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 2016  luglio 01 Venerdì calendario

RAGGI, PER CONQUISTARE ROMA DOSSIER E ACCUSE A DE VITO

Marcello De Vito è stato vittima, tra dicembre e gennaio scorso, di una campagna orchestrata dai tre ex consiglieri, Virginia Raggi, Daniele Frongia e Enrico Stefano, per farlo fuori. Questa è la storia della congiura contro l’ex candidato sindaco e capogruppo M5S. De Vito alla fine ha visto scendere le sue quotazioni.
Non solo perché Virginia Raggi è più telegenica ma anche perché non è stato sostenuto dai vertici del Movimento. Quando poi Frongia si ritira al secondo turno delle primarie spianando la strada alla Raggi con il suo pacchetto di voti, De Vito perde e si pente di non avere reagito. A marzo si consulta con i suoi amici più stretti. Qualcuno suggerisce un’azione legale contro Raggi, Frongia e Stefàno. Lui desiste per il bene del Movimento. Sarà il presidente del consiglio comunale. Alla moglie, Giovanna Tadonio hanno proposto un posto da assessore retribuito al Municipio III. De Vito perdona. I suoi amici no. Il Fatto viene a conoscenza di quello che De Vito raccontava ai suoi confidenti quando pensavano insieme alle azioni legali contro Raggi & C.
La ricostruzione non è stata confermata da De Vito al Fatto che lo ha contattato. Anche Raggi, Frongia, Stefano, come Alessandro Di Battista, hanno rifiutato di parlare. Non abbiamo potuto fare altro che ricostruire i fatti con la testimonianza sotto garanzia di anonimato di chi ha vissuto indirettamente quel momento e ha accettato di parlarci e mostrarci mail e sms.
Il 28 dicembre del 2015 Stefano, Frongia e Raggi organizzano una riunione con i consiglieri municipali eletti nel 2013 per il Movimento. In assenza di De Vito, accusano il capogruppo di avere compiuto una serie di atti contrari alla buona amministrazione e un reato. “I tre ex consiglieri – secondo quanto De Vito dirà ai suoi amici – affermavano che avrebbe compiuto il reato di abuso di ufficio in relazione ad una richiesta di accesso agli atti”.
Nove mesi prima, il 19 marzo 2015, De Vito si era avvalso del potere concesso dalla legge ai consiglieri comunali “di ottenere dagli uffici del comune tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del proprio mandato”. Grazie a questa norma De Vito aveva ottenuto gli scontrini di Marino. Grazie a questa norma aveva chiesto la pratica di sanatoria edilizia su un seminterrato di un cittadino di nome F.B. al quartiere Aurelio. Per i tre consiglieri comunali quell’accesso poteva configurare un reato. “Indubbiamente la cosa – secondo quanto de Vito confidava allora ai suoi amici – produceva l’esito sperato, molti consiglieri municipali si convincevano delle accuse e l’accusato non aveva modo di palesarne la totale falsità”. Alla riunione e alle discussioni successive sulla rete partecipano quasi tutti i consiglieri municipali, alcuni dei quali ora sono saliti in Campidoglio. Uno di loro racconta a De Vito che Frongia avrebbe chiesto di puntare alle successive primarie esclusivamente sulla Raggi.
De Vito non sa nulla. Fino al 7 gennaio 2016. Quel giorno con i tre consiglieri viene convocato a una riunione. Alla presenza di Carla Ruocco e Alessandro Di Battista (membri del direttorio), Roberta Lombardi, Paola Taverna e Massimo Enrico Baroni, e poi dei capi della comunicazione Rocco Casalino e Ilaria Loquenzi, i tre consiglieri comunali accusavano De Vito di abuso di ufficio per l’accesso agli atti del 19 marzo 2015 ed esibivano un parere legale.
Daniele Frongia lo sventolava e non diceva a De Vito quale avvocato lo avesse scritto. De Vito usciva frastornato e alle 20 e 30 inviava una mail nella quale spiegava che l’accesso agli atti era frutto di una richiesta proveniente dal M5S della Regione Lazio e allegava la mail dell’avvocato Paolo Morricone, difensore anche di Virginia Raggi (ha scritto lui la diffida al Fatto sull’incarico della Asl di Civitavecchia) che spiegava tutto.
“Ciao a tutti, la vicenda – scrive De Vito – è stata compiutamente ricostruita. L’accesso agli atti è stato correttamente richiesto per le motivazioni di cui alla mail di Paolo Morricone, nostro avvocato regionale che riporto di seguito (e che allego): ‘in riferimento alla richiesta di accesso agli atti relativo alla (… Ndr) specifico che questa è scaturita da una segnalazione di un privato (che aveva chiesto l’anonimato avendo paura di minacce) egli sosteneva che il proprietario dell’appartamento, poteva aver spinto qualcuno dell’amministrazione per farsi concedere l’agibilità dell’appartamento.
La richiesta era necessaria in quanto dalla documentazione si sarebbe si sarebbe potuto vedere se esistevano i presupposti o meno per la concessione dell’abitabilità (…)per una eventuale successiva denuncia’. E’ tutto molto avvilente, io quanto meno lo vivo cosi – proseguiva De Vito – la vicenda però è anche molto grave. Motivo per cui vi chiedo con gentilezza non solo di valutare ciò che si è verifìcato oggi nei miei confronti alla luce delle pesanti accuse che mi sono state mosse ma anche di considerare insieme le opportune azioni e modalità di gestione della vicenda che, lo ribadisco, è gravissima”.
I proprietari dell’immobile allora e ora (è stato ceduto il 27 luglio 2015) non hanno voluto commentare con Il Fatto. Nell’atto non si fa nessun cenno alla richiesta di agibilità per sanatoria che ha insospettito il M5S. Comunque la mail di difesa di De Vito non ferma i suoi amici-nemici. Poco prima di mezzanotte il 7 gennaio Daniele Frongia invita De Vito, davanti agli altri consiglieri municipali della chat ‘portavoce romani’ a spiegare in una riunione apposita perché “la quasi totalità dei consiglieri municipali chiede a Marcello…”.
Alle 18 del 10 gennaio De Vito deve difendersi in un’altra riunione da Frongia, Raggi e Stefano davanti a una trentina tra consiglieri municipali e regionali. De Vito si difendeva come un leone e alla fine tutti si dicevano soddisfatti. Solo Paola Taverna in una mail partita per sbaglio definiva quanto era accaduto “uno squallido tribunale speciale”. Anche Roberta Lombardi difendeva De Vito. Sono le tensioni che ancora oggi attraversano il M5S a Roma.
di Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 1/7/2016