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 2016  luglio 16 Sabato calendario

ARTICOLI SULLA TURCHIA DAL SOLE 24 ORE – ALBERTO NEGRI, ILSOLE24ORE.COM 16/7 – Erdogan ha vacillato ma è ancora in sella, anzi secondo alcuni osservatori potrebbe uscire da questa prova, non del tutto terminata, ancora più forte

ARTICOLI SULLA TURCHIA DAL SOLE 24 ORE – ALBERTO NEGRI, ILSOLE24ORE.COM 16/7 – Erdogan ha vacillato ma è ancora in sella, anzi secondo alcuni osservatori potrebbe uscire da questa prova, non del tutto terminata, ancora più forte. Potrà quasi sicuramente vantarsi di avere retto l’urto dei militari golpisti, di essere il portabandiera della democrazia e probabilmente troverà ancora più spianata la strada per le modifiche costituzionali necessarie a trasformare la Turchia in una repubblica presidenziale. Ma questa vicenda con dozzine di morti rivela che il presidente non aveva in mano il paese così saldamente come voleva far credere. Erdogan in questi anni - da permier e poi da presidente - si è presentato ai turchi come l’uomo forte che si proponeva di essere il nuovo Ataturk in salsa islamica proiettando il paese alla guida del mondo musulmano. Ma ha anche trascinato la Turchia in una guerra per procura contro Assad facilitando il passaggio di migliaia di jihadisti verso la frontiera siriana: una mossa che con il terrorismo islamista si è rivoltata contro lo stesso Erdogan destabilizzando una pedina fondamentale della Nato. Non solo. Ai confini del Paese i curdi siriani, sostenuti da quelli turchi del Pkk, hanno guadagnato terreno e credibilità nella lotta al Califfato ponendo le basi per un possibile stato autonomo. L’irredentismo curdo è un vero incubo geopolitico per la Turchia e le forze armate del Paese hanno sempre combattuto e osteggiato ogni forma di autonomia. L’ostilità di una parte anche se minoritaria delle forze armate esplosa in queste ore è stata generata da questo pericolo, dagli attacchi alla laicità e dal drastico ridimensionamento del ruolo dei generali nella vita della repubblica secolarista fondata da Kemal Ataturk. Sappiamo che i piani di Erdogan in Siria sono affondati con l’intervento della Russia che nel settembre dell’anno scorso ha completamente cambiato le carte in tavola sul fianco sud-orientale della Nato, di cui proprio la Turchia era stato il bastione e il guardiano per oltre mezzo secolo. Il presidente turco è stato quindi costretto a fare marcia indietro: prima ha riallacciato le relazioni con Israele e poi anche con Putin. Nelle ultime settimane Erdogan era apparso indebolito, piegato dalla realpolitik mediorientale e delle grandi potenze. In fondo questo golpe, se davvero verrà soffocato, potrebbe rilanciarlo in maniera insperata. *** VITTORIO DA ROLD, ILSOLE24ORE.COM 16/7 – Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha accusato i militari golpisti di essere guidati dal suo acerrimo nemico Fethullah Gulen, un predicatore islamico in esilio volontario negli Stati Uniti. Fethullah Gulen ha respinto le accuse affermando di essere contrario a operazione contro lo stato democratico ma è probabile che alcuni militari gulenisti associati probabilmente con qualche residuo seguace kemalista, i sostenitori laici del fondatore della Turchia moderna Kemal Ataturk, ancora nei ranghi dell’esercito dopo le decine di purghe avvenute negli ultimi 15 anni, hanno avuto notizia della decisione del Governo turco di procedere a una epurazione nelle prossime due settimane e sarebbero passati all’azione anche se il piano non era ancora ben definito nei dettagli e pieno di lacune. Secondo alcune fonti, i militari golpisti avrebbero deciso di passare all’azione per evitare l’ennesima epurazione del governo filo-islamico delle forze kemalista e guleniste presenti ancora nell’esercito turco e che il governo fosse pronto ad introdurre altri passi legislativi verso l’islamizzazione del paese (la famosa agenda segreta) o la sharia, la legge islamica dopo aver eliminato il divieto di indossare il velo islamico negli uffici pubblici e le università. I militari turchi, i seguaci di Kemal Ataturk e i difensori della laicità del Paese sul Bosforo, dopo essere stati messi all’angolo cinque anni fa da una serie di sentenze della magistratura per il caso Ergenekon che aveva mandato in galera in massa i vertici delle forze armate poi tutti liberati dalla Corte di cassazione, hanno probabilmente tentato senza successo di riprendere l’iniziativa politica e sul terreno. Numerosi sono i punti oscuri del colpo di stato: i militari golpisti non hanno arrestato il presidente che in questi casi è l’oggetto prioritario dei ribelli, non si sono presentati davanti alla tv di Stato, che pure avevano occupato, con una figura nuova di riferimento che avrebbe dovuto rapppresentare il nuovo potere mentre si sono occupati di bloccare i ponti sul Bosforo, di nessuna utilità strategica in una metropoli di 15 milioni di abitanti che spesso usano i traghetti per andare tra le due sponde. Ma a questo punto il presidente Erdogan utilizzando FaceTime è riuscito ad apparire da uno smartphone e da questo ripreso alla tv NTV dimostrando di essere scampato alla fase iniziale del golpe e a quel punto ha ribaltato la situazione a suo favore chiamando le masse all’azione e grazie all’appello degli iman e dei muezzin che hanno chiamato la gente a non rispettare il coprifuoco e a scendere in piazza contro i militari ribelli. A quel punto i golpisti hanno perso la partita. Il Paese della Mezzaluna bastione Nato del fronte caldo sud-orientale è comunque nel caos. *** ALBERTO NEGRI, IL SOLE 24 ORE 16/7 – Si sparava nelle strade di Istanbul e ad Ankara, ieri notte. Il tentativo di putsch è arrivato poco dopo il tramonto sul Bosforo, quando, secondo i ribelli era stato preso in ostaggio il capo di stato maggiore. Qualche ora dopo è stata annunciata la legge marziale e il coprifuoco. Le forze armate annunciavano di avere preso il controllo della Turchia. I carri armati sono stati schierati sui ponti, scontri a fuoco sono divampati tra militari e polizia a Istanbul, Ankara e Diyarbakir, aeroporti chiusi, circondati dai blindati e tutti i voli cancellati, social network bloccati: con gli elicotteri volteggianti nel cielo e gli aerei F-16 che sorvolavano a quota bassissima la capitale, si è materializzato un golpe delle forze armate ostili al presidente Tayyip Erdogan. L’era del “Sultano” Erdogan vacilla e con lui un altro tassello strategico del grande Medio Oriente, uno storico alleato della Nato, a cavallo tra Est e Ovest, nell’anticamera di ingresso dell’Europa. A piazza Taksim i militari i golpisti dell’esercito si sono scontrati con la polizia antisommossa fedele al presidente. Colpi di arma da fuoco sono stati sparati contro il palazzo presidenziale ad Ankara. E sul ponte del Bosforo, bloccato dai mezzi dell’esercito, ci sarebbero state anche vittime civili. Il presidente Erdogan, secondo la Nbc, avrebbe cercato riparo in Germania ma il governo tedesco gli avrebbe negato il permesso di atterrare. Secondo indiscrezioni l’aereo con a bordo il presidente si sarebbe allora diretto in Qatar. Sulla sorte del presidente le notizie erano però molto confuse. A tarda notte Erdogan è apparso alla Cnn turca per dire: «Sono ancora il presidente, scendete tutti in piazza e difendete il paese». «Un gruppo di militari dell’esercito turco ha tentato un colpo di Stato», ha dichiarato il premier Binali Yildirim che da qualche settimana aveva sostituto l’ex premier Ahmet Davutoglu ormai in rotta di collisione con Erdogan sulla politica estera del Paese in bilico. La situazione si mostrava drammatica sin dalle prime battute del golpe. Il sindaco di Ankara, strettamente legato a Erdogan, con un tweet ha chiamato la popolazione a mobilitarsi e a scendere in piazza per difendere il governo. Solo una parte dell’esercito, secondo i governativi, si sarebbe schierata contro Erdogan e non si escludono clamorosi colpi di scena in un Paese che sta vivendo uno dei momenti più critici della sua storia recente. «Stiamo valutando la possibilità della ribellione» di una fazione militare, ha detto il primo ministro in tv aggiungendo che i militari responsabili saranno «puniti». Ma in realtà l’esito del golpe nella notte era ancora assai incerto. Nessuna notizia affidabile è stata diffusa su Erdogan - che sarebbe al sicuro secondo la Cnn turca - intorno al quale per altro circolavano le voci più disparate: che aveva lasciato il gigantesco palazzo presidenziale di Ankara, collegato con un tunnel all’aereoporto militare, secondo altre indiscrezioni era in fuga su un’imbarcazione. Secondo l’ambasciatore turco in Italia, Ajdin Sezgin, il tentativo di golpe sarebbe stato effettuato da «piccoli gruppi che non hanno il sostegno popolare» e il presidente si troverebbe a Istanbul. Pochi i dettagli su una rivolta militare che sembra sia cominciata con una rivolta dei giovani ufficiali di stanza in Tracia, ai confini nord della Turchia. Un elicottero d’attacco dell’esercito ha aperto il fuoco contro la sede dell’intelligence ad Ankara, ha riferito il sito russo di informazione Sputnik. I militari hanno poi disarmato le forze di polizia sia ad Ankara che a Istanbul. La Cnn turca riferiva che i ponti sul Bosforo a Istanbul erano stati chiusi in direzione dall’Anatolia verso l’Europa. La polizia di Ankara avrebbe reagito e annunciava di avere richiamato in servizio tutti i suoi agenti. Non si avevano notizie di nuovi attentati che nei giorni scorsi avevano colpito drammaticamente l’aereoporto di Istanbul. Ma anche questo è un fattore importante che entra nel quadro della destabilizzazione della Turchia, più volte presa di mira in questo ultimo anno e mezzo da attentati spaventosi, a volte attribuiti ai jihadisti, in altri casi alla guerriglia curda. È in questa opacità che si sta giocando con ore drammatiche la sorte di un alleato chiave della Nato che aveva appoggiato i jihadisti per abbattere Assad e poi si era ritrovato con il pericolo di vedere insediare uno stato curdo ai suoi confini. Davanti a questa sorta di incubo geostrategico se ne sta materializzando un altro forse ancora più grave, un golpe militare come non si vedeva da decenni. © RIPRODUZIONE RISERVATA Alberto Negri *** VITTORIO CARLINI, IL SOLE 24 ORE 16/7 – La notizia dell’avvio del colpo di Stato in Turchia ha subito prodotto i suoi effetti sui mercati. Ovviamente in quelli dove le contrattazioni erano ancora aperte al momento dell’evento. Così, sul fronte valutario, la Lira turca è crollata verso il dollaro. Il biglietto verde, in un attimo, è passato da quota 2,893 ad oltre 3,000. Un rialzo fino al massimo del 5,3 per cento. Non solo. Anche nel mondo azionario, seppure indirettamente, si è concretizzato un primo impatto. L’iShare Msci Turkey, un Etf che replica l’andamento dei titoli turchi negli Usa, sul finire degli scambi in America è scivolato del 2,5%. Un calo avvenuto, tra volumi in forte rialzo, proprio nel momento in cui comparivano sui monitor degli operatori le prime frammentarie notizie del golpe. Già, le notizie del golpe. A ben vedere la «breaking news» è arrivata quando molti mercati, come quelli europei, erano chiusi da ore. Oppure, è il caso delle piattaforme sull’altra sponda dell’oceano Atlantico, nel momento in cui gli operatori stavano lasciando le loro postazioni. Tanto che la domanda sorta immediatamente è stata: quali i possibili impatti sui mercati alla riapertura di lunedì prossimo? «È difficile, a fronte di notizie ancora così frammentate, rispondere con precisione» sottolinea al Sole24ore Antonio Cesarano di Mps Capital Services. «Ciò detto - aggiunge l’esperto - non è da escludere che, almeno nell’immediato, possano esserci, da un lato, prese di beneficio sulla Borsa locale». E, dall’altro, anche sugli altri listini emergenti i quali di recente, va ricordato, hanno corso parecchio (il Msci emerging index in un mese è salito di circa l’8%). «Successivamente, è probabile, gli investitori faranno selezione tra i diversi Paesi ed aree geografiche». Al di là, però, della reazione al singolo evento c’è un’altra preoccupazione. Vale a dire: che un colpo di stato in Turchia possa, in generale, ulteriormente complicare la situazione. «La variabile geopolitica - spiega Cesarano - è indubbiamente diventata un market mover rilevante». Basta, in tal senso, pensare a cosa è accaduto «dopo il voto che ha sancito l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea». Così, sempre nel breve periodo, è possibile ipotizzare ulteriore volatilità sui mercati. Dopo di che sarà necessario capire quali le reali evoluzioni della situazione. La Turchia, da tempo, è colpita da molteplici terribili attentati. Le Borse, con il loro classico cinismo, potrebbero addirittura valutare non troppo negativamente gli eventi. © RIPRODUZIONE RISERVATA Vittorio Carlini *** GIANANDREA GAIANI, IL SOLE 24 ORE 16/7 – militari turchi tornano nelle strade con i carri armati per la quarta volta negli ultimi 55 anni per garantire la stabilità e soprattutto la laicità dello Stato salvaguardando la Costituzione voluta da Kemal Ataturk che Recep Tayyp Erdogan puntava a stravolgere completamente trasformando la Turchia in uno Stato islamico retto dai principi della sharia. Continua pagina 2 Gianandrea Gaiani Gli obiettivi dei golpisti, che non è chiaro quale percentuale delle forze armate rappresentino, si evincono dalle dichiarazioni del “Concilio di pace”, l’organismo costituito dai golpisti, che ha accusato il governo Erdogan di «aver eroso le basi democratiche e secolari del Paese». Le poche informazioni a disposizione non sono sufficienti a comprendere se il golpe avrà successo ma è chiaro che l’obiettivo di assumere il controllo delle forze armate perseguito negli ultimi anni dal partito islamista Akp guidato da Erdogan, e legato ideologicamente alla Fratellanza Musulmana, è fallito. Neppure il ricambio dei vertici militari imposto anni fa dall’incarcerazione di molti generali con l’accusa di tentato golpe sembra aver consentito a Erdogan di controllare le forze armate. Il presidente le ha infatti sempre guardate con sospetto limitandone il ruolo nella crisi degli ultimi anni, dal conflitto siriano alla repressione della dissidenza interna, preferendo impiegare le forze di polizia e i servizi segreti posti ormai da tempo sotto il controllo di uomini fedelissimi ad Erdogan. Non è un caso che le prime operazioni attuate dai golpisti in tutte le città dove hanno schierato truppe e mezzi fuori dalle caserme abbiano visto il disarmo dei poliziotti e l’attacco, a quanto pare anche con aerei ed elicotteri, alle sedi dei servizi segreti, esecutori delle ambigue trame che hanno visto negli ultimi anni la Turchia sostenere con armi e aiuti di ogni genere i movimenti jihadisti attivi in Siria, dalle milizie Salafite e dei Fratelli Musulmani a quelle qaediste del Fronte al- Nusra allo Stato Islamico. Ambiguità mai digerite dai vertici militari che temevano la progressiva destabilizzazione del Paese e la recrudescenza del conflitto con i curdi del Pkk, timori espressi in conversazioni non ufficiali da molti ufficiali turchi presenti nei comandi Nato fin dal 2011. Non è un caso che in uno dei primi proclami i militari golpisti abbiano voluto rassicurare che la Turchia terrà fede alle alleanze di cui è membro e agli accordi internazionali che ha firmato: un tentativo di offrire garanzie all’Alleanza Atlantica, agli Stati Uniti ma anche alla Russia. Mosca ha bisogno di garanzie che restino aperti gli stretti del Bosforo di cui la Turchia è garante in base alla Convenzione di Montreux e indispensabili al passaggio delle navi russe dirette nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Inoltre le tensioni determinate dall’intervento di Mosca in Siria e dall’abbattimento lungo il confine turco di un Sukhoi 24 russo hanno contribuito probabilmente a indurre i militari a rompere gli indugi valutando come il governo dell’Akp avesse ormai compromesso la sicurezza interna e i rapporti con tutti gli Stati confinanti, nonostante il recente riavvicinamento con Israele e Russia. Se il golpe dovesse avere successo la Turchia diverrebbe il secondo Stato, dopo l’Egitto, in cui un governo islamista legato alla Fratellanza Musulmana viene rovesciato dalle forze armate che anche al Cairo hanno sempre rappresentato il baluardo della laicità dello Stato contro derive islamiste. Il crollo del governo turco rappresenterebbe uno smacco per il Qatar, grande alleato di Erdogan, sponsor della Fratellanza Musulmana e rivale regionale dell’Arabia Saudita. Il governo Erdogan tuttavia gode di consensi popolari che appaiono più ampi di quelli di Mohammed Morsi in Egitto ed il golpe potrebbe risultare molto sanguinoso e richiedere l’uso massiccio della forza determinando un alto rischio di far deflagrare quella guerra civile che l’intervento dei militari voleva scongiurare. Solo nelle prossime ore si potrà comprendere se la Turchia volta pagina tornando ad essere un interlocutore credibile e un elemento di stabilità per l’Europa tra il Mediterraneo e il Medio Oriente o se invece sprofonderà nel caos accentuando così la destabilizzazione già in atto nell’intera regione. Gianandrea Gaiani *** VITTORIO DA ROLD, IL SOLE 24 ORE 16/7 – C’era una corsa frenetica agli sportelli bancari ieri sera in Turchia nel timore che le banche turche vengano chiuse lunedì e introdotto il controllo dei capitali. Inoltre la lira turca è precipitata: per un dollaro ci volevano oltre tre lire mentre i cambi di valuta via internet erano stati tutti bloccati. Una situazione di estrema volatilità e nervosismo. La Turchia di Erdogan dopo aver mietuto successi economici negli ultimi 15 anni era entrata in un circolo vizioso dove il Sultano chiedeva ai banchieri centrali di abbassare i tassi al servizio della crescita senza preoccuparsi dell’inflazione e la stabilità monetaria. Sono lontani i tempi delle riforme strutturali di Kemal Dervish in cui la Turchia veniva definita la “Cina dietro l’angolo” secondo la famosa definizione del banchiere d’affari Alessandro Profumo quando decise di acquistare per UniCredit il 50% della banca turca YapiKredit in partnership con la famiglia Koç. Altri tempi. Negli ultimi tempi a preoccupare nel nuovo contesto che vede i paesi emergenti in frenata a causa del calo della Cina c’era proprio la valuta turca. Nel 2015, la lira turca, come molte altre valute emergenti è stata oggetto di nuove intense spinte al deprezzamento, perdendo quasi un quarto del proprio valore verso il dollaro (a 2,92 lire turche per 1 dollaro Usa a fine dicembre 2015) e si è deprezzata del 12,1% nei confronti dell’euro (a 3,12 lire turche per 1 euro). In assenza di riforme che avrebbero aumentato l’efficienza del mercato del lavoro e sostenuto la scarsa propensione al risparmio delle famiglie turche, l’aggiustamento dei saldi negativi di conto corrente (il vero Tallone d’Achille del Paese) era affidato al deprezzamento della lira. Nella fase attuale di riduzione dell’esposizione sugli emergenti, la lira turca è risultata particolarmente vulnerabile. Un bene per chi produce in Turchia e poi esporta, un problema per chi in Turchia incassa in valuta domestica ma si è indebitato in dollari o euro. E molte società turche erano indebitate in valuta. Dove stava andando l’economia turca un tempo modello di sviluppo per i paesi dell’area? L’economia turca ha una posizione esterna vulnerabile a causa dell’elevato deficit corrente, (aggravato da ultimo dal calo del turismo) della forte dipendenza dai flussi di capitali dall’estero, della bassa copertura del fabbisogno esterno e delle importazioni garantite dalle riserve valutarie. L’inflazione è rimasta alta e negli ultimi anni l’obiettivo di inflazione è stato superato. La Banca centrale è stata pesantemente condizionata dalle pressioni di natura politica del Sultano. Ma a preoccupare gli analisti è stata la debolezza del modello di sviluppo: la Turchia presenta una limitata sofisticazione nelle produzioni domestiche (il 75% dell’export riguarda prodotti agricoli e manifatturieri a medio e basso contenuto tecnologico) e attrae relativamente pochi investimenti diretti esteri (il rapporto Ide/Pil, pari all’1,7% negli ultimi 10 anni, è basso se paragonato ad altri emergenti). In assenza di riforme che rafforzino la struttura economica e la posizione esterna l’aggiustamento degli squilibri è lasciato al tasso di cambio che ha una chiara tendenza al deprezzamento. Ma occorre fare un salto di qualità che Erdogan non voleva fare. Ovviamente nessuno dimentica che Ankara è un mercato importante di 76 milioni di abitanti. Ma la Turchia è al centro di una regione interessata da forti tensioni geopolitiche, che hanno portato ad un peggioramento delle condizioni di sicurezza. Gli attentati terroristici si sono susseguiti quasi con frequenza mensile dando un segnale negativo al turismo e al business. Tutti questi segnali di instabilità hanno portato le agenzie di rating ad assumere atteggiamenti più critici riguardo la capacità del Paese di far fronte ai propri impegni. S&P’s e Moody’s hanno un outlook negativo sul loro rating (BB+ e Baa3 rispettivamente) del debito sovrano della Turchia. Fitch invece considera il debito sovrano turco un investimento non speculativo (rating BBB-) evidenziando il modesto debito pubblico in rapporto al Pil e il modesto deficit. Ultimamente gli investitori internazionali avevano però bocciato la politica avventurista di Erdogan. Vittorio Da Rold *** ALBERTO NEGRI, IL SOLE 24 ORE 16/7 – Non sappiamo ancora come si sveglierà questa mattina la Turchia e chi sarà il suo padrone. Ma nel colpo di stato militare in corso nella notte c’è un aspetto paradossale: il presidente Erdogan in queste ore rischia di esser sbalzato dal potere prima ancora di Bashar Assad, l’autocrate siriano. Continua pagina 3 Alberto Negri Non sappiamo ancora come si sveglierà questa mattina la Turchia e chi sarà il suo padrone. Ma nel colpo di Stato militare in corso nella notte c’è un aspetto paradossale: il presidente Erdogan in queste ore rischia di esser sbalzato dal potere prima ancora di Bashar Assad, l’autocrate siriano al quale aveva dichiarato guerra facendo passare migliaia di combattenti islamici dall’autostrada della Jihad. Erdogan pensava che in pochi mesi il raìs di Damasco sarebbe caduto, una valutazione condivisa anche dai suoi alleati occidentali e da quelli arabi sunniti che intravedevano una rivincita contro il fonte sciita filo-iraniano. Per questo appaiono drammatiche ma anche quasi patetiche le sue parole: «Sono ancora il presidente della Turchia ed il Commander in chief: resistete al colpo di stato nelle piazze e negli aeroporti». Anche se vince questa prova bisognerà capire se risulterà più forte di prima oppure più vulnerabile, come mai era apparso nella sua parabola di moderno Sultano della Turchia. Era lui l’uomo forte che si proponeva di essere il nuovo Ataturk in sala islamica proiettando il Paese alla guida del mondo musulmano. Sappiamo che è andata diversamente e che l’intervento della Russia nel settembre dell’anno scorso ha completamente cambiato le carte in tavolo sul fianco sud-orientale della Nato, di cui proprio la Turchia era stato il bastione il guardiano per oltre mezzo secolo. Anche grazie a quelle forze armate che erano state considerate per decenni un perno fondamentale del sistema di sicurezza dell’Alleanza Atlantica, al punto che ai a generali turchi era stato quasi tutto perdonato fino a quando nel 2002 il partito Akp di Erdogan ha preso il potere cambiando la direzione della storia. Da allora la Turchia ha cambiato volto progressivamente abbandonando giorno dopo giorno i mantra dello stato laico e secolarista ereditati da Kemal Ataturk, il fondatore della Repubblica e il liquidatore delle ultime vestigia dell’Impero Ottomano, sultanato e califfato compresi. Una seconda considerazione quasi inevitabile e che aldilà delle sue conclusioni questo, se avrà successo, è il quarto colpo di stato della Turchia. L’ultimo fu il colpo di Stato del 1980, realizzato il 12 settembre e diretto dal Capo di Stato maggiore Kenan Evren, fu quello il terzo golpe nella storia della Repubblica dopo il putsch del 1960 e quello del 1971, chiamato “Colpo del Memorandum”. E a questi si deve aggiungere il “golpe bianco” del 1997 quando i generali esautorarono Necmettin Erbakan, l’ex premier islamista che fu il predecessore il mèntore dello stesso Erdogan. Questa storia di predominio dei militari Erdogan l’ha affrontata emarginando i generali della vita pubblica e facendo anche leva su scandali come il caso Ergenekon, che profilava un colpo di stato delle stellette contro il nuovo governo islamico e conservatore. Erdogan allora mise alla sbarra nei tribunali i generali che poi hanno progettato la vendetta. Ma adesso in questo “rumor di sciabole” che rischia di diventare uno scontro sanguinoso la Turchia si gioca il suo futuro. Ma anche l’Europa e l’Occidente dovranno affrontare un nuovo dilemma che sembrava ormai un reperto degli archivi della storia: un colpo di Stato militare nel cuore della Nato. Alberto Negri