R.R., pagina99 2/7/2016, 2 luglio 2016
CARTE BOLLATE E SCATOLE CINESI, DAGLI AGNELLI AI CAPROTTI
La più famosa e drammatica saga ereditaria italiana non potevache riguardare la dinastia-simbolo del capitalismo, gli Agnelli. Un anno fa la Cassazione ha messo la parola fine alla causa intentata da Margherita Agnelli de Phalen, 60 anni, figlia secondogenita dell’Avvocato – il fratello Edoardo era morto suicida nel 2000 – contro la madre Marella Caracciolo ed i legali di famiglia Gianluigi Gabetti, Franzo Grande Stevens e Siegfried Maron. Margherita nel 2003 aveva accettato, e poi impugnato, la parte di eredità del testamento del padre: 1,2 miliardi di euro, compreso l’acquisto delle sue quote di una società, la Dicembre, tra le varie scatole ideate da Gianni Agnelli per blindare una successione con dieci rami familiari rappresentati nella Giovanni Agnelli Sapa, a sua volta azionista della holding Exor. Il meccanismo per mantenere tutto in famiglia è che chi vende deve proporre la quota a un discendente o ascendente diretto. Con l’accordo tombale del 2003 Margherita aveva ceduto ai figli John, Lapo e Margherita avuti dal primo marito Alain Elkann; e oggi John è presidente tra l’altro di Fiat Chrysler Automobiles. A lui e ai cugini Andrea Agnelli e Alessandro Nasi spetterà di indicare il successore di Marchionne.
Più liscia è andata finora ai De Benedetti. L’81enne Carlo nel 2013 ha trasferito a titolo gratuito ai figli Rodolfo, Marco ed Edoardo la totalità della Carlo De Benedetti & Figli Sapa (stessa creatura societaria degli Agnelli), valutata 1,5 miliardi. L’Ingegnere ha tenuto per sé la Romed, cassaforte finanziaria personale della quale è amministratore unico con retribuzione di 2,5 milioni l’anno. Non così potrebbe finire per Silvio Berlusconi. La degenza al San Raffaele ha visto i figli del primo matrimonio (Marina e Pier Silvio) e del secondo (Barbara, Eleonora e Luigi) avvicendarsi in una parvenza di unità. Ma il patrimonio da circa 10 miliardi e le diverse mire personali potrebbero indurre a rivedere l’accordo che assegna a Marina e Pier Silvio gli asset editoriali – Mondadori e Mediaset – e agli altri tre le quote e le rendite delle attività finanziarie, immobiliari, il Milan e altro. La divisione non soddisfa Luigi, che ha studiato da banchiere e non accetterebbe la coabitazione in Mediolanum con Ennio e Massimo Doris; né Barbara, che mira a un risarcimento per il Milan in vendita ai cinesi. Risultato: la holding Fininvest, dove Danilo Pellegrino, vicino a Marina, è stato appena promosso amministratore delegato, potrebbe liquidare gli asset non editoriali divenendo più simile a una cassaforte familiare.
Né la successione è stata indolore alla Pirelli, dove Marco Tronchetti Provera, genero (sposato e poi divorziato dalla figlia Cecilia) del patriarca Leopoldo, nel ’92 prese la guida del gruppo in crisi. Oggi l’azienda è tutta nelle mani della ChemChina Corporation e nessun Pirelli siede negli organi direttivi. Alle carte bollate si è invece arrivati tra Bernardo Caprotti, 90enne fondatore della Esselunga, ed i figli di primo letto Violetta e Giuseppe, per la proprietà e il controllo del gruppo. Mentre alla Luxottica sarebbe Nicoletta Zampillo, sposata due volte dal patron Leonardo Del Vecchio, ad ispirare il frenetico avvicendamento di top manager (Andrea Guerra, Enrico Cavatorta, Adil Khan) con lo scopo, dicono, di assicurarsi la propria quota ereditaria. Altre dinastie già blasonate – i Merloni, i Pininfarina, i Bertone – non hanno retto alla globalizzazione. La tutela fiscale non è bastata.
(R.R.)