Andrea Carlo Magnaghi, il Fatto Quotidiano 10/7/2016, 10 luglio 2016
HOPE, LA SPERANZA DI TRUMP È UN’EX MODELLA
Quella di Hope Hicks, addetta stampa di Donald Trump, è una storia che potrebbe essere uscita direttamente dalla sceneggiatura di Mad Men. Ventisettenne di Greenwich, Connecticut, Hope da piccola faceva la modella per Ralph Lauren e sognava di diventare un’attrice. Poi, sono arrivate una buona carriera sportiva e un brillante percorso di studi.
Del suo passato più recente, tuttavia, si sa poco nulla. Infatti, da quando la Hicks è diventata l’addetta stampa di Trump sono spariti tutti i suoi profili sui social network. Questa recente rinuncia ricorda quella praticata ai tempi della Southern Methodist University. Allora, Hope faceva parte della squadra di lacrosse dell’università e – come ricorda Kylie Burchell, l’ex allenatrice – era astemia, una delle poche atlete a seguire le sue direttive in materia. Scavando ulteriormente nel passato della Hicks si scopre che dietro la sua scelta professionale non c’è nulla di strano: le relazioni pubbliche sono infatti un business di famiglia. Il padre, Paul, curava quelle della Nfl, il campionato di football americano, mentre ora lavora a Washington Dc per una azienda nel settore energetico. Anche i due nonni hanno lavorato nelle relazioni pubbliche. Come Trump la Hicks non è stata particolarmente legata al partito repubblicano in passato. È sì un’elettrice registrata con il Grand Old Party dal 2008, però, non ha un passato di militante nel partito.
I primi contatti con l’impresa del magnate newyorkese avvengono nel 2012, quando la Hicks inizia a lavorare alla Hiltzik Strategies, una società che si occupa di consulenze e comunicazione. È là che Hope lavora per Ivanka Trump, la figlia di Donald.
Il magnate newyorkese la assume nel gennaio del 2015 come addetta stampa ed ora, smentendo i tanti che non le davano alcun credito, è considerata il suo braccio destro. Dal carro di the Donald, infatti, sono già stati sbalzati sia Sam Numberg, consigliere politico, che Corey Lewandosky, il manager della campagna. La Hicks, invece, è sempre lì, il cellulare alla mano pronta a rispondere ad una delle oltre 250 richieste che le arrivano dalla stampa ogni giorno.
Hope non si limita a dirigere il traffico delle richieste dei cronisti, ma ha già avuto modo di dimostrare le sue capacità. È infatti a lei che si devono le repliche di Trump al Papa (dopo che il pontefice disse: “Una persona che pensa solo a costruire muri non è cristiana”) e a quanti lo accusavano di non avere una posizione chiara sull’aborto. Cercando di stemperare le polemiche su quest’ultimo tema, e di rassicurare l’elettorato repubblicano, si è espressa così:“Trump cambierà la legge attraverso le sue nomine giudiziarie in modo da proteggere i diritti del nascituro”.
Otto anni dopo l’iconica rappresentazione di Barack Obama accompagnata dalla scritta “hope”, dunque, è un’altra Hope, la Hicks, a rivelarsi inattesa protagonista nei destini della più grande democrazia al mondo.
ANDREA CARLO MAGNAGHI, il Fatto Quotidiano 10/7/2016