Filippo Conticello, La Gazzetta dello Sport 9/7/2016, 9 luglio 2016
TENACIA, TALENTO, SFOTTO’: COSI’ IL BONUCCESE RACCONTA UN FENOMENO
Cercateli adesso, perduti tra l’Est e la Sicilia. Vlado Smit corre ancora al Triglav Kranj, B slovena; a 32 anni Giuseppe Scurto si accontenta degli Allievi al Palermo. Un tempo, però, giocavano insieme a Treviso: più minuti per loro che per il giovanotto esuberante venuto da Viterbo. Del resto, Leo Bonucciava già allora, nella B 2008-09: come l’anno prima con Pillon allenatore, troppe palle perse e rigori ingenui. Un diamante grezzo, ma pur sempre un diamante: «Aveva già numeri da fenomeno», ricorda Luca Gotti, il tecnico che gli preferiva Smit e Scurto. Eppure anche quegli schiaffi hanno forgiato questo Bonucci guerriero: rischia di essere l’italiano, e in generale il difensore, più pagato della storia, e per arrivare lassù ha faticato parecchio. Ha affinato la testa, i piedi e anche la lingua: il bonuccese è ormai un misto di spavalderia, rabbia e matta voglia di vincere. La lingua più amata dagli juventini, almeno fino ad ora.sterzata Comunque finisca, arriva da lontano questo sentimento: il 5 maggio 2002 il 14enne Leo vedeva a casa la sua Juve a Udine, mentre padre e fratello interisti palpitavano nell’altra stanza. Alla fine ha fatto festa in strada, quasi un segno del destino. Al tempo studiava da centrocampista alla Viterbese, ma solo due anni dopo, nella Beretti, sterza la carriera: Carlo Perrone, discreto difensore anni 70, ha l’intuizione di spostarlo dietro. È il certificato di nascita del Bonucci difensore, quello che, prima di stregare Guardiola, convince i dirigenti dell’Inter nel 2005: nella Primavera nerazzurra gli allenamenti con Ibra servono a irrobustire il fisico. Eppure a Milano non è mai amore vero: l’anno e mezzo in prestito al Treviso e i sei mesi nel Pisa di Ventura sono l’ultimo trampolino. «Ho fame e sono forte», dirà Leo prima di spiccare il volo in Serie A. sfottò Via Genoa, l’atterraggio a Bari: Bonucci nel 2009-10 impressiona in coppia con Ranocchia, ma tutti o quasi si convincono che sarà quest’ultimo a fare sfracelli. Il campo dà un’altra sentenza e quell’anno con Ventura gli consegna l’azzurro e il bianconero. Così, all’arrivo alla Juve nel 2010 il bonuccese prende colore: «Cannavaro è il passato», tra le prime dichiarazioni a effetto. In una squadra allo sbando, però, Leo fatica e i maligni creano il neologismo bonucciata per certe esuberanti uscite palla al piede. È eccesso di sicurezza, ma anche fegato e fiducia in sé perché lo stopper Bonucci sa già lanciare da 40 metri. Tra l’altro, un uomo conosciuto a Treviso si è deciso a trasformarlo in uno spartano. Alberto Ferrarini, professione motivatore, gli urla per anni frasi da Full Metal Jacket. Oltre alla mente, però, c’è l’antica arte della difesa da perfezionare e con le urla di Conte il puzzle si completa: migliora in marcatura, escono dal vocabolario le bonucciate e in una notte napoletana diventa la seconda B della BBC, il trio che sigilla 5 anni di gloria. Soldati, ma non «soldatini» come da veleno di Cassano: «No, siamo professionisti», la replica di Leonardo. Ed è solo una delle tante polemiche messe in fila perché il bonuccese si alimenta dello sfottò: da «sciacquatevi la bocca», diventato un’esultanza seriale, al bonipertiano «vincere è l’unica cosa che conta» ripetuto come un mantra. Oltre alle punture riservate a Roma e Napoli, una volta ha pure azzardato: «Voglio rimanere alla Juve a vita». Tra il dire e il fare, ci sono di mezzo otto milioni l’anno.