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 2016  giugno 21 Martedì calendario

DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 20 GIUGNO 2016


Paolo Cialini, 47 anni. Di Mosciano Sant’Angelo (Teramo), tecnico informatico, «brava persona», sposato, l’altro giorno, fermo a un incrocio sulla sua Punto bianca con la figlia di 7 anni, suonò il clacson perché uno che stava davanti a lui, il caldaista Dante Di Silvestre, 59 anni, sposato, una figlia ventenne, da tutti descritto come un «uomo mite, gran lavoratore», non si decideva a ripartire. Tra i due scoppiò una lite, il Cialini mollò al Di Silvestre un pugno e un calcio ai genitali, quindi rimontò in auto e fece per andar via ma l’altro lo inseguì, gli tagliò la strada, e davanti agli occhi della bambina senza dire una parola gli infilò un coltello da cacciatore dritto nel cuore.
Poco dopo le 15.30 di martedì 14 giugno in viale Orsini, pieno centro di Giulianova lido, Teramo.

Angela Fusco, 56 anni. Insegnante di Palma Campania (Napoli), sposata da trent’anni con Aniello Lamberti, 59 anni, noto ortopedico in servizio all’ospedale di Nola, «ironico, sempre allegro». I due da anni non si sopportavano più eppure continuavano a vivere assieme. L’altra mattina, durante l’ennesima lite, lui tirò fuori una pistola e sparò due colpi nella testa della moglie. Subito dopo andò in balcone e si buttò di sotto. Volo di tre piani.
Alle 10 di mattina di mercoledì 15 giugno in un elegante appartamento in via Croce a Palma Campania (Napoli).

Maria Adeodata Losa, 87 anni. Nubile, senza figli, «riservata e discreta», «benvoluta da tutti», ancora piena di forze nonostante l’età, una vita trascorsa a lavorare come governante a Milano, da qualche tempo era tornata a Torre De’ Busi, in località Sogno, frazione con una sessantina di abitanti sulle montagne lecchesi. Lì viveva con la sorella Leonilda, 96 anni, lucida ma da due anni bloccata a letto per via di una paralisi. Giovedì mattina come d’abitudine andò a comprare la frutta fresca in piazza, poi tornò a casa e in serata aprì la porta a qualcuno che probabilmente conosceva e che chissà perché le infilò un coltello nella gola e nel petto. Il cadavere, trovato sabato a pancia in giù sul pavimento della cucina, in una pozza di sangue, da una pronipote (dalla casa, in ordine, non sarebbe stato portato via nulla).
Giovedì 9 giugno a Sogno di Torre de’ Busi, frazione sulle montagne al confine fra la provincia di Lecco e quella di Bergamo.

Stefano Melillo, 28 anni. Di Toritto (Bari), da qualche tempo era fidanzato con l’ex moglie di Crescenzio Burdi, 40 anni, operaio. Costui, che lo riteneva responsabile della fine della storia con la donna da cui aveva avuto una bambina, l’altra sera gli diede appuntamento «per parlare» vicino al cimitero di Binetto. Ben presto scoppiò una lite e il Burdi strinse le mani attorno al collo del Melillo. Siccome in quel modo non era capace di ammazzarlo, afferrò una grossa pietra e gliela spaccò sulla testa. Quindi diede fuoco al cadavere con l’idea di farlo sparire ma siccome riuscì solo a bruciacchiarlo lo sollevò e lo gettò in un pozzo pieno d’acqua. Il cadavere, trovato grazie a una telefonata anonima giunta al 112.
Mattina di martedì 14 giugno a Binetto, provincia di Bari.

SUICIDI

Antonio Bedin, 69 anni. Di Montebello Vicentino, ex dirigente del Pci locale, ex perito chimico nel gruppo Ferroli. Aveva investito tutto nella Banca Popolare di Vicenza, ma pure lui, come gli altri 200mila azionisti delle ex Popolari venete, aveva dovuto assistere al devastante falò della svalutazione. E così le sue quote, acquistate con un investimento di 290mila euro e giunte nel tempo a valere anche mezzo milione, si erano ridotte a nemmeno 800 euro. Tuttavia sul conto aveva ancora 200mila euro. Era però preoccupato, forse anche per delle cure che avrebbe dovuto affrontare per alcuni problemi di salute. Con il fratello Gaetano si lamentava sempre della truffa subita: «Ce li hanno fregati quei soldi, non tornano più indietro», gli diceva spesso. L’altro giorno si chiuse in camera da letto, scrisse un biglietto a Gaetano: «Sto troppo male. Voglio essere cremato e sepolto nella tomba vecchia. In chiesa niente predica, solo un ringraziamento ai presenti». Si raccomandò per i suoi cani: «Trattali bene. I soldi ci sono». Si tirò un colpo di pistola al petto.
Sera di mercoledì 15 giugno a Montebello Vicentino, centro di neanche settemila anime alle pendici dei monti Lessini.

Matteo Ferrando, 26 anni. Genovese, fidanzato, orfano di entrambi i genitori, viveva con la nonna. Appassionato di basket, street art e viaggi, iscritto all’Università, aveva raccontato a tutti che stava per laurearsi ma in realtà non dava esami da due anni. L’altro giorno andò in un piccolo monolocale dove si rifugiava per stare tranquillo portandosi appresso la 44 Magnum con cui sparava al poligono. Scrisse due biglietti, uno per la nonna, uno per la fidanzata, «Scusatemi se vi ho deluso», si puntò l’arma alla tempia e fece fuoco.
Pomeriggio di giovedì 16 giugno in un monolocale in via Romana di Quarto, Genova.