Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 12/7/2016, 12 luglio 2016
MA PAPÀ TI MANDA SOLA?
Siccome nessuno ha il coraggio di dirglielo, ci armiamo di tutta la delicatezza del caso (la signorina è un filino suscettibile) e l’avvertiamo noi. Dobbiamo ancora trovare le parole giuste, ma potrebbero essere queste.
Gentile ministra Boschi, si metta seduta comoda perché la notizia non è delle migliori. No, tranquilla, stavolta suo padre non c’entra. E nemmeno l’Etruria e Flavio Carboni. Si tratta delle cosiddette riforme che portano la sua prestigiosa firma e quella, se possibile, ancor più prestigiosa di Denis Verdini. Sì, l’Italicum e la nuova Costituzione. Ecco, come dire, qualcosa sembra essere cambiato, durante la sua tournée per l’Italia, nell’atteggiamento del suo partito, e persino del suo spirito guida. Niente di grave, per carità. Essi la amano ancora come il primo giorno. È solo che, per dir così, pur con tutto il rispetto e l’affetto che le portano, non sono più tanto convinti della bontà delle “riforme”, ecco. Tant’è che approfittando della sua lunga assenza da Roma, gliele stanno smontando pezzo per pezzo, tipo Lego. L’Italicum lo vorrebbero cambiare, e non perché sia palesemente incostituzionale (un vizio che si può estirpare solo radendo al suolo la sua legge e facendone un’altra), ma perché non siete più al 40,8% come quando l’avete inventata. Ora siete sul 30 e i 5Stelle addirittura sopra. E, quel che è peggio, si è scoperto che in caso di ballottaggio la destra preferisce votare per loro o stare a casa.
Lei capirà la gravità della situazione: sarebbe seccante se una legge fatta per far vincere il Pd, per l’eterogenesi dei fini, portasse a Palazzo Chigi Di Maio. Perciò stanno persino premendo sulla Consulta perché dichiari incostituzionale l’Italicum e dia loro il pretesto di farne un altro (pare lo vogliano chiamare Piddinum, o direttamente Renzianum, ma sono solo voci). Dunque nel frattempo lei dovrebbe abolire la parola Italicum dal vocabolario della sua tournée. Ora si e ci chiederà: e di che parlo allora? Bella domanda. Non saprei: che so, intrattenga il pubblico sull’annosa ansia da prova costume, sull’endemico problema del giro-vita, sulla vexata quaestio della cellulite, o su un argomento a piacere. Ma lasci stare l’Italicum che, mentre parla, i suoi a Roma potrebbero aver già trasformato in Australianum, Groenlandicum o Camerunensicum. Le restano, è vero, da illustrare i balsamici effetti della riforma costituzionale in vista del referendum di ottobre. Ma anche su questo, se ascolta un consiglio da amici, noi sorvoleremmo. No, signorina, ora non faccia quella faccia. Niente di irreparabile anche qui.
È che, come possiamo dire, ecco, i suoi amici e compagni, sempre profittando della sua lunga assenza da Palazzo Chigi, non sono più così sicuri che i suoi argomenti siano in grado di persuadere gl’italiani a votare Sì. Per dirla tutta, hanno come l’impressione che più lei li invita al Sì, più dilaga il No. Anzi, per sputare il rospo fino in fondo, non sono più certi neppure del referendum in ottobre: chi vuole rinviarlo a data da destinarsi, chi spacchettarlo in 5 quesiti per vincerne almeno uno (l’abolizione del Cnel potrebbe passare, se lei non ci insiste troppo), chi a vietare direttamente il No e consentire solo il Sì. Quindi niente: dovrebbe lasciar perdere pure la riforma costituzionale. Anzi, l’ideale sarebbe proprio se dicesse che non c’è nessuna riforma e il referendum è un’invenzione dei gufi. Così magari se ne scordano tutti e il governo tira avanti ancora qualche mese. Al posto, potrebbe intrattenere il pubblico sulla sua voglia di maternità, sul suo nuovo nipotino, su quanto le piacerebbe avere un fidanzato se gl’impegni governativi gliene lasciassero il tempo, o su quando faceva la Madonna nel presepe vivente di Laterina: come ai bei tempi, quando ancora non parlava di cose più grandi di lei e infatti veniva scambiata per un ministro.
Noi la mettiamo in guardia perché, in fondo, le vogliamo bene, e non potremmo tollerare che alla fine della fiera fosse lei a pagare per tutta quella gente senza scrupoli che l’ha mandata avanti a firmare le schiforme senza neppure fargliele leggere, e ora finge che abbia fatto tutto lei. L’ha capito o no che l’han mandata in tour per questo, per giunta senza telefonino? Se accetta un ultimo consiglio, eviti di distribuire patenti di verità e di menzogna a giornalisti e giuristi che, diversamente da lei, le schiforme le hanno lette e persino capite. A furia di lanciare sfide, prima o poi le toccherà accettarne una, magari in tv, come da mesi andiamo sollecitando (invano). E un domani potrebbe capitare che Matteo, o chi per lui, faccia come De Benedetti e Repubblica: cioè scopra con due anni di ritardo che avevamo ragione noi e torto lei, o chi per lei.
Dia retta, signorina, non sfidi ulteriormente la sorte, che già ultimamente le ha giocato troppi scherzi. Lei dice che chi vota No è come Casa Pound e subito l’Associazione partigiani si schiera per il No. Lei arruola le buonanime di Berlinguer e Ingrao sperando che non possano smentirla, e subito i rispettivi figli minacciano di denunciarla per vilipendio di cadavere e appropriazione indebita. Lei comizia a Caserta e i compagni locali le fanno trovare in platea due indagati per camorra senza dirle niente. Lei fa il diavolo a quattro per farsi invitare alla convention di Hillary Clinton, e quella chi ti invita? Lara Comi. Lei fa la madonna pellegrina del Sì, e ora Renzi, dopo averci provato invano con Buffon, pare intenzionato a mettere Marcello Pera alla presidenza del Comitato del Sì. La Comi e Pera: ma si può? No, non si fa così. Al suo posto, una capatina a Roma per buttare un occhio su quel che combinano alle sue spalle la faremmo. Certi di averle fatto cosa gradita, porgiamo distinti saluti.
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 12/7/2016