianni Brera in Storia critica del calcio italiano: «Sulle direzioni del favore popolare – il tifo! – varrebbe la pena di indagare con riferimenti socioculturali e persino etnici. Il primo responso, ad ogni modo, è questo: che agli italiani piace parteggiare per chi vince. La Juventus gioca bene, vince sempre e non è né lombarda né emiliana né veneta né toscana: appartiene a una regione che ha innervato l’esercito e la burocrazia nazionali: di quella regione, il capoluogo è stato anche capitale d’Italia. Nel Medio Evo non esisteva se non come povero villaggio. Nessuna città periferica aveva contratto odii nei suoi confronti, all’epoca dei Comuni. Essa batteva ormai le decadenti squadre del Quadrilatero e offriva agli altri italiani la soddisfazione di umiliare le città che nel Medio Evo avevano spadroneggiato: i romagnoli andavano in visibilio quando Bologna veniva mortificata dalla Juventus, così i lombardi di parte ghibellina come pavesi e comaschi quando le milanesi venivano battute in breccia, e ancora i lombardi che avevano squadre proprie, come bergamaschi, bresciani e cremonesi, e le vedevano puntualmente vendicate dalla Juventus». Ma col passare delle stagioni – e delle vittorie – è cresciuta la schiera degli anti-juventini. Forse il momento decisivo, la data storica che segna la storia del tifo in Italia è il 16 aprile del 1961: Juventus-Inter sospesa per invasione di campo, quando le tribune non bastarono a contenere gli spettatori. Sarebbe 0-2 a tavolino, la Caf accoglie il reclamo della società bianconera, Angelo Moratti protesta e si infuria. Per la ripetizione della partita, due mesi dopo, manda in campo la squadra giovanile, compreso il diciannovenne Sandro Mazzola. La Juve vince 9-1 e si aggiudica lo scudetto. È questa la radice riconosciuta della pianta dell’anti-juventinismo. Possiamo poi elencare un rigore non concesso a Rivera in Juve-Milan del ’72 (errore ammesso in tv da Lo Bello), il famoso gol di Turone (er gol de Turone), quello annullato a Graziani della Fiorentina nello sprint scudetto ’82, il rigore Iuliano-Ronaldo del ’98, il gol fantasma di Muntari nel 2012. La letteratura dei militanti dell’anti-juventinismo è ricca, molto ricca. Per non dimenticare Calciopoli. C’è chi ha cercato anche di buttarla in politica: è la squadra dei padroni, accusava l’opposizione operaista nell’Italia degli anni Cinquanta. Ma in tanti tifavano Juventus pure in fabbrica, tanti pure dentro i quadri del Pci. Basta ricordare quando Palmiro Togliatti domandò a Piero Secchia: «Tu pretendi di fare la rivoluzione senza sapere il risultato della Juve?». Ma in fondo, al di là dei torti e delle recriminazioni, la verità è che vivere con l’ossessione del nemico, vivere tifando sempre contro, logora. Lo ammise addirittura l’avvocato Peppino Prisco, a lungo vice presidente dell’Inter, e che sui bianconeri diceva frasi come «Dopo aver stretto la mano a un milanista corro a lavarmela. Dopo averla stretta a uno juventino, mi conto le dita». Bene, l’avvocato Prisco, forse in un momento di stanchezza o di sincerità, ammise quello che tutti gli anti-juventini sanno dentro di loro: «La Juventus è come una malattia che uno si trascina dall’infanzia. Alla lunga ci si rassegna».