14 luglio 2016
APPUNTI PER GAZZETTA - ANCORA SUL TRENO PUGLIESE
REPUBBLICA.IT
BARI - Poco più di un’ora per abbracciare i parenti delle vittime e i feriti e fare sentire la voce dello Stato di fronte ai loro appelli. "Vi prometto giustizia: andremo fino in fondo", ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al Policlinico di Bari a due giorni dalla strage ferroviaria nelle campagne pugliesi. Il capo dello Stato ha fatto visita a Nicola Lorizzo, il macchinista del treno partito da Andria e coinvolto nell’incidente, che è ricoverato nel reparto di Neurochirurgia. In precedenza aveva incontrato anche Aureliana Colella, ricoverata nel reparto di Ortopedia, e Amalia Ricciardi che si trova in Chirurgia d’urgenza. Ufficializzata anche la data dei funerali: la cerimonia è prevista per sabato 16 luglio alle 11 nel palasport di Andria. Non è escluso, comunque, che alcune famiglie delle 23 vittime decidano per i funerali in forma privata.
"La strage causata dai capistazione". Il fascicolo aperto con le ipotesi di reato di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo punta dunque al personale di Ferrotramviaria che era in servizio nelle stazioni di Andria e Corato al momento dell’incidente: i capistazione Vito Piccarreta (in servizio ad Andria) e Alessio Porcelli (Corato). Le informazioni di garanzia sono state notificate alla vigilia delle autopsie sui corpi dei due macchinisti e del capotreno. Agli indagati viene contestato di "aver cagionato l’incidente ferroviario" che "ha provocato il decesso di 23 persone e il conseguente ferimento di altri 50 passeggeri". Il procuratore di Trani, Francesco Giannella, avverte: "Parlare di un errore umano è corretto, ma assolutamente riduttivo".
Scontro treni, Mattarella a Bari: l’omaggio alle vittime
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Il faro sulla struttura del ministero. I pm tranesi hanno avviato una serie di accertamenti per individuare eventuali responsabilità all’interno dell’Ufficio trasporti a impianti fissi (Ustif) di Bari, un organo periferico del ministero delle Infrastrutture e trasporti. L’Ustif è ha la competenza sui trasporti pubblici che si avvalgono di impianti fissi: funivie, teleferiche, tranvie metropolitane e anche le ferrovie in concessione, come le Ferrovie del Nord Barese. La struttura si occupa dei collaudi per la messa in esercizio, delle autorizzazioni e dei controlli periodici sulla linea. Gli inquirenti e gli investigatori vogliono dunque accertare se sono stati seguiti tutti i regolamenti, se sono state rispettate le norme e se vi siamo in questo ufficio eventuali responsabilità connesse con quanto avvenuto la mattina dell’incidente.
Il giallo del cambio di treno. Dai parenti di una delle vittime spunta una ricostruzione inedita che la Procura sta vagliando nonostante non ci sia alcun riscontro: i passeggeri del treno partito da Andria - quello che poi si è scontrato col convoglio in arrivo da Corato - sarebbero stati fatti scendere dal primo treno, fermo sul binario 1, per salire su un secondo convoglio, fermo sul binario 2 e che sarebbe quindi partito in ritardo. A riferirlo sono la moglie e figlia di Enrico Castellano, una delle 23 vittime, riportando la voce di alcuni dei sopravvissuti. La voce sarebbe stata confermata da altri parenti delle vittime, che hanno parlato con i sopravvissuti ma che al momento chiedono l’anonimato. Uno di loro ha però telefonato a una superstite, che gli avrebbe confermato di essere scesa e salita su un altro treno. Secondo i parenti la causa dell’incidente potrebbe risiedere proprio nel cambio treno. "La comunicazione tra i capistazione per il via libera - ipotizzano - si sarebbe basata sul primo treno e sull’orario di partenza di questo, che però non è più partito. E non sul secondo convoglio che invece è partito in ritardo rispetto al primo".
Scontro treni in Puglia, le immagini dall’alto riprese da un drone
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Un’inchiesta su tre livelli. La linea è chiara, dunque, e ipotizza tre livelli d’indagine: da un lato si procederà a individuare le singole responsabilità nella catena di controllo che ha autorizzato il treno a lasciare la stazione di Andria, dall’altro si prenderanno in considerazione la sicurezza dei controlli da parte degli enti e la questione del raddoppio della linea, la sua messa in sicurezza e l’utilizzo dei fondi per arrivare all’individuazione di altri soggetti che potrebbero avere ruoli tutt’altro che marginali.
I fondi per il raddoppio della linea. Come sono stati usati i fondi europei stanziati per il raddoppio della linea Bari-Barletta?
Perché i lavori hanno accumulato così tanto ritardo? E ancora: i sistemi di sicurezza sono adeguati rispetto alla normativa in vigore? Già in passato si erano verificate delle criticità che dovevano far scattare l’allarme e che non sono state segnalate? Tutte domande che richiedono una risposta chiara, perché non è pensabile che le responsabilità di un simile disastro possano essere addebitate soltanto a un errore umano.
CANTONE
ROMA - La tragedia avvenuta in Puglia "evidenzia purtroppo un oggettivo collegamento con i fatti di cui ci occupiamo oggi". Lo ha detto il presidente dell’Anac, l’autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, in occasione della presentazione della relazione annuale al Senato. "Il nostro pensiero commosso va sicuramente alle vittime, a quei volti sorridenti e perduti e a quelle lamiere accartocciate. Questo incidente, su cui dovrà fare chiarezza la magistratura, è frutto probabilmente di un errore umano, ma anche conseguenza di un problema atavico del nostro Paese di mettere in campo infrastrutture adeguate. E una delle ragioni di ciò è da individuarsi nella corruzione".
Più tardi, di fronte a interpretazioni delle sue parole che avrebbero forzato una diretta relazione tra l’incidente ferroviario e la corruzione, Cantone ha tenuto a chiarire: "Ho fatto un discorso di carattere generale sui problemi della infrastrutturazione, non con riferimento all’incidente, ovviamente me ne guarderei bene. Ho detto che in Italia c’è un problema di infrastrutturazione e una delle ragioni per cui le infrastrutture non riescono ad andare avanti è proprio nella presenza della corruzione soprattutto al Meridione. Sono soprattutto i fatti corruttivi a rendere lunghissimo e complicato l’avvio dei lavori pubblici".
Dopo l’amara riflessione, Cantone passa a sottolineare come "iniziano a intravedersi le prime tracce degli anticorpi che si stanno inserendo nel sistema". Sono i dati sull’incremento considerevole delle segnalazioni nel 2015 a testimoniare oltre alla "fiducia riposta nell’Autorità" un "risveglio da parte di operatori e cittadini, stanchi di un sistema spesso incapace di gestire risorse pubbliche destinate a opere e servizi fondamentali per la collettività".
A sostegno, Cantone offre un po’ di numeri: "Le segnalazioni di anomalie su appalti di lavori, servizi e forniture sono passate da circa 1.200 nel 2014 a quasi 3.000 nel 2015 (con un aumento di oltre il doppio), generando l’apertura di circa 1.880 fascicoli (con un balzo di oltre il 50% rispetto al 2014). In materia di trasparenza, le segnalazioni ricevute sulla piattaforma Campagna Trasparenza sono aumentate di circa il 90%, passando da 760 nel 2014 a 1.435 nel 2015. Considerando anche i procedimenti avviati sul sistema di qualificazione delle Soa (2.560), sull’applicazione delle misure di prevenzione della corruzione (929), sulla normativa in materia di trasparenza (341), le istruttorie di vigilanza cosiddetta speciale (oltre 600), il totale dei procedimenti di vigilanza aperti nel 2015 supera le 6.300 unità".
Cantone osserva a margine come l’emersione della corruzione implichi che il fenomeno "oggettivamente è in via di diminuzione", nel senso che "l’emersione svolge anche una funzione di prevenzione". Però, sottolinea, "ho molti dubbi sui tentativi di fare i calcoli sulla quantificazione: la corruzione è per sua natura un reato che si nasconde. Quindi, tutti quelli che fanno classifiche, le fanno su dati che non hanno carattere di scientificità". Per contro, "la presenza di persone che denunciano di più è il segnale di un tentativo di cambiamento, di una volontà di reazione che credo sia forte".
I dati esposti da Cantone in Senato sono "riferiti solo ad alcune delle attività svolte" sottolinea il presidente dell’Anac, con "notevoli sforzi organizzativi, professionali e umani da parte di tutti coloro che operano, a vario titolo, nell’Autorità". Per questo Cantone invita a "intervenire sull’art. 19 del decreto 90 che impedisce oggi all’Autorità di investire le risorse che ha già a disposizione", per permettere all’Anac, senza alcun onere aggiuntivo per le finanze pubbliche, di rafforzare le proprie competenze e professionalità, di offrire a cittadini e operatori del mercato strumenti e servizi indispensabili e, soprattutto, di portare avanti i tanti progetti utili per la prevenzione della corruzione".
L’Autorità, spiega il presidente, "ha sempre sostenuto che la corruzione non può essere affrontata attraverso azioni unilaterali ma richiede, piuttosto, interventi molteplici e contestuali. Oltre all’attività repressiva, svolta egregiamente dalla magistratura, sono necessari un’efficace azione di prevenzione da parte di tutti gli attori in campo e un cambiamento culturale da parte di cittadini, imprese e amministrazioni pubbliche. Proprio perché consapevoli della necessità di coinvolgere le tante energie in campo per condurre quella che deve essere una battaglia comune, e per superare la logica autoreferenziale dei compartimenti stagni, l’Autorità ha strutturato nel tempo una rete di rapporti istituzionali, sia a livello internazionale che nazionale, per favorire lo scambio delle informazioni e una più efficace azione di prevenzione e contrasto della corruzione".
L’Autorità, sottolinea ancora il presidente chiarendo il ruolo dell’authority, "non vuole fare il gendarme nei confronti della pubblica amministrazione e delle stazioni appaltanti, né intendiamo arrogarci compiti non nostri", ma "non siamo un’Autorità che vuole soltanto effettuare controlli ex post, eventualmente portati a termine quando ormai sono poco utili". "Scoprire la corruzione", ricorda Cantone, è compito "riservato alle Procure della Repubblica" e con esse "è in corso una leale cooperazione".
Sul caso più scottante, Roma Capitale, Cantone spiega: "Abbiamo battezzato un progetto di vigilanza integrata. Nei confronti del Comune sono stati, infatti, svolti accertamenti a 360 gradi, finalizzati a valutarne il comportamento nei tre ambiti di controllo dell’autorità: prevenzione della corruzione, trasparenza e attività contrattuale. Su tutti e tre sono emerse, come era prevedibile, criticità sia pure di diverso spessore". "Attesa la gravità e la complessità dei problemi, è stato avviato un positivo confronto con la struttura commissariale che ha preso il posto del Consiglio comunale, con la quale abbiamo avviato un tavolo di lavoro congiunto, per individuare e adottare sin da subito possibili soluzioni; un importante lascito all’amministrazione eletta democraticamente, subentrante al commissario".
L’esame del piano sulle aree maggiormente a rischio (reclutamento del personale e contratti pubblici), ricorda Cantone, "non ha permesso di avere un quadro completo di come il Comune si sia concretamente rapportato al rischio di corruzione. Sono state rilevate carenze in materia di trasparenza, in relazione all’omessa pubblicazione dei dati sui processi di pianificazione, realizzazione e valutazione delle opere pubbliche nonché sui bandi di gara e sui contratti. Le verifiche sulla gestione di ben 1.850 procedure non a evidenza pubblica, hanno mostrato numerosi e gravi profili di illegittimità: in particolare, un ricorso generalizzato a procedure sottratte al confronto concorrenziale; la carenza/omissione della verifica dei requisiti di partecipazione alle procedure negoziate degli operatori economici; un improprio ricorso all’affidamento diretto di servizi a cooperative sociali ai sensi dell’art. 5 della legge
381/1991; Le carenze/omissioni nella verifica dell’esecuzione del contratto".
Cantone poi rivela come "criticità molto gravi" in relazione alla gestione dei rifiuti siano emerse nelle regioni "Sicilia, l’istruttoria è ancora corso, e Puglia, rispetto alle quali l’Autorità ha potuto constatare come i modelli di gestione siano ben lontani dal sistema integrato richiesto dal Codice dell’ambiente". Cantone punta il dito sulla "presenza di molteplici soggetti ai quali risulta oggi affidata la gestione dei servizi - comuni, province, autorità d’ambito -, favorita anche da logiche localistiche, incertezze normative e carenze nella programmazione regionale", che "ha determinato una frammentazione sistemica delle
attività e gravi disfunzioni a valle, con appalti affidati in modo non regolare e, in qualche caso, persino a operatori economici raggiunti da interdittiva antimafia". Cantone auspica che "anche il confronto avviato con le Regioni consenta di superare i problemi segnalati".
CAPOSTAZIONE
CORATO. "In questa storia anche noi siamo delle vittime. Siamo disperati ma un solo errore non può aver causato tutto questo". Al primo piano di una palazzina nella zona dello stadio di Corato, il capo stazione di Andria Vito Piccarreta e sua moglie sono barricati nel dolore. Lia è appena tornata da Medjugorje dove era andata con don Vito, il prete della parrocchia del Sacro Cuore che la famiglia frequenta da sempre. Sua figlia non è andata al lavoro, un negozio di telefonini in centro che gestisce nel centro della città. "È gente per bene, saranno distrutti", dicono al panificio di fronte. E hanno ragione. Sono distrutti: "Stiamo soffrendo, quelle immagini sono inaccettabili, tutto quel dolore, quello che è accaduto è incredibile. Ma non è pensabile dare la colpa di quello che è successo soltanto a un errore umano. Non è così", dice la signora. E probabilmente ha ragione: non può essere soltanto un errore umano. Lo ha detto chiaramente il procuratore aggiunto Francesco Giannella: "Non ci fermeremo assolutamente alle prime responsabilità. L’errore umano è soltanto il punto di partenza di questa storia".
Spiega un investigatore: "Il problema non è il binario unico perché in Italia la maggior parte dei treni viaggiano sul binario unico. Il problema è il sistema di controllo che ovunque è automatizzato tranne che qui". Qui fanno tutto i capistazione e i macchinisti. E se sbagliano tocca soltanto a loro rimediare. Gli intoppi sono sempre accaduti. Ma prima era molto più facile rimediare perché su questa linea viaggiavano pochi treni. Da qualche anno, da quando le Ferrovie del Nord Barese sono state rilanciate, e ancora di più negli ultimi mesi con l’introduzione del metro per l’aeroporto di Bari, le corse sono aumentate. E c’è stata grandissima attenzione ai ritardi: treni supplementari, corse eccetera. Questo ha portato un carico di lavoro maggiore pur lasciando inalterate però le obsolete tecnologie di sicurezza. Risultato: lo scontro.
Piccarreta d’altronde non fa un mistero di quello che ha accaduto: "È vero quel treno non doveva partire. E quella paletta l’ho alzata io: non sapevo che da Corato stesse arrivando un altro treno per questo ho dato il via libera", spiega oggi, così come ha confermato ai funzionari che stanno conducendo l’inchiesta interna. A loro ha provato a spiegare che quella era stata una giornata complicata, i treni che portavano ritardo, c’era stata l’aggiunta di un treno supplementare e dunque in quel lasso di orario era previsto l’arrivo di tre treni e non dei soliti due, i macchinisti che assemblavano nuove vetture per sopperire il ritardo. "È stata una giornata molto particolare", dice. "Ma quello che è successo è troppo". Troppo. "So che ora se la prenderanno tutti quanti con noi", dice la signora Lia, a casa. "Mio marito è il capro espiatorio perfetto. Ma non è giusto: perché è un lavoratore serio, in questi anni ha fatto sempre e soltanto il suo dovere. Questa è una tragedia troppo grande per noi. È un lutto, abbiate rispetto del nostro dolore".
Ecco perché questo capostazione di Andria non è Schettino. Non c’era alcuna ragazza che ballava nella sua stanzetta dello scalo di Andria. Non ha abbandonato nessuna nave. Ha commesso un errore, un gravissimo errore ma ha perso un amico. Un caro amico: Pasquale Abbasciano, uno dei macchinisti morti nello scontro era come uno di famiglia. Stessa città, stesso lavoro, tutti i giorni l’incrocio su quel binario. Uno a bordo del treno, l’altro alla guida delle vetture. "Era uno di noi", racconta fuori dalla chiesa Cataldo Angione, uno dei colleghi. "Vito è persona seria e scrupolosa. Grandissima esperienza. Ma sotto pressione, come sono i nostri colleghi negli ultimi tempi, è più facile sbagliare". Dicono gli amici e colleghi alla stazione di Andria, dove l’azienda ha dato loro la consegna del silenzio: "Non dovete chiedere a Vito perché ha alzato quella paletta ma a qualcun altro perché non è in grado di controllare il nostro lavoro. Noi guidiamo treni. Non siamo piloti di aereo". Nel pomeriggio le finestre di casa Piccarreta sono chiuse. In serata un lungo fiume di persone è per strada. Sono qualche centinaio, portano candele in mano e hanno la faccia rigata dal pianto. Corato è una città segnata dal dolore, molte delle vittime, a partire proprio dai colleghi di Vito, vivevano in questo paese. La città è a lutto, le saracinesche sono abbassate, questa marea di ragazzi è partita da piazza Cesare Battisti e si dirige in silenzio verso la stazione. In testa c’è un prete e un fascio di fiori bianchi. Lia dice: "Ci odieranno" e invece qui in mezzo in molti conoscono Vito, ne parlano con calore misto anche ad affetto. "Uno come lui, seppur con la sua fede, non potrà reggere un dolore così grande" dice Luca Fiore, un ragazzo che frequentava la stessa parrocchia. Il corteo si spinge fino
alla stazione, le candele si poggiano per terra. Qualcuno abbozza un applauso, si piange, i ferrovieri si abbracciano. Da poche ore è arrivata la notizia che Vito è stato sospeso. Una ragazza inserisce i soldi in una biglietteria automatica. In lontananza, nessun rumore di rotaie.