Francesca Frediani, il venerdì 8/7/2016, 8 luglio 2016
INTERNO DI FAMIGLIA ALLA CASA BIANCA
Ci sono gli «indaffarati», come Franklin Delano Roosevelt: per parlare con lui i figli dovevano prendere appuntamento. I «giocherelloni», come George W. Bush, che amava i party di Halloween organizzati alla Casa Bianca dalle figlie Jenna e Barbara. I «doppiogiochisti», come Robert Tyler e quelli che ebbero anche discendenti illegittimi dalle schiave. Mentre Barack Obama,che quasi ogni sera cena in famiglia, gran lettore di bedtime stories a Malia e Sasha (Harry Potter in testa) è tra gli «accudenti».
A raccontare il lato umano dei presidenti Usa, padri non solo della patria ma anche e soprattutto dei loro figli, è ora First Dads. Parenting and Politics from George Washington to Barack Obama (Grand Central Publishing, pp. 391, dollari 27) di Joshua Kendall. «Ci sono eccezioni, ma nella maggior parte dei casi ciò che vedi nel genitore è ciò che avrai nel presidente», è la tesi di Kendall, che da quando il libro è uscito, a maggio scorso, è diventato uno dei commentatori più richiesti delle prossime presidenziali.
Così, a domanda su che president/father sarebbe Donald Trump, ci rimanda ai vari articoli scritti per Washington Post e Los Angeles Times, o alle dichiarazioni rilasciate a Vanity Fair Usa: «Se i figli di Trump sono così solidi è perché non hanno avuto il padre vicino quando erano piccoli. E se comunque gli sono così attaccati, è merito delle tate che erano persone davvero carine». Mentre a proposito di Hillary Clinton risponde: «È stata un genitore indaffarato, come Roosevelt o Lyndon B. Johnson. Potrebbe essere la nostra First Mom, anche se si è comportata come la maggior parte dei padri». E aggiunge: «Gli americani amano dire che Bill Clinton è stato il primo presidente nero per la vicinanza che ha mostrato alla comunità afroamericana. Sarebbe come dire che Obama è il primo presidente donna per il suo modo di connettersi alla nazione e ai figli: è certo più materno di quanto sia stata Hillary». L’idea del libro, documentatissimo e ricco di aneddoti (Amy, la figlia più piccola di Jimmy Carter, andava sui pattini a rotelle nella East Room, mentre Chip, il secondogenito, saliva sul tetto a farsi le canne) nasce da un precedente lavoro di Kendall, America’s Obsessives, sui geni affetti da disturbo ossessivo-compulsivo della personalità: Steve Jobs, Estée Lauder, Charles Lindbergh «e il presidente Usa Thomas Jefferson: gran leader politico, ma padre maniaco del controllo. Diceva alle figlie cosa indossare, dava loro una scaletta giornaliera di attività da svolgere. Nel suo caso, l’uomo pubblico e quello privato sono diversi. In altri, come Obama, il padre e il presidente sono la stessa cosa».
Da ricordare infine i «papà-tigre», come John Adams, che ossessionò il figlio John Quincy Adams fino a farlo diventare presidente a sua volta (mentre altri due morirono alcolizzati) e quelli «sconvolti dal dolore». Tra questi, John Fitzgerald Kennedy, che perse un figlio pochi mesi prima di essere assassinato: «L’ho messo in questa categoria» conclude Kendall, «perché i suoi figli erano piccoli quando fu ucciso, e ha lasciato poche tracce di sé come padre. La morte del bambino lo riavvicinò alla moglie, dopo i troppi tradimenti».