GIORGIO MELETTI e VALERIA PACELLI, il Fatto Quotidiano 12/7/2016, 12 luglio 2016
LA GRANDE TRUFFA DELLA METRO C: 320 MILIONI PER LAVORI MAI FATTI
Che la metro C fosse uno scandalo gigantesco, i romani lo sapevano da tempo: forse già da febbraio del 2006, quando l’Astaldi, la Vianini Lavori (gruppo Caltagirone), la coop rossa Ccc e Ansaldo Trasporti (ora venduta alla giapponese Hitachi) vinsero la gara per costruire la terza linea della metropolitana della capitale.
Adesso, dopo dieci anni, la Procura di Roma ha scoperchiato la presunta truffa che si nasconderebbe dietro i lavori mai finiti: sono 13 gli indagati per concorso in truffa aggravata per il conferimento di erogazioni pubbliche.. Tra loro i capi della società appaltatrice, Metro C, e della stazione appaltante, Roma metropolitane, che fa capo al Campidoglio. Sono accusati di aver concorso alla truffa anche Guido Improta, assessore alla Mobilità della giunta di Ignazio Marino ed Ercole Incalza, ex capo della struttura tecnica di missione al Ministero delle Infrastrutture.
Gli uomini di Metro C finiti nel registro degli indagati sono pezzi da novanta: Filippo Stinellis è stato recentemente promosso amministratore delegato del gruppo Astaldi; Franco Cristini, tuttora presidente di Metro C, guida la Vianini Lavori. L’inchiesta è stata aperta due anni fa, dopo la denuncia del radicale Riccardo Magi. I romani intanto aspettavano il completamento di un collegamento che doveva partire in estrema periferia da Pantano, attraversare il centro storico e finire oltre il Tevere, in piazzale Clodio.
Su questo progetto nel 2006 Metro C si aggiudicò la gara per 2,18 miliardi. Dieci anni dopo la linea dall’estrema periferia est è arrivata alla periferia est, mentre i costi sono aumentati. Come? Secondo i pm titolari dell’indagine, Paolo Ielo e Erminio Amelio, “mediante artifici e raggiri” consistiti nell’“iscrivere strumentalmente almeno 18 riserve (richieste di pagamenti aggiuntivi a fronte di imprevisti, ndr) per un ammontare di 1,4 miliardi di euro”. In questo modo “inducevano in errore il Cipe” (cioè il governo) che autorizzava un primo pagamento di 230 milioni di euro, in seguito a un accordo transattivo del 2011 tra Roma metropolitane e Metro C. In seguito è lo stesso Cipe che stanzia altri 90 milioni “in virtù dell’atto attuativo del 2013”. In tutto sarebbero stati rubati, secondo l’ipotesi dell’accusa, 320 milioni.
È scritto nel decreto di perquisizione che ieri ha portato le Fiamme gialle negli uffici di Metro C: “A fronte di ‘riserve’ iscritte per l’astronomica cifra di 1,4 miliardi da parte di Metro C, la stessa in sede di accordo transattivo si è ‘accontentata’ di soli 230 milioni. E a fronte di ulteriori ‘riserve’ iscritte per 400 milioni, si è ‘accontentata’ di soli 90 milioni di euro per la chiusura ‘tombale’ dei suoi supposti crediti”. Per i magistrati “gli accordi che hanno portato al pagamento di queste somme sono stati il frutto non solo di artifici e raggiri circa la sussistenza delle ‘riserve’ e quindi delle relative spese da pagare al Contraente Generale, ma anche di procedure illegittime e illecite che si sono consumate negli uffici dell’amministrazione comunale e del ministero delle Infrastrutture”.
Il meccanismo delle “riserve” per far aumentare i costi, era già finito al vaglio della Procura della Corte dei Conti che aveva quantificato un danno erariale per Roma metropolitane, nel solo periodo 2006-2010, pari a 363 milioni. I magistrati contabili dovranno decidere sulla richiesta a Giovanni Simonacci di restituire 40,5 milioni di euro allo Stato; e al direttore dei lavori Enrico Alfonso Molinari per altri 27 milioni. Entrambi sono indagati anche nell’inchiesta capitolina per truffa. Tra gli accusati dalla Corte dei Conti, c’era anche l’ex presidente di Roma Metropolitane, Chicco Testa (estraneo all’inchiesta penale) al quale sono stati chiesti 6,7 milioni di euro di danni erariali.
Per i magistrati contabili la metà del danno erariale è da far gravare sulle società; l’altra metà è stata genericamente riferita ad ambienti politici ancora da individuare. Il lavoro per la procura di Roma non manca. “C’è da sperare che questo sia solo l’inizio”, ha commentato ieri Magi. Tempo fa il presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone aveva speso parole dure sulla Metro C, considerata un esempio della natura criminogena della Legge obiettivo, giudicando “l’operato della stazione appaltante non coerente con i principi di trasparenza e di efficienza”. La stazione appaltante era il Campidoglio, retto prima da Walter Veltroni e poi da Gianni Alemanno. Ma l’inchiesta giudiziaria si concentra per ora sui fatti più recenti. Quelli più lontani sono ormai cancellati dalla santa prescrizione.
GIORGIO MELETTI e VALERIA PACELLI, il Fatto Quotidiano 12/7/2016