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 2016  luglio 18 Lunedì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 18 LUGLIO 2016


Francesco Bava, 64 anni. Dentista, originario di Vibo Valentia ma residente da anni a Rovereto, quattro figli, «un brav’uomo, guascone, simpatico, juventino. Faceva ridere tutti», era partito a fine giugno per Odessa, dove voleva trascorrere qualche giorno di vacanza. Sulla spiaggia di Arcadia conobbe due cugine ucraine di 20 e 34 anni e propose loro di passare una serata insieme. Queste andarono nel suo albergo e, con l’intenzione di derubarlo, gli misero del sonnifero nel bicchiere. Prelevarono telefonini, denaro pari a 700 euro, qualche prezioso e lasciarono l’uomo a terra agonizzante. Quando arrivò l’ambulanza gli fecero il massaggio cardiaco che si rivelò inutile. Le due ragazze furono fermate praticamente fuori dall’hotel.
All’alba del 30 giugno, in un albergo di Odessa, cittadina dell’Ucraina meridionale che si affaccia sul Mar Nero.

Marco Mongillo, 20 anni. Pizzaiolo. Intorno alle tre del pomeriggio di qualche giorno fa, insieme al fratello Vincenzo di cui si festeggiava il compleanno, andò a trovare Umberto Zampella, 19 anni, agli arresti domiciliari, e il fratello Antonio. L’idea era di organizzare una festa per quella sera. Tra una chiacchiera e l’altra cominciarono a giocherellare con una pistola Browning 7.65 dalla matricola abrasa, comprata da Antonio Zampella a Napoli. Quest’ultimo la manovrava come aveva visto fare nei film: «Guardate, guardate come funziona». Scarrellò per due volte, puntò l’arma alla fronte di Marco Mongillo, tranquillamente seduto in poltrona. «Ora ti sparo». La pistola fece fuoco sul serio, pigliando il ragazzo in fronte e ammazzandolo sul colpo. Zampella si dice sicuro che l’arma fosse scarica: «Mi serviva per difesa personale perché qualcuno mi minaccia. Mi hanno detto che era scarica e che dovevo comprare le munizioni. L’avevo provata anche su di me ma non era successo niente».
Pomeriggio di venerdì 8 luglio, in un appartamento di via Cappuccini a Caserta.

Katia Dell’Omarino, 40 anni. Non sposata, viveva insieme alla madre della pensione di reversibilità del padre morto. Conosciuta da tutti in paese per il suo carattere estroverso, appassionata di ballo e di locali, che amava frequentare indossando abiti piuttosto originali. Qualche mese fa aveva commesso qualche piccolo furto, ma tutti le volevano bene lo stesso. Una sera di queste, dopo cena, salutò la madre e uscì, come faceva sempre, con la sua Citroën rossa. Al volante della macchina la videro gironzolare per i paesi del circondario, però quella sera non si fermò ai tre bar che frequentava di solito. Di sicuro intorno alla mezzanotte una pattuglia dei carabinieri la fermò per dei normali controlli. Quando intorno alle tre di mattina il fratello la cercò al telefono, saputo da sua madre che non era tornata a casa, Katia già non rispondeva più. In quel lasso di tempo aveva parcheggiato la macchina in un luogo non lontano da casa, incontrato qualcuno e con questo giunta non si sa come sul greto di un fiume. Lì l’accompagnatore l’aveva ammazzata colpendola in fronte e dietro un orecchio con qualcosa di aguzzo, poi l’aveva fatta rotolare fino alla riva del corso d’acqua, portandosi via cellulare e arma del delitto. Katia fu trovata la mattina dopo da qualcuno che passeggiava poco lontano.
Nella notte tra lunedì 11 e martedì 12 luglio, lungo il torrente Afra, in una località chiamata Ponte del Diavolo, a Sansepolcro, in provincia di Arezzo.

SUICIDI

Raffaello Bucci, detto Ciccio, 41 anni. Capo ultrà della Juventus, da un anno consulente per la sicurezza della biglietteria della squadra. Qualche giorno fa fu chiamato dai giudici che volevano fargli domande, come testimone, nelle indagini che avevano portato, lunedì 4 luglio, all’arresto di 18 persone accusate di associazione mafiosa. I magistrati volevano che Bucci indicasse chi era al corrente che una cosca della ’ndrangheta gestiva il bagarinaggio allo stadio vendendo sottobanco tagliandi omaggio o scontati. Tra i nomi dei presunti boss e malavitosi spicca quello di Fabio Germani, storico capo ultrà bianconero. E nelle carte dell’indagine compare anche il direttore generale della Juventus, Beppe Marotta, che non è indagato. Durante l’interrogatorio Bucci disse poco o niente. Poche ore dopo la deposizione accostò con la sua auto lungo il viadotto dell’autostrada Torino-Savona, lo stesso da dove nel 2000 saltò di sotto Edoardo Agnelli, figlio di Gianni Agnelli, e come quello si buttò. Non lasciò biglietti. L’ex moglie ha raccontato agli investigatori che Bucci era finito nel mirino dei suoi ex compagni di stadio, i Drughi, dopo che la Juventus lo aveva scelto come referente. Altri, invece, fanno sapere che Bucci era cambiato da quando gli era morta la mamma ed era sopraggiunta la separazione dalla moglie. Chi potrebbe conoscere altri dettagli è un altro capo dei Drughi, Gerardo Mocciola, 52 anni, detto Dino. Convocato in Procura, sempre come testimone, è stato rintracciato martedì scorso.
Pomeriggio di giovedì 7 luglio, lungo l’autostrada Torino-Savona.