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 2016  luglio 16 Sabato calendario

E SU VIAREGGIO INCOMBE LA PRESCRIZIONE

Verità e giustizia. Parole tra le più abusate in Italia quando si tratta di stragi dove i responsabili, al massimo, sono sempre i pesci piccoli. Quelli come Riccardo Antonini ad esempio: il ferroviere di Viareggio che da subito aveva accettato di essere il consulente per le famiglie delle 32 vittime dell’incidente ferroviario avvenuto il 29 giugno 2009. Antonini allora venne licenziato e oggi i familiari delle vittime e i superstiti si trovano di fronte alla minaccia della prescrizione del processo.
Come si risponde alla domanda di giustizia se per quel rogo, capi di imputazione come “incendio colposo” e “lesioni gravi e gravissime” rischiano di essere spazzati via come la memoria, sempre troppo corta quando si tratta della vita degli altri?
Verità e giustizia, ma sulla pelle di coloro che spesso sono l’ultimo anello di qualsiasi filiera perché i massimi vertici hanno sempre una via di fuga. Lo schiaffo morale peggiore per la gente di Viareggio è stato il cavalierato del lavoro assegnato nel 2010 dall’allora presidente della repubblica Giorgio Napolitano a Mauro Moretti, amministratore delegato delle Ferrovie dal 2006 al 2014 e nel frattempo rinviato a giudizio nel processo penale per l’esplosione che ridusse in cenere un intero quartiere della cittadina. Procedimento ancora in corso ma che a distanza di anni non ha prodotto alcun pronunciamento sulle cause e sulle responsabilità del deragliamento del treno merci e della rottura della cisterna che trasportava gpl. Qualcuno quella strage l’aveva addirittura definita una notizia locale, così come era stato il 7 gennaio 2005 a Crevalcore, in provincia di Bologna, quando morirono 17 persone nello scontro tra un treno passeggeri e un convoglio carico di ferro.
Alle parole verità e giustizia rimbalzate in questi giorni sulla tragedia ferroviaria di Andria ha risposto Marco Piagentini, sopravvissuto al disastro di Viareggio e fondatore insieme a Daniela Rombi dell’Associazione “Il mondo che vorrei”: “Non è cambiato nulla. Un’altra strage, avvenuta con le solite modalità di un incidente che si poteva evitare. Chi è responsabile del trasporto ferroviario e non ha fatto nulla per evitare ciò che conosceva, dovrebbe dimettersi. Non si possono accettare stragi per una negligenza voluta – ha proseguito Piagentini –. Chi opera nel settore conosce le problematiche della sicurezza ferroviaria. Eppure è accaduto un’altra volta e con le stesse modalità. In queste tragedie c’è sempre un non fare politico-morale”.
Entro la fine dell’anno, a distanza di sette anni, dovrebbe chiudersi il processo di primo grado. “Non c’è ancora una sentenza sulle cause e sulle responsabilità del deragliamento del treno merci e della rottura della cisterna che trasportava Gpl”, ha ricordato Marco Piagentini consapevole che la prescrizione incombe sui reati di lesioni colpose gravi e gravissime e di incendio colposo, contestati insieme a quelli di omicidio colposo plurimo e disastro ferroviario colposo a ben 33 imputati. “Per queste stragi non si dovrebbe nemmeno pronunciare la parola prescrizione – ha detto ancora Piagentini –. Una spada di Damocle che fa dire che la giustizia non sempre è uguale per tutti”.
e.reguitti@ilfattoquotidiano.it
di Elisabetta Reguitti, il Fatto Quotidiano 16/7/2016