Pippo Russo, Limes: Il potere del calcio 5/2016, 23 giugno 2016
L’ECONOMIA PARALLELA DEL CALCIO MONDIALE– (note alla fine) 1. Tutta una questione di principio
L’ECONOMIA PARALLELA DEL CALCIO MONDIALE– (note alla fine) 1. Tutta una questione di principio. Così va raccontando in giro il presidente e proprietario della Lazio, Claudio Lotito, a proposito dell’impasse nelle trattative per l’acquisto di Felipe Anderson dal Santos. È l’estate del 2013, il calcio italiano si appresta a entrare ufficialmente nell’orbita dell’economia parallela del calcio globale, ma gli operatori dell’informazione sono convinti che si stiano soltanto consumando delle ordinarie schermaglie di mercato. La Lazio vuole prendere il talento, un investimento pressoché sicuro per giudizio unanime. Ma per venire a capo della trattativa c’è da soddisfare richieste provenienti non soltanto dal club brasiliano, ma anche da una terza parte: il fondo Doyen Sports Investments, braccio sportivo con sede legale a Malta del colosso Doyen Group. Che a sua volta è una holding policentrica: quartier generale a Istanbul, braccio finanziario a Londra, branca sportiva nell’isola che dopo l’ingresso nell’Ue s’è voluta accreditare come una Svizzera del Mediterraneo, più qualche propaggine in quel luogo evocativo chiamato Panamá [1]. È uno strano animale, Doyen. Il suo portafoglio investimenti è quanto mai variegato: immobiliare, energia, alberghi, idrocarburi, materie prime, sport & entertainment. Quest’ultima voce viene declinata in diversi modi: marketing, gestione d’immagine e delle camere, ma soprattutto controllo sui giocatori di calcio. Il che pone Doyen in una curiosa condizione: quella di investire indifferentemente in uranio e in calciatori. Dal loro punto di vista, è tutta materia prima. In particolare, il controllo dei calciatori avviene attraverso l’acquisizione dei cosiddetti diritti economici, ovvero il diritto di lucrare sulla futura cessione dell’atleta: quando questi verrà trasferito a un altro club, chi ne detiene una quota dei diritti economici incasserà la corrispondente percentuale sulla cifra di vendita. Al tempo in cui Felipe Anderson è un calciatore del Santos, il 50% dei suoi diritti è in possesso di Doyen Sports Investments e a negoziarli è l’uomo di fiducia del fondo in Brasile, Renato Duprat. Quello dei diritti economici in capo a soggetti finanziari esterni è uno schema che la Fifa ha già tentato di sanzionare in seguito al caso Tevez-Mascherano-West Ham, aggiungendo l’articolo 18 bis al regolamento sullo status e i trasferimenti del calciatore. Rimedio inefficace, visto che le cessioni di diritti economici sui calciatori a soggetti esterni al calcio (ciò che in termini tecnici viene chiamato Tpo, Third Party Ownership) continuano a proliferare. A causa di questa particolare situazione in cui Felipe Anderson si trova, l’affare rischia di saltare. Il tutto è poi accompagnato dagli strali del presidente laziale verso i fondi d’investimento, che a suo dire colonizzano il calcio e schiavizzano i calciatori [2]. Sembra di rivedere il Lotito versione Max Giusti, quello che predica l’avvento di un calcio «didascalico e moralizzato». Non tanto perché i toni polemici siano macchiettistici, quanto perché tre anni prima il presidente laziale (quello vero) non si era fatto scrupoli nel portare a casa un calciatore posto sotto il controllo di soggetti finanziari esterni. Anche in questo caso si trattava di un brasiliano: Hernanes [3]. I diritti economici del cosiddetto Profeta, proveniente dal San Paolo, erano infatti di proprietà per l’8% di Kirin Soccer – agenzia controllata dall’agente indonesiano con passaporto cinese Joseph Lee – e per il 17% di Traffic Sports. Quest’ultimo è un altro conglomerato meritevole d’attenzione. Fondato dall’ex giornalista sportivo brasiliano José Hawilla, Traffic Spon si specializza presto in comunicazione e marketing, e compie il salto di qualità acquisendo i diritti televisivi sulla Coppa America. È proprio per impulso di Traffic che dal 1989 la competizione sudamericana per Nazionali assume una formula simile a quella degli Europei, più televisiva. A partire dalla seconda metà degli anni Duemila la società di Hawilla si espande a livello globale, lanciandosi nel business dei diritti economici dei calciatori. Va addirittura oltre, tracciando una strada che altri soggetti della finanza calcistica parallela seguiranno: fonda e/o acquisisce club calcistici, ponendo così sotto il proprio controllo l’intero ciclo della produzione di valore finanziario attraverso il calcio. Traffic Sport fonda il Desportivo Brasil, club sito nella cittadina di Porto Feliz (Stato di San Paolo), la cui missione è formare e far transitare calciatori. Poi acquista il club portoghese dell’Estoril-Praia e si annette due franchigie della Nasi (North American Soccer League) statunitense: i Fort Lauderdale Strikers e i Carolina RailHawks. Attualmente il solo club rimasto sotto il controllo di Traffic è l’Estoril. Tutti gli altri sono stati dismessi. I locali dell’accademia del Desportivo Brasil sono stati venduti ai cinesi dello Shandong Luneng, in un affare intermediato dal citato Joseph Lee [4]; i Carolina RailHawks sono stati venduti a Stephen N. Malik, imprenditore locale delle tecnologie mediche [5]; i Fort Lauderdale Strikers sono passati a un gruppo brasiliano che ha presentato come uomo immagine Ronaldo Luís Nazário De Lima (l’ex fenomeno che ha vestito le maglie di Inter e Milan) e i cui componenti sono i tre imprenditori brasiliani Ricardo Geromel, Rafael Bertani e Paulo Cesso (non è un refuso) [6]. Per la cronaca, José Hawilla è uno dei principali soggetti implicati nello scandalo Fifa esploso a fine maggio 2015, col blitz condotto su mandato dell’Fbi presso l’hotel Baur au Lac di Zurigo. Non figura tra gli arrestati perché ha pagato una modica multa di 151 milioni di dollari e assunto un atteggiamento collaborativo [7]. Pare che le sue rivelazioni siano state preziose per istruire l’inchiesta. Dunque Claudio Lotito, nei giorni in cui strepita contro Doyen e «gli schiavisti» del calcio, ha già al suo attivo trattative con soggetti (e che soggetti!) usi a commerciare in diritti economici di calciatori. E allora perché la fa tanto lunga nel caso di Felipe Anderson? Trattasi di puro mercanteggiamento. Infatti, soltanto qualche giorno dopo la sparata contro i fondi d’investimento Lotito acquisisce Felipe Anderson e Doyen incassa la sua parte. Due settimane dopo, presso un hotel di Taormina di proprietà dell’allora presidente e proprietario del Catania Calcio Antonino Pulvirenti, si danno convegno alcuni esponenti del mondo del calcio. A fare gli onori di casa assieme allo stesso Pulvirenti c’è l’allora vicepresidente del club rossazzurro, Pablo Cosentino, un agente di calciatori argentino che è anche agente di diversi calciatori argentini del Catania. Anzi, era. Perché per assumere la carica dirigenziale nel Catania ha rimesso la licenza da agente Fifa e ceduto le quote della sua agenzia Cosentino Sport. A chi? A Fernando Cosentino, suo fratello. Gli ospiti del duo Pulvirenti-Cosentino sono il vicepresidente e amministratore delegato del Milan, Adriano Galliani, il presidente e proprietario del Genoa, Enrico Preziosi, il già menzionato Lotito e un signore portoghese che si chiama Nelio Lucas, amministratore delegato di Doyen Sports Investments [8]. Guerra finita, e adesso tutti a tavola. Viva il calcio didascalico e moralizzato. 2. Lo «scontro» fra Lotito e Doyen dà un’idea di quale sia l’oggetto, quando si parla di fondi d’investimento nel calcio e del loro impatto in Italia. L’oggetto è un nuovo modello di business riguardo a quella che continua a essere la voce più redditizia dell’economia calcistica: la compravendita di calciatori. A cavallo del nuovo millennio questo segmento di mercato ha subito una mutazione genetica guidata da attori della finanza esterna, specie sudamericana. Per valutare l’impatto della finanza calcistica parallela sul nostro calcio occorre una premessa: in Italia il rapporto fra i club e i fondi d’investimento è un tema tabù. Nessuno si sognerebbe di sostenere che i club italiani non partecipino al business. Sarebbe come immaginare che qualcuno faccia ancora impresa senza aver aperto una casella email, o rifiutando l’uso della telefonia mobile. Roba da soldati giapponesi nella foresta a guerra finita. Però fra il non negare e l’ammettere esplicitamente c’è uno scarto rilevante, nel quale si colloca l’italica ipocrisia che rende complicato valutare la portata del fenomeno qui da noi. Uno studio pubblicato a settembre 2014 da Kpmg [9], stilato in base a interviste condotte con operatori di calciomercato e dati del Centre International d’Études du Sport (Cies) di Neuchâtel, ha azzardato una stima sull’impatto del fenomeno Tpo in Europa. Viene fuori che nei campionati nazionali del continente i calciatori posti sotto il controllo di terze parti sarebbero circa 1.110, di cui 47 in Italia. Posto che queste cifre sono oggi vecchie di quasi due anni e che tutto lascia pensare a un incremento del fenomeno, rimane la stima dei quarantasette possibili tesserati della Serie A italiana finiti sotto il controllo di soggetti finanziari esterni al calcio, o comunque negoziati con beneficio per questi. Chi sono, o sono stati, i calciatori in questione? Di Hernanes e Felipe Anderson si è detto. Altro nome di rilievo è Paulo Dybala, i cui diritti economici sono stati oggetto di una controversia presso il Tribunale arbitrale dello sport (Tas) di Losanna fra il Palermo e Pencil Hill, un fondo con sede legale a Londra controllato dall’agente argentino Gustavo Mascardi. Costui è un ex broker di Borsa che un giorno ha scoperto quanto più redditizio sia il calcio per far fruttare il denaro suo e degli investitori. La disputa fra Mascardi e il Palermo riguarda denari non versati dal club rosanero al fondo, che si è visto dare ragione dal Tas. A sorpresa, un altro giudizio favorevole a Pencil Hill è giunto a febbraio 2016 dall’Alta Corte di Manchester [10]. Attorno a questi casi certi ve ne sono altri chiacchierati. Per esempio, quelli dei due belgi posti sotto il controllo del fondo qatariota proprietario del club Al-Arabi, giunti in Serie A durante la stagione 2014-15. Maxime Lestienne, sbarcato al Genoa, e Paul-Jose M’Poku (che ha doppio passaporto essendo nato nella Repubblica Democratica del Congo), tesserato dal Cagliari. Non hanno lasciato traccia. M’Poku, dopo aver giocato da febbraio a maggio col club sardo e aver collezionato una retrocessione, è passato al Chievo dove ha fatto panchina fissa. Lestienne, conclusa la non memorabile stagione con la maglia del Grifone, è stato prestato dall’Al-Arabi agli olandesi del PSV Eindhoven. Lì si è fatto notare soprattutto per l’arresto subito, con il compagno Jeroen Zoet, a seguito di una colluttazione dopo la gara del 19 dicembre 2015 contro il Pec Zwolle. Di un fondo del Qatar si è parlato anche a proposito di Alessio Cerci, che infatti dopo essere stato al Torino ha preso a girare da un club all’altro: Atletico Madrid, Milan, Genoa. Sui casi menzionati vige un tacito patto del silenzio, mentre Federcalcio e Lega Serie A evitano accuratamente d’invischiarsi nella vicenda. Chi invece ha rotto l’omertà è il paraguayano Marcelo Estigarribia. Durante un’intervista rilasciata nel settembre 2014 a Sportweek (Gazzetta dello Sport) [11], Estigarribia ha dichiarato di trovarsi assoggettato a un fondo d’investimento senza possibilità d’uscita. Si tratta di una società, la General Soccer Management, che opera attraverso il Deportivo Maldonado, club della serie B uruguayana di cui si sono occupati Bloomberg [12] e Usa Today [13] evidenziandone la curiosa realtà: nonostante una media di trecento spettatori a partita, negli ultimi anni ha acquisito e rivenduto calciatori di livello internazionale incassando decine di milioni di euro. Si tratta di un bridge club, come decine di altri sparsi per l’Uruguay e il Cile. Altro calciatore di provenienza Deportivo Maldonado a essere finito in serie A è il difensore Ivan Piris, anche lui paraguayano, protagonista di una stagione con la maglia della Roma e adesso in forza all’Udinese. Poco è mancato che arrivasse in Italia il quotato attaccante argentino Jonathan Calleri, giunto al Maldonado dal Boca Juniors al termine di un’operazione orchestrata da Stellar Group. Cioè l’agenzia guidata dall’inglese Jonathan Barnett che ha fra i suoi clienti Gareth Bale, il calciatore gallese che ha fatto registrare il record mondiale in termini di cifre per il trasferimento: 91 milioni secondo quanto annunciato dal Real Madrid nell’estate 2013, oltre 100 milioni come ha svelato a gennaio 2016 il sito Football Leaks [14]. Quando Estigarribia affida le sue rivelazioni a Sportweek è un tesserato dell’Atalanta, il suo quarto club da quando si trova in Italia dopo Juventus, Sampdoria e Chievo. Motivo di questo girovagare? Il fondo d’investimento, attraverso il Deportivo Maldonado, lo manda in prestito annuale per 500 mila euro e si dichiara disposto a cederlo in via definitiva per non meno di 5 milioni. Una cifra che nessuno dei club da cui il paraguayano passa è disposto a sborsare e di ciò Estigarribia si lamenta. Le sue parole passano pressoché sotto silenzio, senza che Figc e Lega Serie A battano ciglio. Pochi giorni dopo quell’intervista, Estigarribia subisce un grave infortunio che lo mette fuori causa a lungo. La sua avventura calcistica a Bergamo si conclude nel febbraio 2016, con la risoluzione del prestito e il ritorno al Deportivo Maldonado. La condizione di assoggettamento al fondo d’investimento rimane intatta. Il caso dell’ex atalantino è fra i più eclatanti fra quelli di Tpo presenti nel calcio italiano; altri sono meno clamorosi. L’importante è far finta che vada tutto bene. 3. Come si diceva, gli esperimenti di finanziarizzazione dei diritti economici sui calciatori prendono il via in Sudamerica. Il motivo è chiaro: da quelle parti l’indebitamento dei club è una realtà endemica e all’inizio del nuovo secolo si giunge al punto in cui non rimane che impegnare l’ultimo asset disponibile, i calciatori. Questi, come l’argenteria di famiglia al banco dei pegni, vengono alienati per coprire debiti. I creditori possono essere istituti bancari o finanzieri privati; spesso sono gli stessi agenti di calciatori che prestano denaro ai club e così facendo finiscono per controllarli. In particolare, i creditori richiedono calciatori giovani e promettenti, il che crea per l’economia del club calcistico un circolo vizioso: bruciare la ricchezza futura per coprire il debito presente. È in questo contesto che il fondo d’investimento diviene il veicolo finanziario per soccorrere i club in crisi. Fonti di stampa scrivono di un primo passo effettuato in Argentina nell’anno 2000, sotto l’egida dell’ex satrapo della Federcalcio nazionale Julio Grondona [15], padrone assoluto del calcio locale dal 1979 e vicepresidente della Fifa dal 1998. Dal luglio 2014 ha smesso di detenere le due cariche, ma soltanto perché defunto. Il che conferma che quando si arriva a occupare postazioni chiave del sistema feudale Fifa, se ne viene fuori soltanto in due modi: o fra due gendarmi, o a piedi in avanti. Sotto l’egida di Grondona il linguaggio dei fondi d’investimento comincia a essere parlato nel mondo del calcio argentino e presto si diffonde su scala globale. Dal Sudamerica il modello dei fondi viene esportato nel calcio europeo, dapprima in Portogallo dove soggetti dell’alta finanza e del credito gli conferiscono una raffinatezza tecnica superiore. Affinché l’opinione pubblica europea scopra questa mutazione del calciomercato è però necessario che esploda un caso mediaticamente clamoroso: quello riguardante il trasferimento di Carlos Tevez e Javier Mascherano in Inghilterra, al West Ham. Provenienti dal Corinthians, i due nazionali argentini giungono in Premier League con una formula originale: non ceduti o in prestito dal club brasiliano, ma «affittati» da un fondo d’investimento con sede legale presso le Isole Vergini Britanniche [16]. Il fondo è denominato Media Sports Investments (Msi) e il suo rappresentante legale è un broker nato in Iran di nome Kia Joorabchian. Costui è in possesso di doppio passaporto, britannico e canadese, e per un certo periodo circolano di lui su Wikipedia due diverse date di nascita: 14 luglio 1971 e 25 luglio 1971. Dall’altra parte dell’Atlantico, in Brasile, Joorabchian e la Msi sono già noti. Nel 2004 il fondo ha infatti stipulato un accordo col Corinthians, il club da cui Tevez e Mascherano provengono quando giungono al West Ham. La partnership finisce presto sotto inchiesta in Brasile per sospetto di riciclaggio: ne seguirà un processo presso il tribunale di San Paolo conclusosi con la richiesta di archiviazione per insufficienza di prove da parte del pubblico ministero [17], che nel frattempo è stato sostituito. Dalle indagini emerge forte il sospetto che i finanziatori siano tre oligarchi ex sovietici: i russi Roman Abramovič e Boris Berezovskij, e il georgiano Badri Patarkatsishvili. Ad accomunare i tre è la privatizzazione di Sibneft, la compagnia petrolifera georgiana acquistata da Gazprom nel 2005 per 10,7 miliardi di euro [18]. Almeno in questo caso si ha una minima idea di quale sia la provenienza dei denari. Non altrettanto si può dire di molti altri soggetti che investono in diritti economici dei calciatori, né di chi appoggi finanziariamente la nuova classe dominante del calcio mondiale: quella dei superagenti. 4. Il primo della schiatta è stato Pini Zahavi, ex giornalista sportivo israeliano che all’inizio degli anni Ottanta sceglie di farsi agente di calciatori. È lui a inventare il profilo del superagente, soggetto che nella stessa trattativa assume più ruoli celebrando il trionfo della promiscuità. Può svolgere il ruolo di procuratore del giocatore che viene trasferito, ma anche quello di consulente di uno dei club che stanno trattando se non di entrambi, infine quello di rappresentante del soggetto finanziario esterno che detiene parte dei diritti economici del calciatore. In alcuni casi un superagente arriva anche a negoziare diritti televisivi attraverso proprie agenzie o emittenti televisive a pagamento di sua proprietà. Si tratta di broker che agiscono anche fuori dal perimetro del calcio e che non si limitano a inserirsi nel calciomercato. Piuttosto, lo creano. Zahavi ha anche la precoce intuizione (copiata da molti soggetti dell’economia calcistica parallela) per aggirare la circolare 1464 della Fifa del 22 dicembre 2014 [19], che dal primo maggio 2015 ha messo fuorigioco fondi e Tpo: acquisire, o porre sotto controllo indiretto, club di piccola taglia, scrollandosi così lo scomodo profilo di terza parte per diventare parte in causa. Nel 2006, mentre s’accendevano le polemiche sul trasferimento di Tevez e Mascherano al West Ham, Zahavi spostava in Europa una pattuglia di calciatori argentini provenienti dal River Plate. Lo faceva attraverso il Locarno, club della serie B svizzera. Uno di questi calciatori era Gonzalo Higuain, che passò al Real Madrid via Locarno senza aver mai messo piede in Canton Ticino [20]. A orchestrare questi trasferimenti è una società denominata Haz, acronimo formato dai cognomi dei tre soci: Z come Pini Zahavi; H come Fernando Hidalgo, storico agente argentino di calciatori; A come Gustavo Arribas. A lungo notaio bonaerense e agente di calciatori, Arribas ha cambiato mestiere diventando il capo dell’Afi (Agencia Federal de Intelligencia), i servizi segreti argentini, per volere del neopresidente della repubblica Mauricio Macri, ex presidente del Boca Juniors [21]. Giusto per capire con che tipo di personaggi si ha a che fare. Tornando a Zahavi, egli attualmente controlla i ciprioti dell’Apollon Limassol [22] e i belgi del Royal-Mouscron-Péruwelz [23]. Nel profilo dei superagenti rientrano soggetti come i già citati Kia Joorabchian e Gustavo Mascardi, ma anche Mino Raiola e soprattutto il portoghese Jorge Mendes, che attraverso l’agenzia Gestifute è attualmente l’uomo più potente del calcio globale. In occasione della campagna trasferimenti estiva del 2015 ha movimentato calciatori per 400 milioni di euro [24]. Adesso Jorge Mendes è il principale alleato europeo nel piano di sviluppo globale del calcio cinese [25]. Una potenza geopolitica e diplomatica, oltreché calcistica. L’ultima evoluzione del superagente. 5. In ultima analisi: perché contrastare fondi d’investimento e Tpo nel mercato dei calciatori? Per almeno quattro buoni motivi. Primo: in conseguenza dell’intervento di questi soggetti, il calcio diventa un incubatore finanziario nel quale del denaro viene iniettato soltanto per essere fatto fruttare e poi essere riportato fuori. Il mondo del pallone produce valore non per se stesso, ma per investitori esterni. Secondo: i club perdono sovranità sulle loro scelte, perché sono obbligati a far giocare i calciatori sui quali i fondi hanno puntato e poi a cederli quando sono i fondi a stabilirlo. Terzo: si crea un serio problema di libera concorrenza sul mercato del lavoro dei calciatori, perché quelli posti sotto l’ala protettrice dell’attore finanziario troveranno sempre occasioni di lavoro a scapito di altri che non hanno questo tipo di protezione, a prescindere dall’effettivo valore tecnico. Quarto, e più importante: la cessione in quota di calciatori a soggetti finanziari, in una logica di pura speculazione, configura una sorta di cartolarizzazione di esseri umani, totalmente contraria ai diritti e alla dignità della persona. È per tutte queste ragioni che bisogna appoggiare la battaglia della Fifa contro fondi e Tpo. Questi ultimi però evolvono verso nuove derive della finanziarizzazione calcistica. L’ultima novità sa tanto di subprime: una società londinese denominata XXIII Capital ha acquistato i proventi futuri di un gruppo di club europei, per un investimento totale di 73 milioni di dollari (di cui 16,3 in Italia, e ancora una volta Figc e Lega guardano altrove), per trasformarli in soccer bonds piazzati sul mercato statunitense con un rendimento del 3,7%. I futuri incassi dei club sono quelli da diritti televisivi e trasferimenti di calciatori [26], il che può prefigurare una forma mascherata di Tpo. Il denaro non dorme mai, e chi moltiplica sulla carta quello del calcio ha il sonno leggerissimo. Note: 1. M. GEREVINI, «Capo turco, società a Panama. Lo strano “animale” Doyen», Corriere della Sera, 21/6/2015. 2. M. ERCOLE «Lazio, Lotito attacca: “Andreson schiavo del fondo inglese”», la Repubblica, 24/6/2013. 3. F. PATANIA, «Lazio-Hernanes, ci siamo. Matrimonio imminente», Corriere dello Sport, 4/8/2010. 4. «Academia Traffic è vendida para time chinês», Desportivo Brasil, 11/4/2014. 5. J. MIKE BLAKE, «New Carolina RailHawks Owner Steve Malik Vows to Grow Local Soccer», The News&Observer, 30/10/2015. 6. «Three Brazilian Investors Acquire the Fort Lauderdale Strikers», BusinessWire, 19/9/2014. 7. «Acordo de delação de J. Hawilla ultrapassa US$ 151 mi; Traffic pode ser vendida», Portal Imprensa, 29/5/2015. 8. «Galliani, Lotito, Pulvirenti, Preziosi e... La Doyen Sports! Cena a Taormina per parlare di calciomercato», Goal, 14/7/2013. 9. Project TPO. Kpmg, 8/8/2013. 10. «Guaio Palermo: Zamparini deve 15M al fondo Pencil Hill per l’affare Dybala», Goal, 23/1/2016. 11. «Estigarribia: “Anche a Genova ‘Marcelo noi ti terremmo, ma...’ ”, TUTTOmercatoWEB, 27/9/2014. 12. A. DUFF, L. BALDOMIR, «Soccer Club with 200 Fans Earns $14 Million from Transfers», Bloomberg, 19/3/2014. 13. N. SCOTT, «Tiny Uruguayan Soccer Club Makes Millions as Undercover Transfer Market Middle-Man», USA Today, 19/3/2014. 14. «Tottenham Hotspur & Real Madrid – Gareth Bale», Football Leaks, 20/1/2016. 15. A. CORNEJO H., «Fondos de Inversión administrarán equipos de fútbol», Panamá América, 10/3/2000. 16. P. RUSSO, Gol di rapina. Il lato oscuro del calcio globale, Firenze 2014, Edizioni Clichy. 17. F. MACEDO, «Justiça Federal absolve Kia, Dualib e todos os acusados do caso MSI/Corinthians», Estadão, 3/4/2014. 18. A. OSTROVSKY, «Gazprom Buys Sibneft Stake for $13.1bn», Financial Times, 28/9/2005. 19. goo.gl/o6VJS9 20. M. SCHIRA, «Nasce la ragnatela dei “Locarno”, ilcaffé, 27/4/2014. 21. L. ZOMMER, M. TARRICONE, «Del negocio del futból al espionaje: quién es Gustavo Arribas», Chequeado, 10/3/2016. 22. C. Ştucan, «Pini Zahavi’s Balkan Football Empire», Futbolgrad, 21/2/2016. 23. P. RUSSO, «Pini Zahavi e il Chelsea mettono le mani sul Mouscron», Calciomercato, 3/7/2015. 24. S. DESPORTO, «Jorge Mendes movimentou 400 milhões neste defesso», SapoDesporto, 1/9/2015. 25. F. RUSSO, «Giochi di potere, Jorge Mendes e l’alleato cinese», Calciomercato, 23/11/2015. 26. F. RUSSO, «XXIII Capital, il calcio entra nell’epoca subprime: Figc e Lega che dicono?», Calciomercato, 17/3/2016.