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 2016  giugno 21 Martedì calendario

GORILLA PER SETTE

Disperazione in rete per il caso di Harambe, gorilla di pianura occidentale (specie a rischio di estinzione), 17 anni, 180 chili di peso, ucciso sabato 28 maggio nello zoo di Cincinnati dai funzionari di sicurezza dopo che un bambino di 3 anni era caduto nel fossato in cui l’animale viveva (Monti, Cds). Thane Maynard, direttore dello zoo: «Il bambino non era sotto attacco ma era certamente in pericolo» (Messaggero).

Uno studio del Media Research Center ha rivelato che le televisioni mainstream hanno dedicato alla morte di Harambe sei volte il tempo che hanno riservato all’esecuzione da parte dello Stato islamico dei cristiani copti un anno fa. Dalla Cnn a Msnbc, i media hanno fustigato la negligenza dei genitori del bambino finito nella gabbia, Deonne Dickerson e Michelle Gregg. Una petizione online chiede allo stato dell’Ohio di togliere ai genitori la custodia dei figli (400 mila firme). Un gruppo di manifestanti ha organizzato veglie allo zoo per piangere l’animale. Il comico inglese Ricky Gervais: “Sembra che alcuni gorilla facciano i genitori meglio di alcune persone” (Meotti, Foglio).

Un video mostra un caso del 1986. Il bambino Levan Merrit cadde nella fossa del gorilla Jambo nello zoo dell’isola di Jersey, in Inghilterra. Levan dorme o fa finta di dormire. Jambo lo guarda, lo tocca, non mostra la minima attenzione aggressiva. Quella volta distrassero la bestia e tirarono fuori il piccolo senza spargimenti di sangue (Gda, Gazzetta).

Storia raccontata da Danilo Mainardi. Siamo nel Kent. Un padre porta ogni volta che può la propria figlioletta neonata Tansy allo zoo e la mette in braccio alla gorilla Djalta, che la coccola volentieri. Lui scatta un mucchio di foto. Passano 23 anni, e padre e figlia vanno in vacanza nel Gabon. Fanno trekking nella foresta e a un certo punto, da dietro un albero, spunta fuori Djalta. Baci e abbracci, incredulità, la gorilla ha riconosciuto i suoi amici di un tempo (ibidem).

Descrizione del gorilla su Wikipedia: «È un animale grande e forte, dal caratteristico pelo nero e folto. Nonostante la grandezza e l’aspetto imponente, i gorilla sono animali relativamente pacifici e tranquilli».

Il gorilla, spesso stereotipato come violento, nelle parole dello studioso George Beals Shallers, oggi 82enne e primo a studiarli sul campo: «Chi incontra lo sguardo di un gorilla — intelligente e vulnerabile — non può restare indifferente perché la distanza fra noi e loro svanisce; impariamo che quella creatura vive ancora dentro di noi».

Il patrimonio genetico umano è uguale a quello degli scimpanzè per il 99,4%, a quello del gorilla per il 98%.

I gorilla, prevalentemente vegetariani, dedicano quasi la metà del giorno a mangiare steli, germogli di bambù e frutti, integrando con cortecce e invertebrati.

Ogni anno il 10% della popolazione di gorilla di pianura (già ridotta al lumicino da deforestazione e malattie) viene trucidata dai bracconieri per il commercio di carne e trofei.

I gorilla di pianura occidentale, considerati in pericolo di estinzione secondo la Lista rossa dell’Unione mondiale per la conservazione della natura, che ne stima una popolazione di un massimo di 100 mila individui distribuiti tra Angola, Camerun, Repubblica Centrafricana, Congo, Guinea Equatoriale e Gabon.


Il massiccio dei Virunga (in territorio rwandese) ospita 480 degli 880 gorilla di montagna del mondo in un minuscolo ecosistema di 400 chilometri quadrati all’ombra di cinque vulcani. Gli altri 400 vivono nella Bwindi Impenetrable Forest in Uganda.


Negli ultimi dieci anni la popolazione dei gorilla di montagna è diminuita del 75% a causa dei bracconieri a caccia della loro carne (bushmeat), del commercio illegale di prodotti derivati e della deforestazione, che ogni anno distrugge nel bacino del Congo 700.000 ettari di foresta. Secondo le Nazioni Unite al tasso attuale di bracconaggio e perdita di habitat, la maggior parte delle popolazioni di gorilla potrebbe sparire entro 10 anni. E ora si aggiunge la minaccia delle grandi industrie del petrolio che hanno già acquistato concessioni per l’esplorazione petrolifera in circa l’85% del Parco del Virunga.

Sul mercato illegale africano, un piccolo di gorilla può essere venduto a una somma che va da 15.000 a 40.000 dollari; la sua mano viene venduta come trofeo a meno di 6 dollari; un chilo di carne di gorilla vale da pochi centesimi a pochi dollari. Da vivo e in un habitat sano e vitale, ogni gorilla fa arrivare all’industria del turismo 25.000 dollari l’anno.

Koko, la gorilla di 44 anni che parla con l’uomo attraverso il linguaggio dei segni. Seguita dalla sua insegnante Panny Patterson da quando aveva un anno, conosce e utilizza oltre mille parole e, in inglese, ne capisce duemila.
Alla morte del gattino All Ball, con cui era solita giocare, a gesti comunicò: «Koko è triste perché è morto All Ball»


Koko, 150 chili di peso e 86 punti di quoziente intellettivo (100 è il punteggio medio per gli umani).

Nel 1972 il primo incontro tra Koko e la sua maestra Francine ”Penny” Patterson. Allora Koko era un cucciolo di tre mesi d’età mentre Penny, studentessa di psicologia all’università di Stanford, voleva semplicemente scrivere una tesi di dottorato sulla comunicazione tra le specie. Ma tra lei e Koko si creò un legame che la convinse a continuare il lavoro: all’inizio Koko imparò i segni di parole piuttosto semplici come bere e mangiare, a sei mesi dall’inizio dell’insegnamento era già capace di combinare segni, fare domande, parlare con se stessa. E inventava nuovi termini per oggetti sconosciuti: il segno che significa ”baby” più quello che rappresenta ”elefante” per indicare un Pinocchio di legno, ”bottiglia” più ”fiammifero” per accendino, ”occhi” più ”cappello” per maschera, ”braccialetto” più ”dito” per anello, ”tigre” più ”bianca” per zebra.

Koko rivelò anche la capacità di mentire. Una volta, scoperta a rosicchiare una matita e ripresa dall’istruttore, fece il segno per labbra, fingendo di mettere il rossetto.

Nell’aprile del 1998 Koko divenne una star grazie alla prima chiacchierata virtuale tra un uomo e una scimmia su America On line. Per quarantacinque minuti restò davanti al computer, rispondendo a una decina tra le oltre tredicimila domande arrivate un po’ da tutto il mondo. Ad esempio: «Qual è la tua bevanda preferita?». Risposta: «Il succo di mela». «Qual è il tuo programma tv preferito?». Risposta: «I documentari sulla natura». Naturalmente, a fare da traduttrice tra Koko e i suoi fans c’era Penny, che digitava sui tasti le risposte espresse a segni dalla scimmia. Alla fine, quando fu stufa, Koko mandò l’ultimo messaggio: «Lights Off. Good» («Luci spente. Bene»). E si mise a giocare con una bambola.

Gli studi su Koko e altri primati furono ampiamente divulgati dai mass media e alcuni ricercatori dichiararono che le scimmie erano in grado di costruire frasi di diverse parole. Ma qualcuno non era convinto. Esaminando i video delle ”conversazioni” tra ricercatori e scimpanzé, altri studiosi decretarono che gli animali, più che utilizzare attivamente il linguaggio, avevano semplicemente imparato a compiacere l’uomo contorcendo le mani in ogni sorta di configurazione. E i loro maestri-traduttori, magari in buona fede, credevano di leggere, in quei gesti sconclusionati, delle parole.

Nel 2005 per la prima volta sono stati osservati e fotografati dei gorilla in libertà mentre usavano strumenti (studio condotto da Thomas Breuer, della Wildlife conservation society, pubblicato sulla rivista Plos biology): una gorilla femmina di nome Leah prima di attraversare uno specchio d’acqua ha usato un bastone per misurarne la profondità; un’altra femmina, Efi, è stata vista muoversi nella foresta portando con sè un bastone che usava per scopi vari: prima per reggersi in equilibrio con una mano mentre cercava cibo con l’altra, poi per attraversare un terreno fangoso. Le osservazioni sono state condotte a partire dal 1995 nella foresta di Mbeli Bai, all’interno del parco nazionale Nouabalè-Ndoki, nella repubblica del Congo. La scoperta è importante perchè già si avevano prove dell’utilizzo di strumenti da parte di tutti gli altri grandi primati (scimpanzè, oranghi, eccetera). Solo i gorilla mancavano all’appello.



In natura i gorilla di montagna (Gorilla beringei beringei) impiegano le canne di bambù per arrampicarsi sugli alberi oppure per arrivare a toccare angoli e anfratti che altrimenti sarebbero loro preclusi. Lo dimostra uno studio condotto nel 2013 dal Max Planck Institute for Anthropology e dalla University of Western Australia al Dian Fossey Gorilla Fund’s Karisoke Research Center in Ruanda (ricerca pubblicata sulla rivista Behavioural Processes). Lo studio descrive il caso di una mamma gorilla che ha impiegato una canna di bambù come scala per permettere al figlio di raggiungerla su un albero. Ha proteso il bastone verso il cucciolo invitandolo a farne uso per arrampicarsi. In altri casi i ricercatori hanno accertato l’uso di un bastone per esplorare il fondo di una pozza di fango e di un tronco per attraversare un torrente da una sponda all’altra. Gli animali hanno sistemato il tronco in modo da costruire una sorta di ponte che agevolasse la traversata.

Gli scimpanzè sono molto abili a impiegare strumenti ma lo fanno esclusivamente per procacciarsi il cibo. I gorilla impiegano quello che trovano nell’ambiente per migliorare le condizioni di vita e riuscire a facilitarsi gli spostamenti.


L’altezza media dei maschi adulti di gorilla si aggira intorno ai 160–170 cm, il peso intorno ai 140–180 kg. Le femmine adulte sono spesso di metà stazza rispetto a un silverback (i maschi adulti, così chiamati per il colore argento della schiena): la loro altezza si aggira intorno ai 140 cm, il peso tra i 70 e i 100 kg.

Il caso del gorilla obeso che pesava 270 chili.

Il pene del gorilla è lungo in media quattro centimetri.

Proporzionalmente alla massa corporea, il suo pene è fra i più piccoli.

L’osso penico o baculum che garantisce ad alcuni animali tra cui i gorilla erezioni rigide e prolungate.

Nel 2008 fotografi della Wildlife Conservation Society di New York fotografarono per la prima volta una coppia di gorilla intenti a fare sesso nella posizione del missionario, ovvero faccia a faccia. A quanto si sa, questa posizione tipicamente umana è presente nel regno animale soltanto tra i bonobo. I ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia (Germania): «Già sapevamo che i gorilla in cattività talvolta si accoppiano frontalmente, ma finora non erano mai stati fotografati in questa posizione nel loro ambiente naturale. Non possiamo dire quindi quanto questa posizione sessuale sia comune. Certo è che è sempre affascinante scoprire similarità nel comportamento di primati e esseri umani».

Il mese scorso (maggio 2016) ricercatori australiani hanno osservato per la prima volta in Ruanda comportamenti omosessuali tra femmine di gorilla. In molti casi sembra che a far scattare la molla tra due femmine di gorilla fosse il rifiuto di un rapporto sessuale da parte di un maschio, e quindi la necessità di appagare un desiderio sessuale frustrato. In altri sembrava essere in gioco quello che i ricercatori hanno definito “pornographic effect”, un eccitamento simile a quello che provoca la pornografia: alcune femmine ad esempio si dedicavano a rapporti omosessuali dopo aver assistito a rapporti eterosessuali tra altri individui; e al contrario, alcune coppie di femmine sembravano utilizzare i loro rapporti “saffici” per stimolare un maschio con cui volevano accoppiarsi.



Le donne giapponesi che fanno la fila allo zoo di Higashiyama, a Nagoya, davanti alla gabbia di Shabani, gorilla maschio di 18 anni. Lo chiamano e lo assediano sperando che si volti verso di loro. Motivo: avrebbe uno sguardo magnetico.

Scalpore negli anni Venti per gli esperimenti del chirurgo russo Sergej Voronov, che aveva trapiantato nell’uomo testicoli prelevati da scimmie antropomorfe. Voronov visse per qualche tempo in Liguria ed era già morto da più di quarant’anni quando due persone nel 1997 giurarono d’aver visto sulle alture di Ventimiglia uno strano essere, alto due metri, con corpo da gorilla e testa d’uomo, a loro dire prodotto degli esperimenti del russo.


Marina Davila Ross, psicologa della University of Portsmouth, in Inghilterra, nel 2009 provò a fare il solletico a oranghi, gorilla e scimpanzé giovani o ancora cuccioli, ottenendo vocalizzazioni molto simili al riso.


La primatologa Davila Ross dell’università di Portsmouth ha fatto il solletico sul collo, sotto i piedi e le ascelle a 22 esemplari di 4 specie diverse di primati e a tre cuccioli d’uomo. E ha registrato più di 800 risate diverse. Negli uomini la vibrazione delle corde vocali avviene a frequenze e ritmi più regolari rispetto a gorilla, oranghi e scimpanzé. Ridendo i primati emettono suoni simili a grugniti. Mentre la nostra specie ride solo espirando, le scimmie riescono a farlo anche mentre ingoiano aria, dando al loro sghignazzare un ritmo sincopato e ansimante.



Fra i primati, a differenza degli umani, il riso non è contagioso.

Le femmine di gorilla che arrivano a vegliare i cuccioli morti fino alla decomposizione dei corpi.




Fiocco di neve, famosissimo perché unico gorilla albino al mondo, morto nel 2003 all’età di 40 anni (che equivalgono agli 80 di un uomo) nello zoo di Barcellona. Era affetto da un tumore alla pelle, il primo riscontrato in un gorilla (forse dovuto al suo stato di albino). ”Copito de Nieve”, Fiocchetto di neve in spagnolo, era stato trovato nel 1966 tra il Camerun e l’attuale Guinea Equatoriale e aveva avuto 22 figli.

Gorilla e gli scimpanzé costruiscono nidi con rami e foglie.


L’etologa Dian Fossey, nata a San Francisco il 16 gennaio 1932, a trent’anni lasciò l’America per vivere tra i gorilla di montagna del Rwanda: voleva studiare i comportamenti dei primati, comprendere il loro linguaggio e i loro gesti, ma anche abituarli alla sua presenza. Nel 1970, i suoi sforzi furono ricompensati: Peanuts, un maschio adulto, le toccò la mano. Era il primo contatto amichevole tra un gorilla e un umano. Anni dopo, i bracconieri uccisero Digit, il gorilla prediletto dalla Fossey. Da lì la studiosa cominciò una dura battaglia contro la caccia ai primati, scontrandosi con i bracconieri e con le autorità locali. La sua storia finì sulle pagine del ”National Geographic” e commosse il mondo intero: grazie alle donazioni dei lettori, l’etologa fondò il Dian Fossey Gorilla Fund, che ancor oggi si occupa della protezione dei primati. Dopo diciotto anni vissuti in Africa, Fossey tornò negli Usa e scrisse l’autobiografia Gorilla nella nebbia, da cui fu tratto, nel 1988, il film-documentario che ha per protagonista Sigourney Weaver. Terminato il libro, la Fossey, ormai nota per le sue ricerche, tornò in Africa. Il 26 dicembre 1985 fu assassinata nel suo accampamento di Karisoke, tra Rwanda e Zaire.

Dian Fossey fu assassinata con lo stesso machete che i bracconieri usavano per uccidere i gorilla.

L’omicidio di Dian Fossey non ha mai trovato un colpevole ma fu evidentemente legato all’attività contro i bracconieri che conduceva con ispezioni del parco settimanali dopo essere stata testimone diretta delle atrocità commesse sui gorilla e sulla ferocia delle trappole dei cacciatori di frodo. Molti anni dopo, nel 2012, una notizia da Karisoke ha fatto il giro del mondo: due giovani gorilla erano riusciti a riconoscere e smantellare diverse trappole, un comportamento mai osservato prima dagli etologi. 



Test dello specchio inventato dallo psicologo Gordon Gallup per stabilire se un animale ha coscienza di sé: lo si abitua a guardarsi in uno specchio, poi lo si anestetizza e gli si dipinge una macchia colorata sulla faccia. Al risveglio gli viene reso lo specchio. Oranghi, scimpanzé e gorilla cercano di togliersi la macchia. Nessun’altra scimmia supera il test.

Quando sono felici, i gorilla ruttano.