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 2016  giugno 26 Domenica calendario

I V-DAY, IL TRAGICO STREAMING E LA SFIDA A RENZI

Il Movimento 5 Stelle nasce a Milano il 4 ottobre 2009, per volere di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. È la versione definitiva di ciò che erano stati i Meet Up, gli Amici di Beppe Grillo e le Liste civiche. Il vero anno di nascita è il 2005, quando vede la luce il blog di Grillo. Il successo dei primi VDay (2007 e 2008) dimostra che Grillo ha un potere politico enorme, ma i media nostrani dormono e rosicano. I segnali del boom del 2013 sono molteplici: il buon risultato nel 2010 in Piemonte (la Bresso darà ai “grillini” la colpa della sconfitta con Cota) e in Emilia Romagna, culla dei primi successi ma anche delle faide interne più virulente. L’anno prima Grillo si candida alla segreteria del Pd: già al tempo ripeteva “meglio un nemico vero di un amico finto”, a conferma di come detestasse di più l’apparente democrazia del Pd rispetto alla palese negatività dei berluscones. Nel 2011 il M5S cresce ancora, entrando in 28 comuni e stupendo da più parti (per esempio ad Arezzo).
Nel 2012 vince clamorosamente a Parma. A ottobre 2012 il Movimento è prima forza in Sicilia. Celebre il gesto dell’attraversamento a nuoto dello stretto di Messina da parte di Grillo, che tanti paragonano alle imprese muscolari di Mussolini per riverberare il concetto che “i grillini sono fascisti” (ma all’occorrenza comunisti, leghisti o terroristi). Il risultato alle politiche di febbraio 2013 è un terremoto: 25.55% di voti in Italia, 9.67% all’estero e 8 milioni e 700mila voti alla Camera (109 deputati). Bene anche in Senato: 23,79% in Italia e 10% all’Estero (54 senatori). Per il Parlamento italiano è una rivoluzione: entrano 163 “cittadini”, per nulla politici di professione. Dentro c’è di tutto: gente scampata alla legge Basaglia (spesso espulsa nelle tante epurazioni), figure anonime e profili che stupiscono per carisma e preparazione: da Di Maio a Di Battista, da Morra a Lezzi. Mentre i giornalisti si impegnano alla “caccia al grillino scemo”, i 5 Stelle riescono a perdere un milione di voti in un colpo solo, quando – durante lo streaming con Bersani – Crimi e Lombardi giocano pietosamente al poliziotto buono e cattivo. I 5 Stelle fanno bene a dire no a Bersani, che non chiede loro di governare assieme ma un furbastro appoggio esterno, mentre sbagliano a non fare il nome di un premier gradito durante il secondo giro di consultazioni (e Letta ringrazia). Le Quirinarie dicono Rodotà, ma il Pd prima accoltella Prodi e poi rispolvera Napolitano: per il M5S è una botta tremenda.
Da allora i 5 Stelle si distinguono per una opposizione vera e senza sconti, ma anche per una ipercoerenza che scivola talora nel velleitarismo politico. Mentre i media elucubrano sulla “mancanza di democrazia interna” e su “Casaleggio nuovo Goebbels”, spunta Renzi. All’inizio è lui a vincere tutto: li trita alle Europee e li tratta da pezzenti negli streaming. Poi, dopo la vaccata del #vinciamonoi e l’harakiri dell’Aventino televisivo (ma anche la vittoria a Livorno) nel 2014, cambia tutto: Renzi cala e i 5 Stelle crescono. Dimostrano di averci visto giusto in molte occasioni, risalgono nei sondaggi e varano – su volere di Casaleggio, scomparso il 12 aprile 2016 – un “Direttorio” composto da 5 figure di spessore (a parte il tragicomico complottista Sibilia). È la fase 2, quella del “passo di lato” di Grillo. Il resto è storia (e trionfi) di ieri. Se Renzi aveva come primo obiettivo quello di uccidere i “grillini”, non solo non ci è riuscito: li ha pure rafforzati.
di Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 26/6/2016