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 2016  luglio 02 Sabato calendario

GAY TALESE, SCIVOLONE SULLA BUCCIA DEL GUARDONE DEI MOTEL AMERICANI

Se sei proprietario di un motel a Aurora, Colorado, dove Nabokov ambientò una sosta di Lolita (“Nel Colorado, con ogni cosa a posto: i bianchi, larghi calzoncini da ragazzo, la vita sottile, sopra la vita la pelle nuda color albicocca”), il minimo che tu possa fare è costruire un corridoio insonorizzato sopra le stanze in modo da poter spiare i clienti. È quel che ha fatto tale Gerald Foos, gestore di un motel dagli anni ’60 ai ’90, che verso gli ’80 pensò di raccontare a Gay Talese, l’inventore del New Journalism che stava conducendo un’inchiesta sul sesso in America da costa a costa, il film che gli era passato sotto gli occhi nell’arco di quasi trent’anni.
Con l’aiuto di sua moglie, Foos aveva fatto dei buchi rettangolari nel soffitto di una dozzina di stanze, poi li aveva ricoperti con fogli di alluminio in modo che sembrassero griglie di areazione, e per decenni aveva osservato quello che accadeva lì sotto, tenendo un preciso registro del comportamento dei suoi ignari clienti. Quelle vicende, tra cui l’omicidio di una donna, sono finite nel libro di Talese The voyeur’s motel, la cui uscita è prevista per il 12 luglio, di cui è il New Yorker ha pubblicato un estratto ad aprile con una veste grafica al neon caramellosa-lolitiana. “Io conosco un uomo sposato e padre di due figli che comprò un motel di 31 stanze vicino a Denver molti anni fa allo scopo di diventarne l’inquilino guardone”, è l’incipit strepitoso del libro. Un’ottima, croccante, non edificante storia americana che ha sollevato lo scandalo commisurato all’attrito tra il culto della privacy anglosassone e la perversione del gestore, che poi è quella di tutta una cultura, tanto che Steven Spielberg ne ha acquistato i diritti per un film.
Non fosse che negli Stati Uniti il fact checking è una religione, e il Washington Post ha scoperto che molte delle vicende raccontate (e anticipate dal New Yorker) non sono esatte, e dunque non sono vere, principalmente per il motivo che la fonte di Talese è quello che dalle nostre parti è tecnicamente noto col nome di cazzaro. Pare infatti che Foos abbia venduto il motel nel 1980, per riacquistarlo solo nell’88, e dunque i fatti narrati inerenti a quegli anni, compreso l’omicidio di una donna che invece sarebbe stato di un uomo, sono da ritenere inventati.
“Non avrei dovuto credere a una sola parola di quello che mi ha detto”, si dispera ora Talese, che ha pubblicamente rinnegato il suo libro e si rifiuta di andare in giro a parlarne: “Come potrei promuovere un libro la cui credibilità è finita nel cesso?”. Se questo di fare uscire una storia sconvolgente e pruriginosa per poi disconoscerla in quanto falsa a noi pare un ottimo metodo, è solo perché non ci scorre nelle vene l’etica e l’epica del Nuovo Giornalismo, fondato sulla liturgia della verità trasposta in una prosa cristallina, meticolosa, seppure meta-voyeuristica come in questo caso. Ci scorrono ancora sulla rètina le immagini di Bella di giorno, ci palpita in petto l’azzardo de La finestra sul cortile, ci allerta la minaccia de L’occhio che uccide, e non vorremmo rinunciare a leggere questa storia maniacale solo perché il suo ispiratore può essersi inventato qualche dettaglio.
Se Emannuel Carrére avesse dovuto rinunciare a pubblicare Limonov per l’inattendibilità del protagonista (il ribelle nazi-comunista anti-putiniano Eduard Limonov), non ne avremmo letta una sola riga. Ma per Talese sarebbe un po’ ironico, cioè tragico, piantare un’altra pietra lungo il cammino inaugurato da lui del romanzo-verità, quando ogni singola sillaba di quella materia incandescente può essere il frutto della menzogna.
Ma la storia di un uomo che in accordo con sua moglie spia la gente da un buco sul soffitto, e che per anni tiene un registro meticoloso delle cose viste, con precise statistiche di (cito e traduco dall’estratto di Talese) “cosa hanno fatto; cosa hanno detto; le loro caratteristiche individuali; età e corporatura; zona del Paese da cui provengono; i loro comportamenti sessuali”, che sia vera o no, è una storia straordinaria, di clamoroso valore letterario.
di Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 2/7/2016