Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  luglio 10 Domenica calendario

DAL BAIL-IN AI RISPARMI IN FUMO ALLE SOFFERENZE. QUEL CHE SERVE SAPERE

Non c’è solo la crisi del Montepaschi. Fiaccato dalla peggiore recessione dal dopoguerra (che fa esplodere il numero di debitori insolventi), da tanti casi di malagestione e da una vigilanza distratta o connivente, il settore bancario italiano è in grave difficoltà. Gli italiani se ne sono accorti con il salvataggio di quattro banche locali in novembre, pagato dai risparmiatori con l’azzeramento di 2,6 miliardi di titoli. Ci troviamo nel mezzo di una situazione che rischia d’essere disastrosa per il Paese e talvolta è difficile orientarsi tra tecnicismi, acronimi e procedure complesse da addetti ai lavori. Ecco una guida ragionata.
Crediti deteriorati In gergo finanziario sono noti come Non performing loans (Npl), sono i crediti difficili da riscuotere, perché l’azienda o l’individuo a cui il denaro è stato prestato si trova in una situazione di difficoltà finanziaria. I casi più difficili sono definiti “incagli” e “sofferenze”. I primi sono crediti in situazione di difficoltà temporanea, i secondi sono inesigibili perché il debitore è in fallimento o in una situazione simile. Poiché la gran parte dei prestiti erogati è a fronte di garanzie offerte dal debitore (per esempio immobili su cui è stata iscritta un’ipoteca) si conta su un margine di recupero. La banca così svaluta il credito e ne copre una parte con accantonamenti in vista di future perdite. La parte di sofferenze al netto delle svalutazioni effettuate, sono le cosiddette sofferenze nette. La crisi ha fatto esplodere le sofferenze. Erano 59 miliardi lordi e 36 netti nel 2009, sono 198 miliardi lordi e 85 netti ora. Significa che del totale dei crediti in sofferenza il sistema bancario valuta si possa recuperare il 42%. Solo che il mercato la pensa diversamente. Il prezzo offerto dai fondi speculativi stranieri è attorno al 20%. All’incirca quello applicato alle quattro banche locali (Marche, Etruria, Ferrara, Chieti) salvate nel novembre scorso. La Bce ha chiesto al Monte dei Paschi di ridurre di 10 miliardi entro tre anni la sua mole di crediti deteriorati lordi (47 miliardi, 24 netti). Venderli ai prezzi di mercato aprirebbe voragini nel bilancio
Bail-In È la nuova norma Ue per le crisi bancarie prevista dalla direttiva Brrd (Bank recovery and resolution directive). Il principio fondamentale è la condivisione delle perdite. Del salvataggio della banca in difficoltà devono farsi carico, nell’ordine: azionisti, portatori di obbligazioni subordinate e di obbligazioni senior e, se non basta, anche correntisti sopra i 100 mila euro (sotto questa cifra c’è la garanzia del fondo interbancario). La direttiva Ue è stata recepita in Italia il 16 novembre 2015 e applicata al salvataggio di quattro banche locali: Popolare dell’Etruria, Banca Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio di Chieti. Per coprire le perdite, il valore delle obbligazioni subordinate è stato azzerato. I piccoli risparmiatori coinvolti erano 10.500, per un valore totale di 340 milioni di euro. L’istituto da salvare adesso è il Monte dei Paschi di Siena, terza banca nazionale. Considerato il contenzioso e le proteste innescate dalla vicenda delle quattro banche locali, il governo sta cercando di evitare di applicare la stessa direttiva e quindi salvare i risparmi. Le obbligazioni subordinate del Montepaschi sono in mano a circa 60 mila risparmiatori.
Aiuti di Stato Fino al 2013, per gli Stati dell’Ue era molto più facile salvare le proprie banche (il cosiddetto bail-out): il totale degli interventi, tra il 2018-2014 ha superato i 600 miliardi di euro (pubblici). Dal 2013, con un’apposita comunicazione, e poi in seguito con il bail-in, Bruxelles ha stabilito che prima vanno tosati azionisti e creditori. Le trattative vengono fatte con gli uffici dell’Antitrust europeo della Commissaria Margrethe Vestager.
Subordinate Sono i titoli obbligazionari meno garantiti. I titoli di debito si distinguono in due principali classi: senior e subordinati. Le obbligazioni senior o secured sono le più garantite, danno al sottoscrittore il diritto prioritario al rimborso in caso di fallimento o di bail-in. Le obbligazioni subordinate fanno invece parte del debito cosiddetto unsecured, o junior. In caso di fallimento o di bail-in, queste obbligazioni sono rimborsate solo dopo che siano stati soddisfatti gli obbligazionisti senior, ma se non basta a coprire le perdite (per almeno l’8% delle passività totali) anche queste ultime vengono azzerate. La Banca d’Italia calcola in 67 miliardi le obbligazioni subordinate in circolazione in Italia, quasi la metà in mano alle famiglie (il resto è degli investitori professionali). Mps ne ha per quasi 5 miliardi.
Aumenti di capitale Il patrimonio netto delle banche, come di qualsiasi società, è dato dalla differenza tra attivo e passivo. Quando l’attivo diminuisce il patrimonio cala e i soci devono mettere mano al portafoglio per ricostituirlo. L’attivo delle banche è fatto prevalentemente di crediti, soldi prestati a imprese e famiglie. Quando questi crediti diventano deteriorati o inesigibili, insieme all’attivo cala anche il patrimonio. Le banche hanno per legge dei requisiti di patrimonio molto stringenti, quindi in caso di deterioramento dei crediti sono costrette ad aumentare il capitale chiedendo i soldi al mercato (con la possibilità di dare la precedenza, in opzione, ai soci). Se Mps applicasse subito quanto chiesto dalla Bce, dovrebbe reperire tra i 3 e i 4 miliardi.
Vigilanza bancaria Dal novembre del 2014, la vigilanza sugli istituti di credito non è più appannaggio della sola Banca d’Italia, ma si è allargata alla Banca centrale europea, come previsto dall’Unione bancaria. È nato il Single supervisory mechanism, che sorveglia le banche “significative” dell’area euro, cioè quelle con attivi sopra 30 miliardi o superiori comunque al 20% del Pil del Paese. Quelle “meno significative” restano sotto il faro di Via Nazionale, i cui ispettori affiancano in colleghi della Bce nelle ispezioni delle grandi banche. Francoforte non è però un corpo unico: l’Unione bancaria – sulla carta composta da tre pilastri – ha previsto una distinzione tra politica monetaria e supervisione sul credito per evitare conflitti tra obiettivi divergenti. Risultato: l’attività di Mario Draghi è separata da quella della vigilanza, guidata dalla francese Danièle Nouy, e in questi mesi si è notata la diversità di approccio tra i due. Il secondo pilastro è il “Meccanismo unico di risoluzione” per gestire le crisi bancarie, anche se in caso di aiuti di Stato serve sempre l’ok di Bruxelles (altrimenti la Bce deve cassarli dal capitale dell’istituto salvato). Il terzo pilastro dell’Unione bancaria, l’assicurazione unica sui depositi a livello europeo, non è mai nato perché Berlino ha posto il veto, prima vuole che si spezzi il legame tra Stati e banche che comprano i loro titoli di debito.
Stress test Sono definite così le valutazioni che i tecnici della Bce fanno sui patrimoni bancari per determinarne la vulnerabilità a eventi negativi, per esempio un peggioramento della crisi economica, un deterioramento dei crediti, una crisi di fiducia degli investitori. Servono insomma a stabilire se le banche sono abbastanza solide da sopportare eventi imprevisti. La valutazione consiste innanzitutto in un’analisi degli attivi, per verificare se il patrimonio sia adeguato a fronteggiare la loro rischiosità. I primi stress test della vigilanza Bce sulle banche europee, di cui 15 italiane, furono fatti alla fine del 2013. Nove banche italiane risultarono potenzialmente carenti di capitale: Banco Popolare, Popolare di Milano, Popolare di Sondrio, Popolare di Vicenza, Carige, Credito Valtellinese, Monte dei Paschi, Veneto Banca. Queste banche nel 2014 fecero aumenti di capitale per complessivi 10 miliardi e rientrarono nei parametri di prudenza stabiliti dalla vigilanza. Alla fine del 2014 rimanevano fuori dai parametri solo Mps e Carige. I risultati dei nuovi stress test, che riguardano 53 banche europee di cui 5 italiane (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco Popolare e Ubi) verranno resi noti il 29 luglio: Mps non dovrebbe passarli. Rispetto ai vecchi test, però, i nuovi non determinano una bocciatura secca con richiesta della Bce di nuovo capitale. Ma la banca sarà di fatto spinta a farlo per evitare ulteriori crolli in Borsa.
di Marco Maroni, il Fatto Quotidiano 10/7/2016