Aldo Cazzullo, Sette 8/7/2016, 8 luglio 2016
FARAGE FORSE PREFERIVA PERDERE
Sinceramente, ho avuto l’impressione che Nigel Farage non fosse affatto certo di vincere il referendum, o in qualche modo avesse paura di vincerlo. Il suo ragionamento della vigilia era: «Io in ogni caso vincerò comunque, perché se anche vincesse il Remain 52 a 48, i conservatori si spaccheranno, una parte verrà con me o comunque ci sarà un big bang della politica inglese che mi consentirà di uscire dall’isolamento e di guadagnare centralità». Questo spiega anche la sua uscita alla chiusura delle urne, quel «possiamo anche aver perso una battaglia ma vinceremo la guerra» che aveva fatto pensare a una concessione di sconfitta, al prevalere del Remain. Invece le pulsioni isolazioniste che chiunque poteva avvertire nel Regno Unito hanno prevalso sull’emozione per l’assassinio di Jo Cox e sulla paura per il caos che puntualmente si è verificato.
Farage non è un mostro. È un conservatore inglese un po’ eccentrico che si è staccato dal partito perché quando i Tory hanno firmato il trattato di Maastricht ha visto uno spazio ancora più a destra, in quell’Inghilterra profonda che non vuole l’Europa per due motivi: l’egemonia tedesca e l’immigrazione.
Un popolo che ha vinto tutte le guerre degli ultimi due secoli, e che ha battuto i tedeschi due volte in due conflitti mondiali (certo non da solo), fatica ad accettare che in Europa comandi la Germania. E, piuttosto che impegnarsi per controbilanciare il peso tedesco, ha preferito chiamarsi fuori. Ma determinante è stata la questione dell’immigrazione. Sia quella legale degli oltre 300 mila tra polacchi, spagnoli, italiani che le regole di libera circolazione europea conducono ogni anno a Londra e dintorni, sia quella – ovviamente un fenomeno diverso – che vedono sugli schermi tv e che pare a loro del tutto incomprensibile: in un’isoletta che nessuno aveva mai sentito nominare sbarcano mille africani al giorno, si spostano in giro per l’Europa e nessuno riesce a mandarli via. Magari nessuno arriverà in Gran Bretagna; si tratta di una paura irrazionale; ma non sempre i popoli decidono con la ragione.
Ho trovato sbagliate sia la reazione tipo “Dio stramaledica gli inglesi”, sia la gioia perché Londra se n’è andata. È successa una cosa molto più grande di Farage e di noi. È prevalso uno spirito di autodistruzione che può riprodursi in America. Io però scommetto che Donald Trump non vincerà.