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 2016  giugno 18 Sabato calendario

UN GIORNO NELL’INDUSTRIA DELLE MIGRAZIONI DI LUSSO


È piccolo il mondo visto dalla ampia sala conferenze al primo piano del Grand Hotel Kempinski. La location scelta dall’investment Migration Council (Imc) per la sua seconda conferenza annuale è un hotel a cinque stelle sulle rive del lago di Ginevra. Stanze a partire da 500 euro, un piatto di pasta nell’esclusivo ristorante interno costa più di 40 euro e la quota di partecipazione alla conferenza – 2 mila euro a partecipante – segnalano che l’occasione non è per principianti. Sono i professionisti che a vario titolo operano nel settore dell’investment migration, la vendita di passaporti o di permessi di residenza nei Paesi del ricco Occidente a top manager, investitori ad altissimo reddito, artisti, celebrità provenienti da altre parti del globo. Un business – di cui pagina99 si è già occupata nel numero dello scorso 23 gennaio – che vale circa 2 miliardi di euro a livello globale e che da qualche anno, a partire dallo scoppio della crisi finanziaria, ha preso saldamente piede anche in Europa.
L’Investment Migration Council, che ha sede a Ginevra, è nato due anni fa dalla volontà di Christian Kalin, avvocato svizzero e ceo di Henley and Partners, una delle principali società del settore. È stato lui, nel 2006, ad avere studiato il primo programma di vendita della cittadinanza nella sperduta isola di Saint Kitts and Nevis, ed è lui che sette anni dopo ha portato il business direttamente nel cuore dell’Europa, a Malta. Quando quella dei «globalisti» – ricorda con autoironia qualcuno di loro intorno al ricco buffet servito nella sala antistante la conferenza – è diventata un’industria vera e propria, è nata l’esigenza di avere una associazione di riferimento per fissare regole e standard. L’intuito di Kalin di nuovo non l’ha tradito. Tra i partner del Forum ci sono una ventina di società multinazionali con uffici nelle principali città del mondo. Attorno, una miriade di società satellite. Lavorano al servizio dei multimilionari di tutto il mondo e a stretto contatto con i governi.
I circa 300 partecipanti al forum vengono da Stati Uniti, Cina, Hong Kong, Singapore, Emirati Arabi, diversi paesi del Medio Oriente, Svizzera e Gran Bretagna. Di formazione sono prevalentemente avvocati, gestiscono società di servizi per l’immigrazione, pianificazione fiscale, gestione delle ricchezze, due diligence per società e governi, real estate, property management e sviluppo di immobili extra lusso nelle più esclusive località. Krista è una giovane e brillante avvocatessa svizzera. E a Ginevra in rappresentanza di una neonata società di family office, una delle più recenti creature del settore: si occupano di tutto, ma proprio tutto quello che può servire a una famiglia multimilionaria, tasse di successione, educazione dei figli, e persino la ricerca di yatch per le vacanze estive se serve. È una questione di tasse, gestione di patrimoni, lifestyle, educazione dei figli, «a volte anche solo un vezzo», ci racconta Krista.
Il principale bacino a cui attingere è la Cina, ma anche Russia, Emirati arabi, paesi del Medio Oriente. Tra questi ultimi le statistiche mettono proprio i siriani al primo posto tra le nazionalità alla ricerca del secondo passaporto, seguiti da yemeniti, iracheni, libanesi e persino palestinesi. Per loro è più difficile, «una montagna di carte e documenti, ma per ciascuno c’è una storia di vita», spiega con voce suadente nel suo abito bianco Veronica Cotdemiey, ceo di Citizenshipinvest, strappando un lungo applauso nelle conclusioni: «Come sarebbe essere parte della lista dei migliori?».«Questi programmi sono ancora l’eccezione al posto della regola, ma sempre più Paesi li stanno introducendo». Augustin Fragomen è il titolare dell’omonima società di servizi per l’immigrazione con sede a New York. Nata nel 1951 negli Stati Uniti per gestire le pratiche di banche e società che aprivano filiali e volevano assumere immigrati all’estero, oggi Fragomen Llp conta 40 uffici e circa 3 mila dipendenti ed è la prima società al mondo per servizi all’immigrazione. «Quando una decina di anni fa sono nati questi programmi ci siamo ritrovati al centro del mercato», ci spiega Nadine Goldfoot, energica afroamericana vistosamente vestita d’azzurro, di stanza nell’ufficio di Dubai. Lavorano a stretto contatto con i governi, «abbiamo relazioni forti, anche se non formali, thought leadership è quello che facciamo». Il vecchio titolare Augustin, che è stato anche consigliere della commissione del governo statunitense sull’immigrazione, dal palco allestito nella sala conferenze rimarca il concetto: «Questa industria non si trova nel vuoto, ha strettamente a che fare con le politiche migratorie dei Paesi». Infatti i panel di 15 minuti ciascuno si susseguono per tutta la giornata con focus specifici sugli scenari posti dal rischio della Brexit, sul futuro di Schengen e sull’intensificazione dei controlli fiscali dopo lo scandalo dei Panama Papers. È quello che i professionisti della cittadinanza chiamano «l’approccio olistico alle politiche migratorie»: «Capitali e commodities si muovono liberamente, le persone devono potersi muovere con loro, è questo che fanno i programmi di investment migration», rimarca tra gli applausi l’energico primo ministro di Antigua e Barbuda, Gaston Browne, ospite fisso insieme al primo ministro maltese, Joseph Muscat, degli eventi di Henley&Partners. I confini tra politica e industria sono, nel settore, decisamente scorrevoli. Michael Frendo, titolare dell’omonima società di consulenza legale accreditata dal governo maltese per la gestione delle pratiche di vendita del passaporto, è l’ex ministro degli affari esteri a Malta, tra gli estensori della legge sul settore finanziario che ha gettato le basi per il programma di vendita del passaporto.
Così come scorrevoli sono i confini tra industria e accademia. L’intellettuale di punta è il vulcanico professore Dimitry Kokenov, docente a Groningen e a Princeton, e membro del board dell’Imc. Kokenov infuria contro la disinformazione che fanno i giornali, dal Financial Times in giù, e persino contro l’Ue che «ha cercato di boicottare il programma migliore che è quello di Malta». «Questo è un grande business e anche l’accademia finalmente ha capito che può trarne vantaggio, ma non c’è conflitto di interesse, i ricercatori non hanno legami con le compagnie».
La sera anche l’animo euforico di Kokenov si placa. La cena viene servita in crociera sul lago di Ginevra. Kalin fa gli onori di casa, ha una parola per tutti, e alla fine si lascia andare a canti e balli. Sembra stanco ma visibilmente soddisfatto. L’industria dei win win programs, come la chiamano qui, sembra averne parecchia di strada davanti.