Guido Fontanelli, Panorama 24/6/2015, 24 giugno 2015
LA SUPERBOLLA CHE FA TREMARE I BANCHIERI
Supernove che rischiano di esplodere, aziendezombie che seminano distruzione e gente che corre a comprarsi casseforti. Sembrano spezzoni di un film di serie B, invece sono immagini evocate da serissimi operatori finanziari. Che disegnano una situazione molto preoccupante per i governatori delle banche centrali: in particolare per Mario Draghi della Bce, che potrebbe trovarsi ad affontare un nuovo, duro scontro con la Germania. L’accusa? Se le intenzioni della Bce erano quelle di stimolare l’inflazione, il quantitative easing (immisisone di liquidità attraverso l’acquisto di titoli) non sta producendo gli effetti desiderati. Anzi, sta provocando inquietanti effetti collaterali. Come già sta succedendo in Giappone, dove c’è un boom di vendite di casseforti: «La gente preferisce tenersi gli yen, piuttosto che darli alle banche per ottenere un rendimento negativo» racconta Alessandro Fugnoli, strategist della milanese Kairos.
Tutto inizia con un tweet di Bill Gross, gestore della società americana Janus Capital, considerato il re dei bond: «Rendimenti globali più bassi degli ultimi 500 anni di storia. 10 trilioni di dollari di obbligazioni con tassi negativi. Una supernova che un giorno scoppierà». Si tratta della bolla dei rendimenti sottozero: ormai 10 mila miliardi di bond governativi nel mondo hanno tassi negativi e il 60 per cento di tutti i titoli di Stato viaggiano sotto l’un per cento. A rendere ancora più serio l’allarme lanciato da Gross è la notizia battuta dalle agenzie il 14 giugno: per la prima volta nella storia il tasso del bund tedesco a dieci anni è andato sottozero.
Alla discesa dei tassi corrisponde un aumento dei prezzi delle obbligazioni. È la bolla a cui fa riferimento Gross: i titoli tedeschi per esempio hanno raggiunto quotazioni elevate e alcuni operatori temono che un aumento improvviso dei tassi potrebbe avere effetti catastrofici. I prezzi dei bund e dei titoli di Stato europei potrebbero infatti crollare provocando pesanti perdite a chi li possiede, banche in prima fila: Goldman Sachs ha calcolato che l’aumento di un punto percentuale nei rendimenti provocherebbe perdite per 2,4 miliardi di dollari solo sui bond acquistati un mese fa. Per questo la Federal reserve (la banca centrale Usa) è molto prudente ad alzare i tassi di interesse. Ed è una delle grandi sfide della Bce gestire un ritorno alla normalità che sia il meno traumatico possibile. Tenendo conto del fatto che ora non siamo in recessione, eppure abbiamo i tassi negativi. Ma se arriva un’altra crisi, che spazio di manovra avranno le banche centrali?
La politica dei tassi bassi provoca non solo i mal di testa degli amministratori delegati delle banche, alle prese con margini sempre più ridotti, ma anche una serie di distorsioni nell’economia reale: «La conseguenza dei rendimenti negativi è una allocazione sub-ottimale dei capitali» spiega Fugnoli. «Alla ricerca disperata di rendimento, gli investitori hanno finanziato per esempio società petrolifere americane che, con il petrolio sotto i 30 dollari al barile, sarebbero dovute fallire. E invece ora sono vive, immettono altro petrolio sul mercati e contribuiscono a deprimere il prezzo del greggio. Con il risultato paradossale di frenare l’inflazione, l’esatto contrario di quello che dovrebbe ottenere una politica di tassi bassi. Un fenomeno di questo tipo si sta verificando in Giappone, la cosiddetta zombificazione: offrire prestiti a basso costo anche a imprenditori che non guadagnano, morti che camminano mantenuti in vita solo per restituire le piccole rate dei finanziamenti».
Se guardiamo invece alle famiglie, in questa situazione perdono quelle che risparmiano tanto e si indebitano poco, come le italiane e le spagnole: lo ha scritto la stessa Bce in uno studio contenuto nel suo bollettino mensile. Da fine 2008 il reddito netto da interesse delle famiglie, scrive la Bce, «è rimasto praticamente stabile in Germania e Francia, non invece in Spagna e Italia». In particolare, per il nostro Paese «il calo delle entrate da interesse è più che doppio rispetto al calo dei pagamenti in interessi, con un impatto negativo sul bilancio complessivo».
Insomma, ormai viviamo in un mondo alla rovescia dove c’è un eccesso di debito e dove i tassi devono restare bassi per non fare saltare il sistema. «C’è da domandarsi se agli Stati non convenga un giorno cancellare parte del debito acquistato dalla banche centrali» si chiede Fugnoli, «trasformandolo in bond di durata lunghissima. Quel giorno potrebbe arrivare alla prossima crisi. O anche prima».