varie, 7 luglio 2016
RISTORANTI PER SETTE A
Madrid al DiverXO dello chef David Muñoz, uno dei ristoranti tre stelle Michelin più esclusivi del mondo, «camerieri che saltano nudi sui tavoli, spingendo il cibo a forza nella bocca dei clienti, attraverso un imbuto d’oro. I cuochi spruzzano i condimenti sulle tovaglie, con pennelli intinti in salse dense e colorate e le incendiano con taniche di alcool puro e cannelli da cucina. Non ci sono posate ma solamente un gioco di dita imbrattate che passano il cibo da una bocca all’altra. Una coscia di piccione viene staccata da un animale vivo e cotta su braci ardenti, direttamente nel piatto. È uno scambio continuo di sedie tra vecchi, giovani, uomini, donne, grassi, magri, in una girandola di baci sottolineata dal lancio di uova crude. Un proiettore ripete sul soffitto il filmato di una telecamera che, dai bagni, rimanda le immagini di chi vomita nel lavello» (Federico Francesco Ferrero, Sta).
Tra i piatti del DiverXO: Guacamole di pomodorino, finocchio e avocado, con polpo di scoglio cotto a vapore e midollo di vitello; Sandwich croccante di coda di toro; Taco di huitlacoche (fungo parassita del mais), fiore di zucca e sherry Palo Cortado; Gazpacho agropiccante di fragole selvatiche e peperoncino chipotle affumicato; gambero rosso alla vaniglia e crocchetta liquida; il Milano o Bombay, ossobuco di manzo kobe con pomodorini alla brace, cardamomo e basilico insieme con un raviolo liquido di zafferano con yogurt tandoori e purea di rapa con burro di bufala e tartufo (ibidem).
Restaurant: prima di essere un posto dove andare, era una cosa da mangiare. Il termine, apparso intorno al 1750, era il nuovo nome del bouillon, il brodo di pollo o di manzo.
Il primo ristorante moderno nasce nel 1765 a Parigi. Lo apre Monsieur Boulanger all’angolo tra rue des Poulies e rue Bailleul, non distante dal Louvre, e vi serve un brodo sopraffino. Boulanger di professione fa il “marchand de bouillon”, letteralmente “mercante di brodo”. Sopra la porta del locale di rue des Poulies, oggi rue du Louvre, campeggiava un cartello con su scritto: “Boulanger serve qui dei ristoranti divini”, dove con il termine “ristorante” si identificava il brodo ristretto servito sul posto dal proprietario in persona o dalla consorte. Monsieur Boulanger, puntando su piatti salutari e di qualità superiore, da consumare seduti in tavoli individuali e in un ambiente dall’arredamento dignitoso, pulito e tranquillo, rispetto alle spoglie e rumorose taverne dell’epoca che presentavano tavolate uniche ed erano specializzate più in bevande alcoliche che nel cibo, ottenne un istantaneo successo presso la borghesia e l’aristocrazia parigina.
Altra particolarità del locale di Boulanger, l’apertura fino a una certa ora della sera e il menù affisso all’entrata. Dal brodo quale portata principe, accompagnato da carni bollite e uova, il ristorante ampliò a poco a poco la scelta giungendo a servire dei piedini di montone in salsa bianca talmente saporiti e rinomati da suscitare perfino la golosità del diffidente Luigi XV, che se li fece servire a Versailles. Spronato dalla notorietà acquisita in breve tempo, Boulanger aprì altri due ristoranti, uno nel 1773 e l’altro nel 1782. Prima di lui, a Parigi si poteva pranzare o cenare in forma spartana nelle taverne oppure nei cabaret, dove si servivano soltanto carni arrosto.
Table d’hôte: il posto in cui si andava se si voleva mangiar fuori, a Parigi, nella prima metà del Settecento. Una tavolata pubblica (ma le donne erano escluse) dove si prendeva quello che veniva servito.
I ristoranti guardati con sospetto dai giacobini del Terrore. La Rivoluzione, nei suoi momenti più radicali, incoraggiava le tables d’hôte dove ci si sedeva in lunghe tavolate.
Mathurin Roze de Chantoiseau, che si presentò come il primo restaurateur. Nel suo ristorante, in rue Saint-Honoré, e negli altri simili «potevi entrare quando volevi e mangiare quel che volevi, scegliendo da una lista di piatti limitata ma ragionevolmente ampia, sederti al tuo tavolo con gli amici, e dire a te stesso che lo facevi per la salute». Con il pretesto della salute anche le donne adesso potevano andare al ristorante.
«Qui ognuno mangia solo…» (Diderot a proposito del ristorante di Roze).
I ristoranti troveranno larga diffusione in Francia dopo la Rivoluzione, quando i cuochi al servizio un tempo dei nobili espatriati apriranno loro locali o si impiegheranno nelle cucine di esercizi già avviati, che diverranno ritrovo abituale di avvocati, giornalisti, politici e nuovi notabili figli della rivoluzione. La definizione “ristorante” sarà sancita in via definitiva dal decreto dell’8 giugno 1786, con il quale si autorizzavano appunto i ristoranti del regno a servire pasti ai clienti.
Piatti in un ristorante parigino del primo Ottocento, equivalente a un attuale “tre stelle”: sauté di filetti di allodola, aspic di filetto di beccaccia con latte di mandorla e gallette, pollo al burro di gamberi ecc.
Ultimo decennio del Settecento, i nuovi ristoranti abbandonano il servizio in stile francese (o banquet) a favore di quello che gli stessi francesi chiamano servizio alla russa. Invece di una gran quantità di piatti deposti sulla tavola dai domestici, le portate arrivano una dopo l’altra.
A Torino l’8 marzo 1931 fu inaugurata la Taverna Santopalato, pensata e creata dai futuristi Diulgheroff e Fillìa. «Dopo una febbrile giornata di intenso lavoro nella cucina, dove i futuristi Fillìa e P.A. Saladin gareggiavano con i cuochi del ristorante, Piccinelli e Borghese, nella presentazione delle vivande», fu servito questo menù: antipasto intuitivo; brodo solare; tuttoriso con vino e birra; aerovivanda, tattile, con rumori e odori; ultravirile; carneplastico; paesaggio alimentare; mare d’Italia; insalata mediterranea; pollofiat; Equatore-Polo Nord; dolcelastico; reticolati del cielo; frutti d’Italia.
Inaugurato lo scorso giugno (2016) The Bunyadi, il primo ristorante per nudisti di Londra. Appena arrivano, gli ospiti vengono accolti in uno spogliatoio con armadietto e lucchetto dove lasciare i propri vestiti e gli viene consegnato un accappatoio fresco di bucato con il quale raggiungere il tavolo e da tenere come appoggio sulla propria sedia. I tavoli, fatti con ceppi di legno, sono separati gli uni dagli altri da divisori in bamboo. Le posate sono commestibili, i piatti di argilla e le pietanze senza alcun additivo o trattamento particolare servite a lume di candela. The Bunyadi, senza elettricità, senza gas, offre l’opzione di mangiare anche vestiti. I camerieri possono scegliere se consegnare i piatti nudi o coi genitali coperti. Obbligatorio lasciare tablet e cellulari nell’armadietto. Prezzo a persona: tra le 55 e le 65 sterline, bevande incluse.
Il Ninja Akasaka Restaurant di Tokyo (Giappone) impone ai clienti delle prove prima di farli mangiare: tra le altre superare alcuni ostacoli e percorrere un labirinto al buio, accompagnati da un finto ninja. In ogni stanza c’è un unico tavolo, e tra una portata e l’altra i camerieri si esibiscono in giochi di prestigio.
Il Funny Sex Restaurant di Kaohsiung, Taiwan. All’ingresso si è accolti da un gigantesco pene di legno. In attesa delle pietanze, i camerieri portano ai tavoli bambole gonfiabili in lingerie. Piatti forma di seni, in bagno porta sapone a forma di fallo o di seni.
Nel 2015 ha aperto a San Francisco Eatsa, il primo ristorante totalmente automatizzato del mondo: il cliente sceglie tra otto menù su uno schermo touchschreen, i robot cucinano, il piatto pronto viene trasportato dalla cucina a una delle finestrelle a parete dove il cliente lo ritira e poi paga con la carta di credito.
Tre ristoranti di Guangzhou, in Cina, si erano affidati a camerieri robot, ma hanno scoperto che sono meglio quelli in carne ed ossa: due locali hanno già chiuso, e il terzo ha tenuto solo un robot dei sei iniziali ed è tornato allo staff umano. Secondo il sito Shanghai List ogni macchina costa settemila euro di noleggio, più le spese per le riparazioni e l’elettricità. All’inizio attiravano la clientela, ma a causa della loro limitata mobilità non erano di grande aiuto, visto che per esempio non potevano versare da bere, portare le zuppe o prendere le ordinazioni.
A Dubai è stato inaugurato il ristorante più alto del mondo. Si chiama At.Mosphere ed è al 122° piano della torre Burj Khalifa, a 422 metri da terra. 2011
Al ristorante Inamo di Londra ci sono tovaglie interattive, menu su monitor touchscreen e una webcam per controllare il percorso del cibo ordinato, dalla cucina al tavolo.
Il ristorante Kayabukiya di Utsunomiya, vicino a Tokyo, ha tra i camerieri due macachi, Fuku e Yat, che per due ore al giorno portano ai clienti bibite e salviette calde per le mani. Kaoru Otsuka, proprietario del locale: «Sono meglio di mio figlio».
In Giappone, alcuni ristoranti servono su richiesta del cliente cani e scimmie arrosto, cervella di scimmie semifredde, larve di api lesse, cavallette fritte, pesci da mangiare vivi, ovaie di branzino, genitali di galli, maiali, tori eccetera.
Al ristorante Goulizhuang di Pechino, si servono esclusivamente piatti realizzati con genitali di serpenti, gabbiani, anatre, yak, cervi, cavalli. Secondo i gestori i loro ingredienti, «accuratamente selezionati e cucinati in maniera raffinata», sarebbero un toccasana per la libido dei clienti. Tra le specialità del locale, lo "spezzatino di pene di yak" e i "testicoli di pecora al curry".
Servita nei migliori ristoranti di Singapore la zuppa fortificante con pene: intero se appartiene a maschio di dimensioni ridotte; tagliato a rondelle se l’animale è di proporzioni considerevoli. Sembra che un piccolo pene di coniglio "«faccia miracoli», anche più di quello di coccodrillo, «che però è molto saporito».
Ricetta del *taco de rata* (*polpette di topo di fogna*), servito in alcuni ristoranti di Città del Messico, secondo Luca Sinesi, giornalista free-lance di Bari, vissuto lì per anni: «Dopo aver disossato il ratto, far bollire due uova in acqua fredda per sette minuti e asciugarle. A parte, lessare un po* di spinaci con un pugno di sale. Stendere la carne, cospargerla della verdura (già strizzata), poggiare sopra le uova e arrorolarla a mò di braciola. Cospargere un tegame antiaderente con un velo di olio d*oliva extravergine e poggiarvi la carne insieme agli altri ingredienti, contornata di patate. Condire il tutto con aglio, formaggio grattugiato, sale, e metterlo in forno per quaranta minuti circa. Alla fine, tagliare a fette il topo di fogna farcito e servire a tavola con buon vino rosso primitivo».
Leggenda metropolitana: nei ristoranti di Taiwan si può assaggiare carne di neonato.
La voce «coperto» nasce ai tempi in cui ci si portava il cibo in una gavetta, da casa, e stava a indicare l’apparecchiatura, pur sommaria, della tavola all’osteria. Le posate, un bicchiere, il pane.
Nella Roma di una volta la mancia veniva chiamata «magna», perché i camerieri dei ristoranti non avevano uno stipendio fisso, il loro unico mezzo di sostentamento consisteva nelle piccole somme lasciate dai clienti per ringraziarli del servizio.
Nel 2007 il miliardario russo Roman Abramovich mangiò alla Locanda Lorena, isola di Palmaria, crudo di scampi, spaghetti ai frutti di mare e impepata di cozze. Mancia: 400 euro.
Sean Connery, odiato dai camerieri di tutto il mondo perché non ha mai scucito una mancia in vita sua.
Generosità di Proust: lasciava come mancia il doppio dell’intero conto.
Passione di Alberto Moravia per i ristoranti cinesi, dov’era solito ordinare solo riso in bianco.
Edith Piaf, che al ristorante sceglieva lei il menù e lo imponeva a tutti per risparmiare tempo.
La volta che Pablo Neruda abbandonò precipitosamente il ristorante dove il cameriere gli mostrava un’aragosta viva scelta per il pranzo, non sopportando l’idea d’essere lui la cuasa della morte del crostaceo.
Al ristorante Biffi Scala, prima di andare in scena, Maria Callas ingurgitava otto etti di filetto al sangue.
Un’indagine della Coldiretti ha svelato che solo il 20% degli italiani chiede al ristorante la doggy bag. Il 25% ritiene che chiederla sia un comportamento da cafoni e poveracci, o comunque si vergogna. Circa il 28% elimina il problema alla radice, spazzolando tutto quello che c’è nel piatto.
Michelle Obama che durante la sua prima visita ufficiale a Roma uscì dal ristorante I maccheroni con la doggy bag piena di avanzi di amatriciana, lasagna e pasta alla carbonara.
La musica spinge i clienti di un ristorante a spendere di più. Poiché veicola un’immagine particolarmente sofisticata, le persone adottano un comportamento simile e tendono a scegliere prodotti più nobili e più cari.
Sempre più numerosi in Italia gli appassionati di cucina che per una sera trasformano la loro casa in ristorante. A mettere in contatto cuoco e clienti è Internet. Fioriscono app e siti dedicati, il primo dei quali, per creazione e numero di iscritti, si chiama Gnammo: gli utenti iscritti sono 160 mila, quelli che hanno già fatto l’esperienza 10 mila, i cuochi 4 mila. Il meccanismo è semplice. Il cuoco mette in rete l’indirizzo di casa, la data, il menu e il costo della cena, il numero dei posti disponibili e magari le recensioni di chi ha già partecipato. I clienti si iscrivono, pagano, cenano e poi commentano.
Tre milioni di italiani (59,4% della popolazione) cenano al ristorante almeno tre volte alla settimana, scegliendo soprattutto pizzerie, con una spesa di 22,40 euro; 6,6 milioni di italiani (il 63,6% della popolazione) pranzano fuori casa nel week end almeno 3 volte al mese (dal Rapporto Fipe 2015 sulla ristorazione).
L’Italia è al terzo posto in Europa – dopo Regno Unito e Spagna - per quel che riguarda il mercato della ristorazione, che vale complessivamente 504 miliardi di euro: solo in Italia si spendono 76 miliardi di euro l’anno. In rapporto alla popolazione e a parità di potere d’acquisto, la spesa pro-capite è in Italia del 22% superiore a quella media europea e del 33% alla spesa della Francia, e il settore impiega, in media d’anno, 680.693 lavoratori dipendenti, pari al 71% del totale nazionale del comparto del turismo (dal Rapporto Fipe 2015 sulla ristorazione).
Nel giugno 2016 l’"Osteria Francescana" di Modena dello chef Massimo Bottura è stata incoronata come miglior ristorante al mondo. E’ il primo ristorante italiano a salire in vetta dei "50 Best Restaurant", la classifica considerata una sorta di Oscar della gastronomia. L’Osteria Francescana supera così il vincitore dell’anno scorso, lo spagnolo "El celler de Can Roca".
Tra i ristoranti più strani del mondo l’Ithaa Undersea Restaurant, alle Maldive: un locale a cinque metri sotto il livello del mare dove solo 12 persone possono cenare contemporaneamente rimirando la fauna marina. Prezzo: circa 250 dollari a testa. In Cina il ristorante Fangweng è piazzato su una scogliera a strapiombo sul fiume. The Yellow Treehouse Restaurant in Nuova Zelanda è a 40 metri da terra in cima a un albero. In Thailandia al The dining pod si cena in un una sorta di nido di bambù in cima a un albero, con vista mare. Villa Escudero Resort, nelle Filippine, consente ai propri ospiti di mangiare proprio a ridosso delle cascata Lebasin Falls mentre l’acqua scorre sotto i loro piedi.
Il ristorante più caro del mondo è Sublimotion, a Ibiza: 1.850 dollari (1.700 euro) a testa. Qui il celebre chef Paco Rancero propone venti minuscoli assaggini, però il prezzo non dipende solo nel cibo né dalla preparazione, dal servizio o dal trasformismo di cose che compaiono nel piatto sembrando una cosa e sono invece un’altra. Tavolo e pareti sono giganteschi schermi sui quali compaiono decori e ambienti che arricchiscono l’esperienza dei cibi e avvolgono a 360 gradi i commensali. Musica ed effetti sonori sono diffusi a tempo con le pietanze. Neppure i piatti sono piatti, ma cioccolato travestito da foglia di vite, olio solidificato travestito da riso, pane disidratato camuffato da terra da cui cogliere le (ricostruite) verdurine per l’insalata. A cosa servono i video? La portata «Picnic a New York» si mangia immersi nelle immagini di Central Park; la portata «Versailles» nei suoni e nei colori del giardino reale francese dove d’improvviso inizia a piovere e l’acqua riempie la tavola; eccetera.
«Ho portato la mia ragazza nel ristorante più caro di Milano. Ho pagato talmente tanto che prima di portarmi il conto il personale del locale ha osservato un minuto di silenzio» (Bruschetta).
«Negli Stati Uniti si mangia veramente male. In certi ristoranti con il conto ti portano anche la prognosi» (Antonio Ricci)
«L’uomo non è fatto per prendere delle decisioni. Basta vederlo al ristorante, davanti ad un menù» (Roberto Gervaso)