Vittorio Lingiardi, il venerdì 1/7/2016, 1 luglio 2016
STORIE DI CINEMA TRA SESSO E FEDE
Sessualità e religioni, un tema infernale. Il cinema prova a raccontarlo, spesso riuscendovi. Di solito con storie di umiliazioni e soprusi, ma anche di unioni mistiche o meraviglia creaturale. Si potrebbe costruire una cineteca divisa per religioni (un posto d’onore al ceppo abramitico: cristianesimo, ebraismo, islam) o, più trasversale, per argomenti: sessuofobia, castità forzata, pratiche correttive, ecc.
Titoli che mi vengono in mente: Magdalene di Mullan, con maltrattamenti conventuali ai danni di giovani madri irlandesi peccatrici; repressione e follia orgiastica nei Diavoli di Ken Russell (il poeta Raboni lo recensì su Avvenire e si dice che perse il posto): pedofilia seriale vescovile nel film-inchiesta di McCarthy II caso Spotlight, tentazione e castigo in Eyes Wide Open, stupenda opera prima dell’israeliano Tabakman: vite violente di quattro prostitute marocchine in Much Loved di Ayouch, censuratissimo in patria con minacce alla protagonista: maledizioni omofobo-misogine contro l’amore tra Radha e Sita, cognate prigioniere di tradizioni hindu in Fire di Deepa Mehta. Eppure, indimenticabili parole di verità in punto di morte nel Diario di un curato di campagna (Bresson da Bernanos) continuano a sussurrarci che «tutto è grazia».