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 2016  luglio 08 Venerdì calendario

«UN BAMBOCCIONE STAGIONATO»: TRUMP PRIMA DI THE DONALD

Erano amici, lo conoscevano e capitava che giocassero a golf con lui. Lui era Donald Trump, che oggi è l’uomo nuovo della politica americana, il candidato repubblicano alla Casa Bianca; loro erano i tre amici Michael J. Kennedy, l’avvocato delle “cause perse” (prese la difesa dei leader delle Black Panther Huey P. Newton e Bobby Seale; quella di Timothy Leary, teorico dell’esperienza psichedelica e sostenitore dell’uso dell’Lsd; quella di John Gotti, il criminale privato in cella dei più elementari diritti umani); Giuseppe Gazzoni Frascara, l’industriale dell’Idrolitina, amico di Kennedy; e il più giovane Harry Hurt, editorialista del New York Times e volto di Cbs, Abc e Cnn. Chi conosceva meglio Trump era l’avvocato Kennedy – scomparso il 25 gennaio –, che la moglie di Trump, Ivana, ingaggerà nella causa di divorzio che si concluderà nel 1992 con un risarcimento di 14 milioni di dollari cash, un appannaggio di 650 mila dollari l’anno per il mantenimento dei 3 figli, una villa in Connecticut e un appartamento a Manhattan.
Il più giovane dei tre amici, il giornalista Hurt, è incuriosito da questo bizzarro, eccentrico personaggio: «Stravagante – è il ricordo di Gazzoni Frascara –, grondante di catenoni d’oro, simpatico nei modi ma pacchiano, spaccone». Hurt muore dalla voglia di sapere chi veramente sia questo strambo miliardario newyorchese: intervista persone, passa al setaccio tutta la sua vita e nel maggio 1993 pubblica il libro Lost Tycoon: the many lives of Donald J.Trump, 447 pagine di biografia non autorizzata, pubblicato in poche migliaia di copie da un piccolo editore, W.W. Norton & Co.. Trump non è ancora il personaggio di fama planetaria qual è oggi; e il libro di Hurt, per quanto duro e corrosivo, passa sostanzialmente inosservato.
Oggi, a più di vent’anni di distanza, con Trump in lizza con Hillary Clinton per la poltrona di presidente Usa, gli amici di Hurt, a cominciare dall’ex presidente del Bologna Gazzoni Frascara, hanno chiesto al giornalista di rieditare il libro, rintracciabile oggi in poche copie solo su Amazon e a cifre iperboliche. Hurt si è fatto convincere e ha bussato alla porta del vecchio editore, che però non ne ha voluto sapere: «Trump ci inonderebbe di querele», lo hanno sconsigliato gli avvocati, «ripubblicare il libro sarebbe troppo pericoloso».
Hurt allora ha lanciato un appello su Twitter (@harryhurtiii) e su Facebook e alla fine, grazie al sito kickstarter.com, un editore coraggioso è arrivato: il libro è già diventato un ebook e a giorni tornerà a essere stampato e distribuito nelle librerie. Scritto in tempi non sospetti, quando Trump aveva 47 anni e la sua smania di scendere in campo, in politica, era ancora di là da venire, Lost Tycoon offre un ritratto crudo e inglorioso del miliardario di New York.
Bamboccione. In Italia lo definiremmo così: un bamboccione cresciuto nel mito del padre Fred, che è il vero detentore del copyright del trumpismo («Sei un killer, sei un re!» è l’insegnamento che ossessivamente si premurò di inculcare nel figlio). Un bamboccione stagionato che ha potuto mettere una toppa ai tanti disastri combinati grazie ai soldi di papà: come nel 1989 quando il casinò di Atlantic City, il Trump Castle, finì sull’orlo della bancarotta e solo grazie all’intervento di papà, che si palesò e acquistò fiches per 3 milioni di dollari, evitò il tracollo.
Mitomane. Proprio come il padre Fred, che non ha mai resistito alla tentazione di pubblicare finti comunicati-stampa che dessero un’idea dopata e sovradimensionata del proprio status finanziario, anche Donald non ha mai smesso di camminare sul filo della mitomania. Quando nel 1983 fu completata a New York la Trump Tower, alta 202 metri, nella Fifth Avenue all’angolo con la 56th Street, i 58 piani divennero nella numerazione ufficiale 68. Per non dire che già a quei tempi in tutti i documenti finanziari Donald raddoppiava l’entità della sua ricchezza sostenendo che il valore del suo nome permetteva, appunto, di moltiplicare il valore del patrimonio personale per due.
Compromesso. Oggi Donald non esita a muovere critiche feroci al governo, ma le fortune della famiglia Trump si devono essenzialmente agli aiuti statali. Il padre Fred, subito dopo la Seconda guerra mondiale, ottenne dal governo Usa prestiti ingenti che gli consentirono di aprire all’edilizia popolare prima a Brooklin e nel Queens, poi a Manhattan, ponendo le basi della creazione del proprio impero finanziario; inoltre, fu lo stesso papà Fred a mettere il figlio in contatto con imprenditori edili legati alla mafia cui rimase legato godendo a lungo della loro protezione.
Irrispettoso. Nel libro di Hurt, scritto tra la fine del matrimonio con Ivana e l’inizio dell’unione con l’attrice Marla Maples (e la voci di una liaison amoureuse con la sempre presente Carla Bruni), libro che per primo svelò il retroscena del presunto stupro subito per vendetta dalla prima moglie Ivana, Trump viene descritto come un uomo che si rapporta alle donne in modo cinico: da un lato servendosene per la funzione più confacente, fosse anche solo quella di rappresentanza per assistere al match di boxe Holyfield-Foreman al Trump Plaza di Atlantic City, come toccò a Marla; dall’altro denigrandole e umiliandole fino a subire l’onta dell’indicibile sfregio patito da Ivana. Soldi e violenze, bugie e compromessi: il libro di Harry Hurt, 23 anni dopo la prima uscita, sta per abbattersi come uno tsunami su Donald Trump. Hillary, che non se la passa benissimo, in silenzio si frega le mani.
Paolo Ziliani, il Fatto Quotidiano 8/7/2016