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 2016  luglio 07 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - SI INSEDIA LA RAGGI REPUBBLICA.IT C’é anche Matteo sullo scranno della sindaca di Roma Virginia Raggi ha raggiunto la zona dell’aula Giulio Cesare riservata al pubblico e li’, dove c’erano i suoi familiari, ha preso per mano il figlio Matteo e l’ha portato verso l’emiciclo riservato al Consiglio comunale

APPUNTI PER GAZZETTA - SI INSEDIA LA RAGGI REPUBBLICA.IT C’é anche Matteo sullo scranno della sindaca di Roma Virginia Raggi ha raggiunto la zona dell’aula Giulio Cesare riservata al pubblico e li’, dove c’erano i suoi familiari, ha preso per mano il figlio Matteo e l’ha portato verso l’emiciclo riservato al Consiglio comunale. E quindi ha raggiunto con lui il suo posto di prima cittadina di Roma e l’ha fatto sedere. Un momento di condivisione familiare in allegria e anche commovente, per la gioia dei fotografi e degli operatori televisivi che affollano l’aula nel giorno dell’investitura ufficiale della Giunta di Virginia Raggi. Un lungo applauso ha accolto Raggi, al suo arrivo nell’ Assemblea capitolina, per il primo Consiglio comunale della nuova consiliatura, il primo dell’era Raggi. I parlamentari dei Cinque Stelle siedono proprio davanti a lei, al centro dell’Aula Giulio Cesare, dove sono state sistemate alcune file di sedie. Ci sono tra gli altri Alessandro Di Battista, Paola Taverna, Ruocco Vignaroli. Tra il pubblico ci sono anche i genitori di Virginia, il marito Andrea Severini col figlio della coppia e i colleghi dello studio Sammarco. Subito dopo l’inizio dei lavori è stato rispettato un minuto di silenzio per Beau Solomon, lo studente americano morto nella Capitale dopo essere stato spinto nel Tevere. Una decisione questa presa dal sindaco di Roma Virginia Raggi. Marcello De Vito presidente dell’assemblea capitolina. Marcello De Vito (M5s) è stato eletto presidente dell’Assemblea capitolina. De Vito sta presiedendo la prima seduta in corso in Aula Giulio Cesare in quanto consigliere ’anziano’, avendo ricevuto il maggior numero di preferenze tra i candidati al consiglio comunale nell’ultima tornata delle amministrative capitoline. De Vito ha ottenuto, su 49 votanti, 30 voti favorevoli. Le schede bianche sono state 17 e due le nulle. Al termine della votazione c’è stato un lungo applauso in Aula e la sindaca di Roma Virginia Raggi ha stretto la mano a De Vito per complimentarsi. In precedenza l’assemblea capitolina ha convalidato all’unanimità l’elezione di Virginia Raggi e dei 48 consiglieri che compongono l’assise. Per nessuno di loro sussistono motivi di ineleggibilita’ o incandidabilità. Marco Terranova, primo dei non eletti del Movimento Cinquestelle, subentra a Daniele Frongia, dimessosi dalla carica di consigliere comunale e prossimo alla nomina di vicesindaco. E’ stato unanime il parere favorevole - 47 consiglieri più Virginia Raggi - dell’assemblea capitolina a questa surroga, per la quale era stata in precedenza verificato che non ci fossero motivi ostativi. Il Consiglio comunale di Roma torna subito cosi’ ad avere 48 componenti. Emozionato il marito della sindaca. "Una giornata speciale per tutti. Se sono emozionato? Certo. Che cosa ha detto Virginia dopo la lettera aperta che le ho indirizzato all’indomani della vittoria? Ci siamo visti, abbracciati, era contenta, ma la lettera non è importante". Così il marito di Virginia Raggi, Andrea Severini, venuto a seguire la prima seduta dell’assemblea capitolina con il figlio. "Se aiuterò Raggi? Ci mancherebbe, sono un attivista da tanto tempo". Meloni, Rivoluzione? No solo Cencelli 2.0. "La Raggi ha i numeri per fare una rivoluzione. Ci aspettiamo che faccia quella rivoluzione. Ma se il buongiorno si vede dal mattino non siamo molto ottimisti perché finora l’unica cosa che abbiamo visto è il manuale Cencelli 2.0". Lo ha detto, prima dell’inizio dell’assemblea capitolina, la consigliera comunale e leader di FdI, Giorgia Meloni. "È un’esperienza nuova - ha detto Meloni - sulla quale siamo pienamente mobilitati. Intendiamo rappresentare al meglio i cittadini che ci hanno votato e anche quelli che non ci hanno votato, perché c’è bisogno di collaborazione. Come abbiamo già detto, saremo leali oppositori. Ci sono alcune tematiche in cui le nostre proposte in campagna elettorale sono state oggettivamente più concrete degli altri, come per il sostegno alla famiglia, la questione dei campi Rom, le zone franche e le periferie. Speriamo che il Movimento sappia essere più umile del governo Renzi e sappia ascoltare e valutare nel merito i provvedimenti. Da parte nostra non ci saranno preclusioni" Ieri la riunione informale. Mercoledì per la prima volta si sono incontrati tutti gli assessori in pectore per l’ultima limatura della Giunta. Alla fine Marcello Minenna avrà con molta probabilità un super-assessorato: per lui la delega al Bilancio e quella alle Partecipate - quest’ultima sarà ’a tempo’, così hanno deciso sin dall’inizio i 5 Stelle. Per i trasporti ci sarà una donna, forse Linda Meleo della Luiss. Gli altri nomi sono noti: Paolo Berdini (Urbanistica), Paola Muraro (Ambiente), Luca Bergamo (Cultura), Flavia Marzano (Semplificazione-Smart City), Laura Baldassarre (Sociale), Adriano Meloni (Sviluppo economico). A Daniele Frongia il ruolo di vicesindaco con delega allo Sport. Il caso Lo Cicero. Salta così la poltrona di Andrea Lo Cicero, per una questione di quote rosa. Al suo posto infatti entra nella squadra un’altra donna, Linda Meleo per i Trasporti. Il rugbista, al centro delle cronache per alcune frasi contro i rom e i gay, non nasconde la propria delusione. "Lo sport ha rappresentato una parte fondamentale della mia vita - scrive sulla sua bacheca Facebook - ed una parte fondamentale della mia vita l’ho passata a Roma. Ricoprire la carica di Assessore allo Sport di questa meravigliosa città, lavorare insieme a Virginia e a tutti i cittadini romani al rilancio della nostra Capitale, sarebbe stato un enorme privilegio ed una altrettanto grande responsabilità. Ho appreso con un certo stupore, ieri, della volontà di non dare seguito alla mia nomina già annunciata in precedenza sin dalla campagna elettorale, ma come nel rugby ci si mette al servizio della squadra accettando le scelte dell’allenatore, così nella vita è giusto mettersi al servizio del bene più alto, quello della collettività e dei cittadini" FABRIZIO RONCONE SU CDS «Sì sì… Sta su, nel suo ufficio» (portineria del Palazzo Senatorio, commessi con il dono della riservatezza). A che ora è arrivata? «Guardi, questa è una che arriva presto… Poi, poraccia, sta sempre al telefono, esce da una riunione e ne inizia subito un’altra… La sera se ne va che è…». Che è? «Uno straccio. Gli amichetti suoi grillini l’hanno messa un po’ troppo sotto pressione… E nun va bene, proprio no: perché lei, la Raggi dico… Aho’, e questa ancora deve cominciallo a fa er sindaco de Roma…» (a pensarci bene, sono commessi che hanno pure il dono della sintesi). Oggi Virginia Raggi presiederà la prima seduta del consiglio comunale: a prevalere dovrebbero essere lo stupore e la curiosità, l’entusiasmo e la soddisfazione. In realtà, a questo storico appuntamento, il nuovo sindaco arriva dopo settimane estenuanti, con dentro volgari perfidie e brutali suggerimenti, telefonate frustranti di capi severi e dolorose rinunce. (Flash-back: notte del 19 giugno scorso. Fotografi appostati con cannoni potenti la scovarono dentro una stanza del comitato elettorale, mentre – al cellulare – parlava saltellando. Danza della gioia. Roberto Giachetti battuto con distacco pazzesco. Lo spoglio, un trionfo. Era raggiante, emozionata, francamente bella. Fu portata in un’altra stanza: da dove uscì – poco dopo – con un discorso scritto su un foglio che lesse facendo attenzione a non farsi tremare la voce. Poi, finite le dirette tivù, la presero i militanti al grido di «Onestà! Onestà!». Lei, senza immaginare, promise: «Sarete voi cittadini a decidere con me!». Lo urlò. La abbracciarono. Le venne spontaneo aggiungere: «Nessuno oserà mai dirci cosa fare!». Luigi Di Maio le sorrise da lontano con il suo sorriso gelido, sempre uguale, indecifrabile. Paola Taverna e Roberta Lombardi s’avvicinarono per baciarla. Alessandro Di Battista, prudentemente, decise che era meglio farsi qualche selfie con grilline volontarie). Il risveglio, in un lunedì subito complicato. Sei sindaco da meno di dodici ore e la prima lettera pubblica che ricevi è quella di tuo marito, Andrea Severini: «Sono 21 anni che ti conosco, ora per noi è un momento difficile, è inutile nasconderlo, ma io sarò sempre accanto a te». Il frullatore già acceso. Con insinuazioni, spifferi velenosi. Con dosi di maschilismo strisciante. Lei fa sapere che il suo capo di gabinetto designato è Daniele Frongia, 43 anni, statistico, autore del saggio «E io pago», resoconto di nefandezze e sprechi consumati nell’amministrazione capitolina e fonte di ispirazione del programma elettorale grillino: e due giorni dopo Frongia è costretto a dettare un comunicato il cui succo è: «Smentisco ogni pettegolezzo: non sono fidanzato con Virginia». C’è solo una grande intesa politica. Ecco, appunto: peggio. S’infuriano in molti. Invocata la legge Severino: Frongia non può ricoprire quel ruolo. Polemiche, titoli sui giornali. È costretto a intervenire Beppe Grillo. «Se proprio ci tieni, fagli fare il vice-sindaco». Se proprio ci tieni. Ma, scusa, quanto ci tieni? E poi, comunque, no: mica puoi decidere da sola. Come ti permetti? Cosa ti sei messa in testa? Datti una calmata, Virginia. Entrano nel suo ufficio, chiudono la porta e le dicono cose così. Un pomeriggio, dopo un colloquio con la deputata Roberta Lombardi – prima capogruppo del M5S alla Camera, tra le primissime a frequentare le cellule grilline della Capitale, grande influenza sulla base militante – la Raggi ha gli occhi lucidi. La senatrice Paola Taverna – 43 anni, romana del Quarticciolo, diploma da perito aziendale – con lo slang che l’ha resa celebre anche a Palazzo Madama: «Sta Raggi s’è bevuta er cervello… Macché davero pensa de decide da sola tutti gli assessori? Boh». Prova a decidere, mal consigliata da Frongia, almeno il nome del vice-capo di gabinetto: Raffaele Marra. Niente, le bocciano pure lui: è un ex uomo di Alemanno. Frongia allora la fa salire a bordo della sua piccola Renault biposto elettrica e l’accompagna alla celebrazione giubilare per gli uomini e le donne delle istituzioni: mezzo governo la ignora, Boschi e Alfano costretti a salutarla solo quando se la trovano a un metro. Cordiale solo il rettore dell’Università Lateranense, monsignor Enrico Dal Covolo: «Sa che abbiamo un amico in comune? Indovini chi è? Il dentista! Non è magnifico?». Il sorriso della Raggi è spento. Le ha telefonato Davide Casaleggio. Un filo di voce. Da brividi. «Trova subito una giunta. A Roma ci giochiamo la nostra capacità di governare». Perché tutti osservano Roma. Tutti osservano lei, la Raggi. Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, la definisce «bambolina imbambolata» (sommerso dallo sdegno di Matteo Renzi e di tutto il Pd). Luigi Di Maio la porta a cena. «Stai tranquilla, Virginia. Ce la faremo». I romani, intanto, segnalati un po’ impazienti. Fabrizio Roncone ERNESTO MENICUCCI SU CDS ROMA La new entry finale, quella che permette a Virginia Raggi di far quadrare il cerchio della sua giunta che sarà presentata oggi — in un Campidoglio chiuso alle manifestazioni di piazza e con la diretta streaming sul blog di Beppe Grillo anziché sul sito istituzionale del Comune — è una giovane ricercatrice, classe ’78, dell’Università telematica «Uninettuno». Si chiama Linda Meleo, dottorato di ricerca alla Luiss in «Diritto ed Economia», che ha scritto nel 2013 un saggio sulla «Sostenibilità a Roma» per Italianieuropei e che nel curriculum cita la stesura del rapporto annuale 2009 «Città mobili», realizzato per l’Anci dove si trattava il tema «della domanda e dell’offerta di mobilità in ambito urbano e le spese e investimenti per la mobilità urbana a partire dai bilanci comunali». La delega sui Trasporti, che comporta anche mettere le mani sul «carrozzone» Atac, toccherà a lei. Con l’ultimo nome, pescato in extremis dal cappello a cilindro, la giunta è fatta. Saranno cinque donne (come anticipato dal Corriere ) e cinque uomini. Oltre Meleo e Raggi (che terrà la delega, delicatissima, sul Personale), ci sono Paola Muraro all’Ambiente (nonostante la diffida scritta all’Ama per avere 200 mila euro di una vecchia consulenza), Flavia Marzano alla Smart City, Laura Baldassarre a Sociale e Scuola. Cinque, alla fine, anche gli uomini. Resta fuori Andrea Lo Cicero, condannato dalle polemiche dei giorni passati (dalla frase omofoba a quella sugli «zingari di m...»), che arriva in moto e va via prima della fine della giunta informale. È l’unico che parla: «Sono emozionato come un bambino». Ma non sarà assessore: per lui, solo un ruolo da testimonial. Le deleghe sullo Sport, invece, vanno a Daniele Frongia, in giunta come vicesindaco nonostante l’ultimo parere chiesto dalla Raggi all’Anac di Raffaele Cantone. Richiesta del 4 luglio, forse non a caso «il giorno dell’indipendenza». Il parere di Cantone è a doppia lettura: a norme vigenti l’incarico a Frongia come capo di gabinetto poteva anche essere assegnato (seppur come figura di staff del sindaco, non come dirigente apicale) ma lo stesso Cantone scrive che quella norma andrebbe rivista. In ogni caso, per Raggi, è un messaggio politico ai suoi «oppositori» esterni e interni. Frongia con la delega allo Sport ha un altro risvolto: a lui finirà uno dei dossier più importanti, quello sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024. Gli altri uomini sono quelli già noti: Paolo Berdini all’Urbanistica, Luca Bergamo alla Cultura, Marcello Minenna che avrà il «super-assessorato» a Bilancio, partecipate e Patrimonio, Adriano Meloni (indicato da Davide Casaleggio) a Commercio e Turismo. Cinque e cinque: la parità di genere, sancita dallo Statuto di Roma Capitale (e sulla quale i Cinque Stelle si sono «arrovellati» nelle ultime ore) è garantita. Ed eventuali ricorsi al Tar, come capitò a Gianni Alemanno, scongiurati. Anche perché, fuori dalla giunta, un ruolo decisivo lo avrà Daniela Morgante, magistrato della Corte dei Conti, che verrà nominata capo di gabinetto. Oggi, alla prima riunione dell’Assemblea Capitolina, cominceranno però le scaramucce con le opposizioni. Prima fra tutte, la «battaglia» degli scranni: M5S si vuole sedere a sinistra della presidenza (in Campidoglio ci sono due tribune contrapposte, non un emiciclo come in Parlamento), dove c’erano quelli del Pd. Che, per non essere «sfrattati» del tutto, dovranno stringersi nei pochi posti rimanenti. Per la «prima» in aula, ci saranno anche Giorgia Meloni, Roberto Giachetti (che ha rinunciato al compenso da consigliere comunale), Alfio Marchini e Stefano Fassina (che «benedice» la scelta di Minenna al Bilancio), i candidati a sindaco battuti dalla Raggi. Che, ieri, sera, fatta finalmente la giunta, è andata a festeggiare il compleanno di Luigi Di Maio su un barcone sul Tevere. Brindando, forse, al suo mandato da sindaca che inizia. E. Men. ERNESTO MENICUCCI SU CDS ROMA Niente direttorio, stavolta. Niente staff di comunicazione della Camera. Niente leader del Movimento. Ma, per quasi due ore, Virginia Raggi e la sua «squadra», da soli, faccia a faccia, per la prima riunione «informale» della giunta che sarà presentata oggi. Sulla piazza del Campidoglio fa un caldo africano, gli assessori cercano di svicolare da uno dei mille varchi del Palazzo Senatorio che è quasi «immarcabile» per i cronisti. Un paio di giornalisti provano (e ci riescono) ad intrufolarsi fino all’aula Giulio Cesare, ma vengono poi rispediti indietro dagli agenti. Bocche cucite, vertici «blindati», pochissimi spiragli lasciati alla stampa. Raggi è chiusa dentro, Andrea Lo Cicero scappa via prima del tempo («è andata benissimo», dirà) e si capisce che il suo nome è stato depennato dalla lista; Raffaele Marra, che doveva essere vicecapo di gabinetto, ha il morale sotto ai tacchi. La sindaca riunisce i suoi («la giunta nella sua composizione completa», fanno sapere i Cinque Stelle) e li «catechizza» in vista di questo pomeriggio, quando si presenteranno di fronte all’Assemblea Capitolina e quindi di fronte ai cittadini romani. Il suo messaggio è chiaro, in pieno stile M5S: «Domani (oggi per chi legge, ndr ) è una giornata storica», esordisce. E poi, dentro la Sala delle Bandiere (quella che, disse Ignazio Marino, aveva i segni delle sigarette spente sul parquet, nonostante il divieto di fumo), insiste: «Dobbiamo sempre ricordarci di essere dei cittadini “normali”, come tutti gli altri. Dobbiamo ricordarci da dove veniamo, dobbiamo restare tra la gente, con umiltà, senza chiuderci dentro le stanze del Palazzo». Sarà la «cifra» della sua azione di governo, da ora in avanti: «Se riusciremo a riavvicinare la gente alla politica e alle istituzioni, durante il nostro mandato, avremo già raggiunto un grande obiettivo». E ancora: «Roma è stata abbandonata dalla politica, noi che siamo cittadini competenti e qualificati dobbiamo tornare a starle vicino e restituirle la bellezza che merita». Molti la ascoltano, qualcuno la applaude. La sindaca, però, dopo una partenza piuttosto incerta, ha voglia di mettersi al lavoro. Ed ha già chiesto ai suoi assessori (che ha ringraziato per «la disponibilità mostrata») di arrivare alla riunione informale coi primi dossier da affrontare: dall’ open government (aprendo, cioè, il più possibile le decisioni politico-amministrative alla condivisione con i cittadini) alla lotta agli sprechi (cavallo di battaglia del M5S, oggetto anche di un libro scritto da Daniele Frongia), dalle Partecipate alla mobilità sostenibile, dal debito del Comune di Roma (ma la storia del pre-default fatta filtrare ieri, e già smentita dalla Raggi, è una «bufala») fino alle questioni legate alla gestione dei rifiuti e degli altri servizi pubblici della città. Fatta la squadra, ora Raggi deve governare. La sfida più delicata. SERGIO RIZZO IERI N elle ricostruzioni delle mappe del potere grillino successive alle amministrative prevale l’elemento familiare. Lunghissimo e sorprendente risulta l’elenco di consiglieri, assessori, presidenti di circoscrizione e presunti loro collaboratori che hanno fra di loro vincoli di parentela, senza dire dei rapporti coniugali o equipollenti. Succede nelle migliori famiglie politiche, si sa. E spesso sono gli stessi esponenti del Movimento 5 Stelle a stigmatizzare (giustamente, aggiungiamo) la commistione fra relazioni parentali e amministrative, come nel recente caso del figlio del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, quando si è profilato il suo approdo alla giunta comunale salernitana con un importante incarico. A maggior ragione, quindi, la straordinaria rete di relazioni familiari in quella che ormai è una vera e propria nomenclatura grillina non può non suscitare qualche riflessione. La prima è la già mancanza di una classe dirigente, conseguenza in parte della rapidità con cui il Movimento si è affermato, ma anche della inesistenza di palestre dove formarla (la rete a questo serve a poco). Carenza che costringe a curiosi ripescaggi di figure anche piuttosto usurate nei ruoli tecnici, e in mancanza di alternative può innescare la suggestione di ricorrere alle uniche persone di cui ci si può fidare, in un clima di generale diffidenza verso tutto ciò che non è il Movimento. E chi se non i familiari, che magari condividono pure la medesima fede politica. Ma indipendentemente, temiamo, da capacità e competenze. Chi fa l’esame al marito per stabilire se è adatto a fare il capo di gabinetto della moglie? Eliminare una classe dirigente considerata in larga misura corrotta, collusa e inadeguata è il primo passo se davvero si vogliono cambiare le cose. Ma sostituirla con le fidanzate, i figli o i congiunti dei colleghi di partito non ci sembra il modo migliore. Anche con le migliori intenzioni si chiama sempre allo stesso modo: nepotismo. REPUBBLICA.IT NAZIONALE - 07 luglio 2016 CERCA 16/17 di 60 7/7/2016 le città dopo il voto Roma, effetto quote rosa Raggi scarica Lo Cicero oggi inizia l’era 5Stelle L’ex rugbista dirottato dallo Sport ad “ambasciatore” della capitale Polemica sui posti in aula: i grillini vogliono quelli a sinistra, il Pd resiste GIOVANNA VITALE ROMA. Squadra fatta, ma blindata. Lontani i tempi delle riunioni in streaming, degli slogan sulla trasparenza, delle dirette social per dimostrare al mondo la diversità dei 5 stelle. Il primo incontro informale fra la neosindaca di Roma e gli assessori in pectore, ché ancora qualche problemino con le nomine Virginia Raggi continua ad averlo, restituisce la foto di una mutazione genetica del Movimento. Pronto a esibirsi in pubblico se c’è da fare opposizione; rinchiuso nel palazzo — a sedare la guerra fra correnti e confrontarsi con la futura giunta — quando c’è da governare. Esattamente quanto avvenuto dal giorno della proclamazione sino a ieri: con i dieci futuri governanti dell’Urbe costretti a imboccare un ingresso secondario, a non parlare con nessuno, obbligati persino a non rispondere al telefono. E così alla vigilia del debutto, oggi pomeriggio in Aula Giulio Cesare, sul dream team chiamato a guidare la capitale restano molte ombre. E nessuna ufficialità. Di certo c’è che il rugbista Andrea Lo Cicero, indicato prima del ballottaggio come assessore allo Sport, è stato sacrificato sull’altare delle quote rosa. Rispetto agli altri uomini, era lui l’anello debole. Quello che, se fosse stato nominato, avrebbe fatto saltare l’equilibrio di genere imposto per Statuto. Tant’è che, arrivato in Campidoglio con grande anticipo — «Sono emozionato come un bambino », saltellava felice — ha lasciato quasi subito i mancati “colleghi” riuniti con la Raggi in Sala delle Bandiere. Non entrerà nell’esecutivo ma sarà “ambasciatore di Roma nel mondo”, gli hanno promesso i grillini, obbligando anche lui alla consegna del silenzio per non perdere anche questa opportunità. La sua delega andrà al vicesindaco Daniele Frongia, il braccio destro e sinistro dell’avvocata penstatellata. E dunque, salvo ritocchi last minute, l’ultimo pallottoliere dice che la giunta sarà composta da cinque donne (Raggi compresa) e cinque uomini. Con l’assessora ai Trasporti contattata e “visionata” soltanto ieri, dopo aver inanellato una serie infinita di no: si tratta di Linda Meleo, classe 1978, ricercatrice in diritto dell’Economia alla Luiss. Insieme a lei, la compagine femminile vede schierate la manager dei rifiuti Paola Muraro all’Ambiente; la presidente dell’associazione Stati generali dell’Innovazione Paola Marzano a Semplificazione e Smart City; alle Politiche sociali la dirigente di Unicef Italia Laura Baldassarre, sponsorizzata dal vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, in partenza per Israele. I “maschietti” saranno invece rappresentati, oltre che da Frongia, dal dirigente Consob Marcello Minenna, che per accettare l’incarico ha preteso e ottenuto un super assessorato a Bilancio e Partecipate, che potrebbe ricomprendere pure il Patrimonio; allo Sviluppo economico l’ex ad di Expedia Adriano Meloni, grande amico di Davide Casaleggio e già socio del padre Gianroberto; Luca Bergamo alla Cultura; l’architetto Paolo Berdini all’Urbanistica, probabilmente accorpato ai Lavori Pubblici. «Ricordiamoci da dove siamo partiti. Siamo cittadini e tra i cittadini dobbiamo rimanere, girando per la città, restando tra i romani e riavvicinando la politica alle persone» ha detto la Raggi alla squadra convocata per fare amicizia. E ringraziata per la disponibilità mostrata accettando di far parte di «questo progetto ambizioso e innovativo». Sullo sfondo restano le polemiche fra i partiti, che già litigano per il posto da occupare in assemblea capitolina. Il M5s ha infatti deciso di sistemarsi a sinistra dell’emiciclo, «dove è sempre stata la maggioranza» e dunque il Pd. Che però non ci sta a essere sfrattato: «Staremo pure noi su quel lato, c’è posto per tutti», taglia corto l’ex presidente dell’Aula Valeria Baglio. Sapido antipasto dello scontro che verrà. NAZIONALE - 07 luglio 2016 CERCA 16/17 di 60 7/7/2016 le città dopo il voto Muraro è già in “conflitto” con l’Ama IL CASO/1. L’ASSESSORE RIVENDICA 200 MILA EURO PER UN BREVETTO. IN 15 ANNI HA AVUTO DECINE DI CONSULENZE ROMA. Pescare personale politico nella cosiddetta società civile, specie se le alte professionalità selezionate hanno sempre vissuto e lavorato nella città che intendono governare, può comportare qualche rischio: di conflitto d’interessi, soprattutto. Se ne sta accorgendo in queste ore il Movimento 5 stelle, alle prese con la composizione della giunta capitolina. Dove, a prendere la strategica delega all’Ambiente, sarà Paola Muraro, fin dal 2004 consulente di Ama, l’azienda dei rifiuti posseduta al 100% dal Campidoglio. L’ultimo incarico della neo assessora è scaduto il 30 giugno scorso. Ebbene, la manager dei rifiuti ha da almeno sei anni una questione in sospeso con la società che sarà presto chiamata a controllare. Una questione non da poco: la bellezza di 200mila euro, quantificati dai suoi avvocati a titolo di «equo premio» per la «concreta utilizzazione» di un brevetto da lei ideato (insieme ad altri tre ingegneri) nella sua veste di collaboratrice esterna. L’ultima diffida a pagare la somma richiesta, firmata dallo studio Palladino & partners, porta la data del 26 maggio 2016. La terza in sei anni. Con la quale i legali della Muraro esortano la municipalizzata a remunerare la loro assistita per aver inventato un particolare «processo di utilizzazione della Fos in atto». Si tratta, in sostanza, di una speciale lavorazione grazie alla quale gli scarti di alcuni materiali possono essere trasformati in manto stradale, barriere antirumore, piste ciclabili. Brevetto depositato nel 2011 e frutto di un progetto che Ama aveva affidato a un dirigente interno, all’assessora in pectore e a due tecnici del Centro sviluppo materiali spa. Incarico ben retribuito. Come le decine di consulenze da lei ricevute negli ultimi 15 anni. Basta scorrere l’elenco dei compensi versati dall’azienda capitolina ai professionisti non in organico: soltanto nel 2015 la Muraro ha incassato da Ama qualcosa come 280mila euro per una serie di attività di assistenza tecnico- amministrativa. Tornando, alla vigilia delle elezioni, a battere cassa. Con la minaccia implicita — in caso di diniego — di una causa in tribunale. Che però ai piani alti della società dei rifiuti sono convinti non si farà mai: «Si troverà un accordo, come accade spesso in questi casi». Chi invece rischia qualcosa in più è l’assessore all’Urbanistica Paolo Berdini. Sul quale il senatore ex An Andrea Augello ha presentato un’interrogazione al ministro del Tesoro per chiedere di accertare, tramite l’Agenzia delle Entrate, un presunto caso di evasione fiscale. Relativo a una parcella da 10mila euro incassata dall’architetto cooptato dai 5 stelle in Campidoglio per un progetto edilizio nella zona del Castello di Torrenova. Somma versata con assegno a titolo di acconto tra fine 2011 e febbraio 2012 e da Berdini depositata «per colmo dell’ironia» sul suo conto presso Banca Etica. Davvero una bella grana. E non è che l’inizio. ( gio. vi.) ©RIPRODUZIONE RISERVATA Su Berdini invece sospetto di evasione fiscale per una parcella da 10 mila euro AMBIENTE E TERRITORIO Paola Muraro e Paolo Berdini saranno rispettivamente assessori all’Ambiente e all’Urbanistica della giunta di Roma NAZIONALE - 07 luglio 2016 CERCA 16/17 di 60 7/7/2016 le città dopo il voto Dietrofront Giarrusso: no all’immunità GIOVANNA CASADIO IL CASO/2. IL SENATORE AVEVA CHIESTO L’INSINDACABILITÀ DOPO UNA QUERELA PER DIFFAMAZIONE ROMA. Il senatore Mario Michele Giarrusso alla fine ci ripensa. E non chiede più l’immunità parlamentare, con ciò ripristinando la bandiera che è sempre stata dei grillini, di cui è autorevole esponente, e che prevede di rifiutare qualsiasi “scudo”. Ma ce n’è voluto. E ancora a metà pomeriggio, Giarrusso, nonostante le accuse di incoerenza e di appartenere a «una nuova casta che infanga e scappa», piovute sul Movimento da parte del Pd e di Renzi, teneva salda la rotta, spiegando quanto aveva già illustrato nella memoria presentata alla giunta per le immunità di Palazzo Madama e scritta di suo pugno, essendo avvocato: «Chiedo l’insindacabilità per quanto detto...Il Pd lo fa apposta, guarda il dito invece che la luna ». E quale è la luna? Giarrusso racconta: la deputata dem Maria Gaetana Greco, sindaca di Agira in provincia di Enna, è stata fotografata sul balcone della sede del suo comitato elettorale con Giuseppe Giannetto, e la moglie, indicato dalla Digos come vicino a clan mafiosi. Giarrusso l’ha accusata di «complicità» il 23 maggio del 2015. Il giorno dopo la deputata e sindaca lo ha querelato. Dopo circa 9 mesi, nel febbraio del 2016 il senatore grillino presenta una interrogazione al Senato. Un atto ispettivo, si chiama in gergo parlamentare. E può così sollevare il caso e anche chiedere l’insindacabilità, quindi non risponderne in Tribunale. Alessia Morani, Davide Ermini, Andrea De Maria, tutti deputati dem, fanno partire il tam tam sull’incoerenza grillina. Ricordano che proprio Luigi Di Maio, il numero uno dei 5Stelle, aveva sfidato Renzi sull’immunità. La patata bollente finisce nelle mani di Dario Stefàno, il presidente della giunta per le immunità, che intanto affida ad Andrea Augello la relazione sul caso. In serata la giunta vota a maggioranza Pd-M5Stelle contro l’immunità al senatore grillino. Il presidente Stefàno commenta: «La giunta ha votato in linea con la giurisprudenza costituzionale su questa materia». Sottolinea però che Giarrusso la richiesta di immunità l’aveva rivendicata in sede processuale, una cosa su cui non si può poi dire a cuore leggero “ho scherzato”. Renzi stesso ieri ritwitta un video di Di Maio che affermava non sarebbe stata mai usata dai parlamentari 5Stelle l’immunità: «#stellecadenti, coerenza questa sconosciuta». Ettore Rosato, il capogruppo dem alla Camera denuncia: «La nuova casta grillina sulla immunità fa una metamorfosi stellare». Ma sono gli stessi 5Stelle che con una nota nel pomeriggio fanno sapere: «Voteremo no all’insindacabilità per Giarrusso». In giunta la discussione si accende. Augello è per non concedere l’immunità dal momento che la diffamazione è avvenuta non nell’esercizio del ruolo di parlamentare. Giarrusso aveva sostenuto: «L’immunità non è un privilegio, serve per fare denunce, io la uso per attaccare la mafia». Stop del Movimento e neppure lui la vuole più. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Il grillino ha cambiato idea dopo gli attacchi dei dem. E la Giunta vota contro lo “scudo” ELETTO NEL 2013 Mario Giarrusso è senatore dei 5Stelle dal 2013. Avvocato, collaborò con il giudice Caponnetto