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 2016  luglio 13 Mercoledì calendario

LOTTO PER SETTE - Il montepremi della sestina al Superenalotto ha superato 100 milioni di euro. È il più alto degli ultimi anni

LOTTO PER SETTE - Il montepremi della sestina al Superenalotto ha superato 100 milioni di euro. È il più alto degli ultimi anni. Solo tre vincite lo hanno superato: 178 milioni distribuiti nell’ottobre 2010 attraverso un maxi-sistema online a 70 vincitori; 148 milioni finiti nell’agosto 2009 in provincia di Massa e Carrara; 139 milioni divisi tra due giocatori di Parma e Pistoia nel febbraio del 2010. Vincere è quasi impossibile: le probabilità di indovinare la sestina vincente al Superenalotto è una su 622.614.630. Le stesse che si hanno se si vuole indovinare in quale secondo esatto suonerà una sveglia programmata per farlo una sola volta nei prossimi 20 anni. Paolo Canova e Diego Rizzuto, matematico e fisico torinesi, nel libro Fate il nostro gioco calcolano: «Se scrivessimo ciascuna delle 622.614.630 sestine possibili su un post-it e mettessimo i biglietti tutti uno dietro l’altro, formeremmo una fila più lunga della circonferenza terrestre. E solo uno dei post-it avrebbe scritta sopra la combinazione che verrà estratta». Altro esempio: «Fare 6 al Superenalotto giocando una sestina ha circa la stessa probabilità di indovinare il numero di telefono fisso di casa di Gigi Buffon (che abita a Torino e ha, quindi, prefisso 011) con un solo tentativo e - una volta azzeccato - lanciare 6 volte di fila una moneta facendo sempre testa». Il Superenalotto fu ideato nel 1997 da Rodolfo Molo, ex presidente Sisal e figlio di Geo Molo, uno degli inventori del Totocalcio. Nasce come evoluzione dell’Enalotto, ideato nel dopoguerra. Entrambi prevedevano una combinazione con le prime cifre estratte nelle singole ruote del Lotto: 12 per l’Enalotto, 6 per il Superenalotto. Poi il regolamento è stato cambiato e i numeri scelti non sono più i primi del Lotto, ma vengono selezionati da un sistema automatico di estrazione. Il Superenalotto, a differenza del Lotto, è un gioco a vincita variabile, cioè la vincita dipende dal montepremi e dal numero degli altri vincitori nella stessa categoria. L’estrazione del Superenalotto. Tre volte a settimana a Roma, in Piazza Mastai, presso la sede dell’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato (Aams) si riunisce una commissione composta da una dozzina di persone provenienti dai Monopoli di Stato, dal concessionario Sisal, dal Codacons e dalla Guardia di Finanza. Alle 18.30 si fanno le prove generali: test tecnici su pc e macchine estrattrici. Da una cassaforte, la cui combinazione cambia continuamente ed è conosciuta solo dai due presidenti di commissione designati per quel giorno, si tirano fuori tre valigette, ciascuna con 90 palline numerate, e hard disk con la gestione delle macchine. Si estraggono a sorte le due valigette da usare: una con le palline per l’estrazione dei sei numeri più il numero jolly, una per il numero superstar. Le chiavi delle valigie sono sigillate in buste chiuse dall’estrazione precedente. Selezionate la valigette, un addetto munito di guanti in cotone tira fuori le palline in ordine e le mostra a commissione e telecamera, quindi le mette nelle urne. Sono ormai le 19.30 e quando arriva l’autorizzazione a procedere dalla commissione di controllo, che sta in un’altra sede, parte l’estrazione. Un flusso d’aria ad alta pressione mescola le palline fino a quando non entrano una per una nella trappola. Qui vengono lette innanzitutto dallo scanner rfid che ne trasmette i dati al pc, poi dal banditore di commissione che le registra a mano su un foglio e infine dall’annunciatrice. Poi le palline vengono pulite, rimesse nelle valigette con gli hard disk e tutto torna nella cassaforte. Fatta 100 la raccolta del Superenalotto, la percentuale riservata al montepremi è del 60%. Il 28,27% va allo Stato (l’anno scorso la percentuale era del 53,6%, gli incassi sono stati di circa mezzo miliardo di euro), alle ricevitorie l’8% e alla concessionaria Sisal il 3,73%. Negli ultimi anni si spende sempre meno per comprare i biglietti del Superenalotto: 1,37 miliardi del 2013, 1,07 del 2015. Con il gioco del Lotto si punta su un minimo di 1 a un massimo di 10 numeri compresi tra 1 e 90, pronosticando la loro uscita. Si può puntare sul singolo numero estratto, sulla posizione di estrazione, sull’ambo, sull’ambetto, sul terno, sulla quaterna e sulla cinquina. Le estrazioni dei numeri avvengono tre volte a settimana. Si tirano fuori 5 numeri compresi tra 1 e 90 per ogni ruota. Le ruote sono 11, dieci di esse sono legate alle città di Bari, Cagliari, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Torino, Venezia. L’undicesima ruota, detta Ruota Nazionale, non è legata ad alcuna città. Centrare una cinquina al Lotto ha 1 possibilità su 44 milioni. Egizi e i Caldei amavano giocare di sorte. Anche a Roma, durante i Saturnali di dicembre, venivano organizzate lotterie in cui si estraeva un numero tra quelli distribuiti ai partecipanti su tavolette di legno. L’origine del Lotto deriva da un’usanza genovese del XVI secolo: i cittadini scommettevano sui nomi dei candidati alle cariche pubbliche. L’elezione, infatti, consisteva nell’estrazione casuale di 5 nomi di persone meritevoli, su un totale di 120 notabili, che avrebbero assunto il ruolo di membri del Maggior Consiglio della Repubblica. Questa pratica prese il nome di “Giuoco del Seminario”. L’elezione avveniva due volte l’anno e gli scommettitori potevano puntare su uno o più nomi: “ambi” per due, “terni” per tre. Qualche anno dopo il numero dei candidati fu ridotto a 90, e presto i nomi furono sostituiti da numeri. Nella seconda metà del XVII secolo si diffuse il “Lotto della Zitella”. I numeri erano abbinati al nome di ragazze povere: le sorteggiate erano premiate con una dote. Il gioco si diffuse ovunque, in Francia si diceva era stato inventato da Casanova. A Venezia all’inizio il premio del Lotto consisteva in immobili. Il Lotto a Roma fu proibito fino al Settecento. Fu papa Clemente XI Albani a consentire la prima estrazione, la mattina del 17 settembre 1703 nel cortile di palazzo Pamphilj, a Piazza Navona. Sul palco sedeva un giudice notaro, due orfanelli di Santa Maria in Aquiro cavavano i bussolotti, letti al pubblico da un certo Mattia Matto (nome di fantasia per indicare che quel gioco era una follia). Papa Innocenzo XIII mantenne il gioco, messo al bando dal successore Benedetto XIII «perché ingiusto e iniquo». A partire dal 1732, Clemente XII lo autorizzò definitivamente, con scomunica per chi avesse giocato all’estero. L’estrazione fu spostata sulla piazza del Campidoglio, nove volte l’anno, le entrate furono utilizzate per fini culturali come l’ampliamento della biblioteca Vaticana. A fine Seicento papa Innocenzo XII autorizzò a usare le entrate del gioco del Lotto per il completamento di Palazzo di Montecitorio. Nel 1731 Papa Clemente XII destinò i proventi del Lotto al finanziamento di opere architettoniche e di pubblica utilità, come la costruzione della Fontana di Trevi. Il 27 settembre 1863 il Lotto entrò ufficialmente a far parte delle entrate previste nel bilancio statale. Nel gennaio 1864 un Regio Editto determinò un primo riordinamento del gioco: le ruote erano 6 e le giocate possibili erano quelle per ambo, terno e quaterna. Soltanto nel 1871 furono scelte otto città italiane denominate comunemente ruote o compartimenti. Nel 1933 fu introdotta la cinquina. Progetto di legge preparato all’inizio del Novecento da Luigi Nina. Prevedeva l’obbligo per chiunque giocasse al Lotto di depositare in banca una somma analoga, vincolata per un anno. Mai realizzato. La provincia che gioca di più a Lotto e Superenalotto: Latina, con 209 euro l’anno a testa. Quella dove si gioca meno: Potenza, con 94 euro. Sono più di 10 milioni gli italiani assidui giocatori del Lotto, stabiliti soprattutto al Sud ed equamente divisi tra uomini e donne. Molti cambogiani vanno a pregare sulla tomba di Pol Pot per avere i numeri fortunati da giocare al Lotto. Sotto Gregorio XVI (tra il 1836 e il 1845) i romani che giocavano al Lotto si raccomandavano al frate cappuccino Pacifico, che aveva la virtù di fornire i numeri vincenti. Il papa lo spedì in un convento fuori Roma, e quello si congedò con una cantilena: «Roma, se santa sei, perché crudele se’ tanta? Se dici che se’ santa, certo bugiarda sei!». Con questi versi consigliò i numeri 66, 70, 16, 60 e 6: uscirono tutti, sbancando il Lotto. Nel 1880 a Napoli due uomini sequestrano un frate di nome Ambrogio, convinti che sia un “assistito”, cioè un uomo dall’animo candido con la capacità di dare i numeri del Lotto. Gli chiedono su quali numeri puntare: non risponde e lo torturano. Dopo diciotto giorni trascorsi tra interrogatori e sevizie, lo abbandonano davanti al convento. Il frate muore dopo una settimana di agonia: mentre esala l’ultimo respiro pronuncia tre numeri. Due escono il sabato successivo. Il protettore dei giocatori del lotto è San Pantaleone. Per chiedergli i numeri bisogna scrivere una precisa formula su un foglio e poi metterlo sotto al cuscino. Una visione notturna darà il responso. Oppure per tre giorni pregare il santo prima di andare a letto. La terza notte lasciare carta e penna sul comodino. Al risveglio guardare bene anche in altri lughi di casa, perché il santo potrebbe aver nascosto i numeri da giocare. “Smorfia” è corruzione di Morfeo, dio del sonno. A Napoli nell’Ottocento tutti erano impazziti per il Lotto. Quando vi arrivò, anche Leopardi fece la stessa fine, tanto che Antonio Ranieri, l’amico che lo ospitò in città, dice che il poeta a un certo punto si mise perfino a dare «numeri al popolino». Alexandre Dumas padre dichiarò di aver sentito in una chiesa di Napoli «la preghiera di un lazzarone: domandava a Dio di pregare San Gennaro di farlo vincere al lotto». Giuseppe Garibaldi appena entrato a Napoli nel 1860 abolì il lotto. Si continuò a puntare lo stesso. «Ma non credete che il male rimanga nelle classi popolari. No, no, esso ascende, assale le classi medie, s’intromette in tutte le borghesie arriva fino all’aristocrazia. Il popolo napoletano, che è sobrio, non si corrompe per l’acquavite, non muore di delirium tremens; esso si corrompe e muore pel lotto. Il lotto è l’acquavite di Napoli» (Matilde Serao). Sempre la Serao racconta di una popolana, che, chiamata in giudizio per aver dato un pugno a una rivale, così si discolpò: «M’ha chiamata sittantotto!», costringendo il magistrato a provvedersi di Smorfia, e scoprire che 78 è “la puttana”.