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 2016  luglio 07 Giovedì calendario

Beau Solomon, 19 anni. Americano del Wisconsin, viveva a Spring Green, piccola comunità non molto distante dalla capitale Madison, con la madre, il padre e tre fratelli

Beau Solomon, 19 anni. Americano del Wisconsin, viveva a Spring Green, piccola comunità non molto distante dalla capitale Madison, con la madre, il padre e tre fratelli. Ragazzone di quasi cento chili, aveva la passione per lo sport: faceva il quarterback nella squadra locale di football ma amava anche il basket e il golf. Aveva finito il college in soli tre anni, voleva studiare all’estero, sognava di fare il politico. Da piccolo era stato colpito da una rara forma di cancro. Ci aveva combattuto per dieci anni, l’avevano salvato chemio e radioterapie e il suo caso aveva commosso gli americani perché nel 2005 era stato uno dei 15 bambini della «Make a Wish Foundation», la fondazione che realizza i desideri dei bambini gravemente malati: aveva potuto incontrare il suo idolo Brett Favre, il quarterback campione dei Green Bay Packers, squadra della National Football League. Arrivato a Roma nella mattinata di giovedì 30 giugno per frequentare un corso di economia di cinque settimane alla John Cabot University in via della Lungara, a Trastevere, quella sera, con undici colleghi, era andato a fare un giro nel rione, poi si era seduto G-Bar in vicolo del Cinque. **** Quando Beau Solomon è stato spinto nel Tevere era ancora vivo. Stordito dall’alcol, però, lo studente americano della John Cabot non è riuscito a nuotare fino a riva: l’acqua ha riempito i suoi polmoni facendolo annegare. È questo il verdetto dell’autopsia effettuata ieri mattina all’istituto di Medicina legale della Sapienza dal professor Giorgio Bolino. Pochi dubbi anche sulla ferita sulla fronte del 19enne, scomparso nella notte tra giovedì e venerdì e ritrovato cadavere lunedì. Il taglio dovrebbe essere stato causato da una delle pietre che affiora dall’acqua a pochi metri da ponte Garibaldi. Un mistero in meno in attesa dell’interrogatorio di garanzia di Massimo Galioto, che continua a dire di essere stato incastrato dai suoi amici, «non ero solo», ha ripetuto ieri. Davanti al gip Maria Agrimi, questa mattina il punkabbestia accusato di aver ucciso il ragazzone del Wisconsin spingendolo nel Tevere, dovrà rispondere dell’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Ma le indagini del pm Marcello Monteleone e della polizia andranno avanti anche dopo l’udienza di convalida. Ad affiancare la squadra mobile ci saranno gli 007 dell’Fbi: lavoreranno al giallo della carta di credito di Beau, sparita nel nulla e utilizzata a Milano per prelevare 1.500 euro. Potrebbe essere finita nelle mani di un turista sciacallo, forse un connazionale della vittima. Gli investigatori, poi, continueranno a passare al setaccio i vicoli di Trastevere. È aperta la caccia ad altre due persone: la procura ora è convinta che il 19enne arrivato a Roma per un corso estivo non sia stato rapinato, ma che sia stato agganciato da due ragazzi, forse nordafricani, e convinto a scendere assieme a loro sulla banchina del Tevere da ponte Sisto. Ieri gli agenti della questura sono tornati sul posto, chiedendo ai gestori dei pub tra via Benedetta e vicolo del Cinque i video delle telecamere di sorveglianza. Beau è stato visto da solo intorno all’1.30 di venerdì allo Sloppy Sam’s, locale in via di Ponte Sisto. Alla ricerca di una pinta, forse l’ennesima della serata, è stato poi respinto dai titolari del “Ma che siete venuti a fa”. A quell’ora la birreria era in chiusura. A quel punto — qui saranno determinanti i filmati — dovrebbe essere stato avvicinato da due ladri specializzati in turisti alticci, forse con la scusa di bere assieme un altro bicchiere. Il resto è cronaca: Beau è sulla banchina in stato confusionale, senza più cellulare e portafoglio, e vaga fino sotto ponte Garibaldi. I cani svegliano il gruppo di punkabbestia che vive lì e l’americano si imbatte in Galioto. Dopo uno scambio di spinte, il 19enne finisce in acqua.