Vittoria Puledda, Affari&Finanza – la Repubblica 11/7/2016, 11 luglio 2016
MUSTIER, IL RITORNO DELL’ENFANT PRODIGE: DISCIPLINA MILITARE PER RISANARE UNICREDIT
Qualche maligno dice che in Unicredit gli uomini che vogliono far carriera sono corsi dal barbiere. Perché a Jean-Pierre Mustier – capelli a spazzola, fisico asciutto e carattere deciso – tutti riconoscono un’impronta militare, grandissimo rigore, altrettanta disciplina: la chioma incolta non va bene. Non c’è dubbio che l’attesa per il neo amministratore delegato sia forte e anche dal punto di vista emozionale molto impegnativa, perché il nuovo capo non è del tutto nuovo e nello stesso tempo è di rottura totale con il recente passato. Il mix migliore per poter agire a 360 gradi, secondo molti, e per trovare un ambiente già pronto ad accoglierlo: chi si era trovato bene tra il 2011 e l’inizio del 2015, quando era stato capo del Cib (Corporate and investment banking) non vede l’ora di rimettersi al lavoro (a partire dal francese Olivier Khayat, chiamato in Unicredit proprio da Mustier e ancora lì) chi si era trovato male sa già cosa aspettarsi.
"Metà della banca lo ama, l’altra metà lo odia", sintetizza un osservatore. Magari è un commento un po’ schematico però è efficace; del resto, quando andò via nel gennaio del 2015 qualcosa non era filata proprio liscia: c’è chi dice con qualche manager, a partire da Marina Natale (all’epoca Chief financial officer, dall’ottobre successivo vice direttore generale ed ora appena eletta vice presidente vicario dell’Abi), c’è chi dice con la potente e molto autonoma componente tedesca del gruppo. L’uomo forte della Germania è Theo Weimer, lo stesso che faceva parte del team quando c’era Mustier. Tra l’altro la Germania rappresenta una componente molto forte proprio per la Cib (oltre a Londra e ovviamente a Milano).
Ancora da capire anche i rapporti che si creeranno con l’altro vice direttore generale, Paolo Fiorentino, forte peraltro di un rapporto molto stretto con Fabrizio Palenzona (uno dei grandi sostenitori dell’arrivo di Mustier). L’elenco potrebbe continuare ad esempio con Franco Papa, che prese il posto di Mustier un anno e mezzo fa, o con Vittorio Ogliengo, mentre qualcuno si interroga sulla struttura della parte retail italiana. "Si fa prima a dire che tutti sono sotto esame", dice ancora chi conosce da vicino la banca.
Ma tutto sommato nemmeno un amministratore determinato e freddo come Mustier potrà permettersi di azzerare tutti i vertici anche se, nel caso di Unicredit, il vantaggio è che le seconde e terze linee sono piene di manager forti, da cui pescare. Di sicuro tutti, ma proprio tutti, descrivono Mustier come un uomo rigoroso e dal polso fermo, quello che sembra volerci in Unicredit dopo i mesi di impasse seguiti alle voci sulle crescenti difficoltà di Federico Ghizzoni e i brontolii degli azionisti. Le simpatie maggiori le raccoglie nell’ambito che gli è più congeniale, quello della finanza e per certi aspetti della turbo-finanza. Ormai sono lontani i tempi dell’incidente di percorso del trader infedele Jerome Kerviel, che ha procurato a Société Générale un buco da 5 miliardi: all’epoca Mustier era proprio il suo capo (era responsabile del Cib) e fu lui a scoprirlo e a denunciarlo in tribunale ma poi dopo una manciata di mesi si dimise, pur essendo estraneo alla vicenda (proprio di recente il tribunale del lavoro di Parigi ha condannato in primo grado la banca a risarcire Kerviel per il licenziamento). Fu la pietra tombale sulle ambizioni di diventare il successore di Daniel Bouton, come molti pronosticavano, alla guida della banca in cui era entrato, enfant prodige, a 26 anni. SocGen gli lascia anche un altro brutto ricordo: una multa da 100 mila euro, comminata dalla Consob francese per insider trading su un piccolo pacchetto di azioni della banca. Il top manager si è sempre professato innocente e ha vinto la causa in tribunale, ma non ha evitato la sanzione amministrativa.
Storie passate, soprattutto dopo il disco verde alla nomina sancito dalla Bce alla guida di una banca che ha il prestigio (e l’onere) di essere una Sifi (banche di rilevanza sistemica). Essere uomo di finanza apprezzato e conosciuto al massimo livello, in ambito internazionale, è una delle carte migliori di Mustier e i suoi azionisti lo sanno bene: il primo passo che dovrà affrontare infatti sarà il rafforzamento patrimoniale e pochi analisti ritengono che possa essere evitato un aumento di capitale. Il taglio minimo viene indicato in 5 miliardi; del resto, per Unicredit 100 punti base di Core tier 1 corrispondono circa a 4 miliardi. Attualmente la banca ha un Cet1 "transitional" del 10,5%. Per portarlo a 12 – poniamo – il conto è presto fatto.
Può darsi che Mustier voglia agire anche sulla leva delle dismissioni: difficilmente si disfarrà di Banca Pekao o di Finecobank, considerati gioielli di famiglia, ma qualche altra attività all’estero può essere razionalizzata. Qualcuno aggiunge che "deve" essere razionalizzata, anche senza guardare troppo al conto economico. In questo momento, dicono gli analisti, Unicredit paga un "complexity discount", uno sconto a causa della complessità del suo gruppo (solo di contributi ai vari fondi di tutela dei depositi, paga in Europa circa un miliardo l’anno). Semplificare sarà probabilmente una delle prime parole d’ordine del nuovo ad, che da domani guiderà un gruppo presente in una ventina di paesi.
Il responsabile dell’area Est, Carlo Vivaldi, è ritenuto vicino a Mustier. Nel frattempo, il manager francese di 55 anni prepara il suo primo discorso – trasmesso via Intranet – ai dipendenti: un paio di minuti, in italiano e in inglese. In queste ore sta già incontrando manager e uomini-chiave della banca (anche se il suo primo giorno di lavoro ufficiale sarà il 12 luglio). Non è la sua prima occupazione ma cercherà di incrementare il suo italiano: l’inglese lo sa ovviamente alla perfezione; il francese è la sua lingua madre, l’italiano non è detto che serva così tanto, in una banca internazionale come Unicredit. "Magari l’ostacolo della lingua può essere usata come scudo, per qualche azionista troppo invadente", maligna qualcuno. Un punto di differenza con Philippe Donnet, numero uno di Generali e a sua volta francese, che invece l’italiano lo parla correttamente.
I due manager si conoscono: hanno partecipato ad una battuta di caccia insieme, in un’occasione mondana allargata, ed hanno entrambi frequentato l’Ecole Polytechnique, ma non le stesse classi (anche se negli stessi anni, perché Donnet è nato nel luglio del 1960 e Mustier nel gennaio 1961). Entrambi inoltre hanno una vera e propria passione per il rugby – del resto molto popolare in Francia – anche se Donnet da ragazzo lo ha anche praticato mentre Mustier si limita a fare da spettatore. Il neo amministratore delegato di Unicredit preferisce correre, spesso in compagnia del suo cane, un labrador nero. Un’altra attività che ha sempre seguito da vicino è il micro-lending, finalizzato ad attività benefiche, ad esempio nell’East London attraverso FairFinance, oppure sostenendo un programma di educazione finanziaria per ragazzi, con MyBnk. Chi lo conosce bene dice che gli piace la pasta e adora le mozzarelle. E nel tempo libero? Difficile dirlo, visto che lavora 15 ore al giorno. Quasi tutti i giorni.
di VITTORIA PULEDDA, Affari&Finanza – la Repubblica 11/7/2016