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 2016  luglio 05 Martedì calendario

PERIN: «LA MIA VITA SPERICOLATA» – Capitano coraggioso, pirata di bandiera; mani forti a difesa della porta, dita rabbiose sulla tastiera; esuberanza dei 23 anni, carisma da leader

PERIN: «LA MIA VITA SPERICOLATA» – Capitano coraggioso, pirata di bandiera; mani forti a difesa della porta, dita rabbiose sulla tastiera; esuberanza dei 23 anni, carisma da leader. Shakerate e avrete Mattia Perin. Lo avevamo lasciato il 9 aprile a Reggio Emilia, fascia al braccio, in Sassuolo-Genoa 0-1, a difesa dei pali nonostante un crociato rotto in una delle sue uscite da Sandokan; lo ritroviamo ora a Villa Stuart, pronto per il ritiro dei rossoblù (11 luglio). Nel mezzo l’intervento, l’addio a Europeo e Nazionale, gli auguri, uno scivolone «social» da brividi e una riabilitazione prodigiosa. Avanti e indietro fra Roma e la natia Latina, scarrozzato da papà o fidanzata, perché al momento senza patente. Munoz gliel’ha pagata una cena per quel contrasto fortuito? «No, ma si è scusato, sono cose che capitano, spero di fare con lui altre battaglie». Più dura la riabilitazione, l’addio all’Europeo o seguire l’Italia dal divano? «Tutte e tre le cose: la riabilitazione è stata pesante; l’aver perso la Nazionale una ferita dopo la fatica per recuperare dall’infortunio alla spalla, e dal divano ho sofferto, ma i miei compagni sono stati grandi». Aveva promesso un recupero lampo, ma ha stupito tutti: solo forza di volontà? «Diciamo che unendo un chirurgo come il professor Mariani, un centro come Villa Stuart e tanto sudore è stato più rapido dei tempi standard». Il Genoa dà all’Italia lei e anche il preparatore Spinelli: sotto la Lanterna la scuola è buona. «Lui è un grande professionista, sempre aggiornato. Poi c’è sinergia con i nostri settori giovanili: chi sale di squadra sa già cosa vuole il tecnico». Nel suo futuro ora ci sono Ventura e Juric. «Io dovrò solo lavorare duro per mettere in difficoltà il c.t. nelle scelte; Juric l’ho avuto nella Primavera: ha idee chiare e carattere forte, se lo seguiamo faremo bene». Azzurro, ma tanto rossoblù: è difficile essere una bandiera a 23 anni? «Io mi sento un leader dello spogliatoio per tutti gli anni passati qui e quello che do in campo. Altrimenti vorrebbe dire che ho lasciato poco di me». Scoglio diceva di essere un educatore; Gasperini, il migliore per i risultati con una squadra cambiata a ogni sessione di mercato, come lo definirebbe? «Un docente di calcio: con me usava bastone e carota». Buffon è il suo idolo: fino a che punto arriva l’emulazione del personaggio? «Da piccolo anche nei guanti o nei capelli, poi crescendo ognuno trova il proprio stile. Dopo ogni allenamento con lui imparo sempre qualcosa: Gigi conserverà giustamente la maglia azzurra fino ai prossimi mondiali». Pure lui ha fatto degli scivoloni come il «boia chi molla», ma la sua replica alle provocazioni dei tifosi del Frosinone, con le violenze di Vallecorsa è stata terribile. Cosa vuole aggiungere? «Mi scuso ancora con chi si è sentito offeso da quella frase, non avrei mai dovuto citarla anche perché non ne conoscevo bene la gravità storica. Ho sbagliato. Ricordo che Papa Francesco ha detto che se un amico gli offende la mamma è normale che si aspetti un pugno. Una metafora. A me e famiglia è stata augurata la morte...Però dovevo stare calmo, siamo personaggi pubblici e non possiamo permetterci certe scivolate». Perché il calcio regala favole come l’Islanda, ma è anche terreno fertile per insulti legati a razza, guerre, Heysel, Superga, Vesuvio...? «Ci vuole poco a passare dallo sfottò a certi orrori e con tanti tifosi è difficile controllare che non si vada oltre, ma certe cose non andrebbero toccate». Il calcio l’ha salvata da qualcosa, o aveva un piano-B? «La mia famiglia è semplice, come me: aveva un bar e io aiutavo facendo cappuccini, sia da piccolo per guadagnarmi la paghetta, sia quando ero già in A. Vedevo le difficoltà. Senza calcio avrei fatto fruttare gli studi magistrali, poi a Pescara ho capito che solo il duro lavoro ti ripaga. Nel calcio e nella vita». Preziosi l’ha paragonata a Marco Rossi che accettò la serie C, dicendo che «finché vorrà, Perin resterà», ma il suo procuratore dice che lei è pronto per una big. Dov’è la verità? «Ognuno cerca di fare i propri interessi, ma ora non è proprio il momento di lasciare il Genoa: sento di potergli dare ancora molto, ma non posso ovviamente sapere se ci resterò a vita». Il Grifo è al 10° anno di fila in A; il record è di 15 fra il 1935 e il 1951: si può battere? «Con l’organizzazione si può, il Genoa è una piazza che non merita di lottare per la salvezza». Scelga un sogno: una finale con l’Italia, un trofeo con il Genoa, una maglia in A con il Latina? «La lampada di Aladino ne dava tre, li voglio tutti». Ci vuole più coraggio a scusarsi dopo un errore, come ha fatto lei, o a lanciarsi con il bungee jumping? «Sbagliare e scusarsi non è difficile, è anzi un importante percorso di crescita; buttarsi da 200 metri con il bungee jumping sì. È pazzesco. Al confronto un lancio con il paracadute è una barzelletta». Altro che parare critiche e rigori...