Davide Frattini, Corriere della Sera 18/7/2016, 18 luglio 2016
IN ISRAELE ANCHE I CITTADINI VIGILANO CONTRO I KAMIKAZE
Il treno leggero attraversa Gerusalemme da nord a sud, da est a ovest, le sue rotaie corrono sulla Linea Verde che fino al 1967 separava la città che i parlamentari israeliani hanno votato indivisibile.
Per il sindaco e il governo — che l’hanno voluto — il tram moderno è il simbolo dell’unità, per i palestinesi, l’impronta mobile della sopraffazione. Di certo rappresenta la quotidianità per tutti, gli ebrei e gli arabi, una quotidianità fatta anche di paura e sospetti.
Quelli che ieri hanno spinto un paio di guardie a controllare l’uomo che si muoveva in modo strano, gli hanno impedito di salire sui vagoni, lui ha confessato sul posto «ho la borsa piena di bombe».
Esplosivi artigianali ma anche coltelli da cucina, ancora una volta oggetti quotidiani, perché gli attacchi degli estremisti — in Israele come in Europa — possono nascere in casa e con le armi che in casa si trovano.
«Abbiamo sventato un attentato su larga scala», commenta il sindaco Nir Barkat. «Invitiamo i cittadini a restare vigili e a continuare la vita normale». La normalità della vigilanza che gli israeliani hanno sviluppato durante i sei anni della seconda intifada, dei kamikaze con la camicia a coprire l’imbottitura di tritolo, quando la guerra con i palestinesi era arrivata nei ristoranti delle città.
I servizi segreti interni faticano quanto quelli occidentali a fermare i cosiddetti «lupi solitari», l’ondata di violenza che va avanti dall’ottobre dell’anno scorso è soprattutto opera loro.
Così i passanti sanno che la responsabilità è anche individuale, che la polizia non basta: non è un appello a girare armati e a farsi giustizia da soli, anche se i ministri della destra oltranzista si sono lasciati andare a incitamenti da Far West. Sul lungomare di Tel Aviv, qualche mese fa, l’accoltellatore è stato fermato da un ragazzo. A colpi di chitarr