di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 18/6/2016, 18 giugno 2016
TASI, IL NEMICO TI ASCOLTA
L’altro giorno, a lacrimare a favore di telecamera dalla finestra del San Raffaele accanto a Francesca Pascale, sarebbe dovuto esserci Matteo Renzi. Se malauguratamente l’ex Cavaliere non fosse sopravvissuto all’operazione, il nostro premier si sarebbe ritrovato all’improvviso senza spirito guida. Quindi senza idee. Giusto l’altroieri ha organizzato in tutta Italia il No Tasi Day, per festeggiare l’abolizione della tassa sulla prima casa, peraltro all’insaputa dei più, visto che ben pochi italiani hanno preso parte ai festeggiamenti. Ora, premesso che ogni tassa in meno è una buona notizia (sempreché non si ripresenti sotto le mentite spoglie di altri balzelli), bisognerebbe dare a Cesare quel che è di Cesare. Renzi, come tutti i provincialotti venuti giù dal contado, è convinto di aver inventato tutto lui: qualunque cosa faccia, o pensi, o dica, per lui è sempre la prima volta, un’esclusiva mondiale dalla notte dei tempi. E invece non è quasi mai così. La tassa sulla casa l’aveva abolita B. fra le proteste del Pd, poi l’aveva ripristinata Monti con il voto del Pd (e naturalmente di B.), poi l’aveva riabolita il governo Letta (su pressione di B.) ma solo per un anno, infine è arrivato Renzi, tomo tomo cacchio cacchio: ho avuto un’idea geniale, abolisco la Tasi, non ci aveva mai pensato nessuno, ganzo eh?
Ora, per carità, non sempre cambiare idea è cosa sconveniente. Ma a due condizioni: che chi la cambia non ci guadagni ogni volta che la cambia e, soprattutto, che chieda scusa per aver sostenuto un’idea sbagliata, spiegando cosa l’ha indotto a ricredersi. Nel 2013 i renziani veneravano la tassa sulla casa (allora si chiamava Imu) con lo stesso trasporto con cui oggi la condannano. Al punto da far sorgere un dubbio: che non abbiano cambiato idea (raramente ne hanno), ma semplicemente criticassero qualunque cosa facesse Letta e ora esaltino qualunque cosa faccia Renzi, anche se fa le stesse cose di Letta. Ecco il Renzi prima della cura: “Per creare lavoro dobbiamo dare una visione per i prossimi 20 anni. Il problema non è l’Imu” (20.5.2013), “Parliamo di emergenza abitativa e di sfratti. Basta parlare di Imu” (11.11.’13). E sentite Francesco Nicodemo: “Vabbuò Napolitano… non dici che l’abolizione dell’Imu è una vaccata?”, “Povertà e disoccupazione, e noi parliamo di Imu. Andatevene a fanculo” (20.5.’13). Molto efficace, e pure raffinato. Seguiva a ruota Andrea Marcucci, molto critico sulla subalternità di Letta a B.: “Mi auguro che il Pd nei prossimi mesi riesca a far approvare dal governo anche qualche sua proposta” (28.8.’13).
Poteva mancare Debora Serracchiani? Non poteva: “L’Imu non è la priorità, il tema dei temi è la rivisitazione del patto di stabilità per rimettere in circolo risorse e rilanciare l’economia” (13.8.2013), “Bisogna far pagare l’Imu sulla prima casa a chi se la può permettere e con quelle risorse dare respiro ai redditi più bassi” (8.11.2013).Il renzino tascabile Dario Nardella tuonava: “Sbagliato fare dell’Imu la madre di tutte le battaglie” (5.5.2013), “Tutta questa euforia sull’abolizione dell’Imu mi pare esagerata. Prima capiamo bene a quale prezzo la togliamo” (30.8.2013). Neppure Anna Finocchiaro aveva dubbi: “Certo che si possono ridurre le tasse. Ma l’Imu, dopo aver cancellato in modo demagogico l’Ici, serve anche ai Comuni” (18.1.2013). Ora, evidentemente, non serve più (anche perché le Comunali vanno maluccio). Andrea Romano era ancora montiano, prima della folgorazione sulla via di Pontassieve. E gliele cantava chiare, a Letta: “Decreto Imu da rivedere: la cambiale elettorale rischia di essere pagata da tutti” (11.11.2013). Ora Renzi, Nardella, Romano, Marcucci, Serracchiani, Finocchiaro e Nicodemo marciano compatti nelle piazze, sui social e pure nei cortili delle rispettive case contro l’odiosa tassa sulle medesime, finalmente abolita dal miglior governo della Storia.
L’economista ex civatiano Filippo Taddei, responsabile economico del Pd, spiega sull’Unità che schifezza fosse la Tasi e che idea meravigliosa sia stata abolirla: “Una tassa che giustamente veniva ritenuta odiosa e incoerente…. Abolirla ha rappresentato un segnale di sostegno molto concreto per coloro che avevano e hanno intenzione di investire… Il calo delle tasse influisce sugli investimenti e sui consumi”. Fantastico. Si dà però il caso che lo stesso Filippo Taddei, appena tre anni fa, la pensasse un filino diversamente. E non così, a naso, ma in base a dati inoppugnabili: “Abbiamo perso un anno a parlare di Imu, non possiamo permettercelo… L’importo medio dell’imposta sulla casa era di 250 euro l’anno, parliamo di 20 euro al mese, senza dimenticare che le fasce più deboli erano già esentate… Tagliare le tasse? Non possiamo nasconderci dietro a un dito. Le tasse seguono la spesa pubblica. Se vogliamo tagliarle dobbiamo iniziare da qui. Secondo Eurostat, nel 2010 la spesa per gli organi esecutivi, legislativi e affari esteri è in Italia dell’1% di Pil più alta della Gran Bretagna, dello 0,7% più della Germania e dello 0,8% più della Spagna. Parliamo di 16 miliardi e non si capisce il motivo. Dobbiamo tagliare” (Repubblica, 10.12.2013). Non solo: “La prima cosa da fare è reintrodurre l’Imu sulla prima casa, che è una patrimoniale, e usare le risorse per abbassare le tasse sul lavoro” (Il Fatto, 11.12.2013). Di più: “In una crisi epocale, abbiamo discusso per un anno di tagliare una tassa che costava 5 miliardi e in media 250 euro a famiglia: all’estero mi guardano come un marziano quando lo racconto. Bisogna tassare ciò che è immobile per favorire ciò che è mobile” (L’Espresso, 16.12.2013). E cosa c’è di più mobile di Filippo Taddei?
di Marco Travaglio, il Fatto Quotidiano 18/6/2016