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 2016  giugno 17 Venerdì calendario

I GIAPPONESI TORNANO A METTERE I SOLDI NEL FUTON


TOKYO. Un conto in banca? No, grazie, preferisco nascondere i risparmi nel futon, questa la sorprendente risposta di molti giapponesi di ogni ceto, siano essi contadini di isolati villaggi, o managers di grandi aziende.
Secondo i dati dalla Banca del Giappone (BOJ), infatti, è sempre più invalsa l’abitudine di nascondere i risparmi in casa, piuttosto che depositarli in banca. Naturalmente, per ragioni di spazio, la banconota preferita è quella di maggior valore emessa dalla BOJ, il biglietto da diecimila yen (si pronuncia en e vuol dire cosa rotonda), nella quale è raffigurato il grande scrittore del XIX sec. Fukuzawa Yukichi. Diecimila yen equivalgono a 80 euro.
Il ripostiglio preferito è il futon (vuole dire materasso arrotolato), il tradizionale materasso in cotone, che si srotola la sera sul tatami, il pavimento di fibra di riso pressata, e si arrotola al mattino per riporlo nei grandi armadi ad ante scorrevoli, permettendo qualsiasi altro uso che si voglia della stanza.
Ma il rischio di subire un furto?, viene lecito chiedersi. In Giappone è un’eventualità molto rara, anche se recentemente sui muri di alcuni quartieri delle grandi città vengono attaccati piccoli manifesti con l’avvertimento «attenti ai ladri». E la figura di uomo ritratta nel poster non ha le caratteristiche somatiche di un asiatico.
Al fenomeno dell’accaparramento di quella banconota ha corrisposto uno speculare assottigliamento della stessa circolante nel Paese, tale da costringere in questi giorni il Ministero delle Finanze a prendere la decisione di stamparne 180 milioni in più rispetto all’anno passato, raggiungendo un totale di 1,23 miliardi di biglietti di quel valore. Secondo il Ministero, la ragione di questa incetta di banconote è dovuta al fatto che gli interessi sui depositi bancari sono precipitati sotto zero dopo l’introduzione da parte della BOJ di un tasso di interesse negativo nello scorso febbraio. «Si calcola che l’ammontare del danaro celato in casa sia aumentato nell’anno fiscale 2016 di 5 triliardi di yen, raggiungendo un totale di 40 triliardi» ha dichiarato Hideo Kumano, capo del servizio economico del Dai-ichi Life Research Institute di Tokyo (1000 yen equivalgono a circa otto euro). Kumano ritiene che dietro il frenetico accaparramento di banconote da diecimila yen ci sia il timore che il fisco venga a conoscenza della reale entità dei patrimoni grazie alla recente introduzione del nuovo sistema anagrafico chiamato My Number (in inglese nel testo della legge) che assegna un numero di dodici cifre di identificazione personale ad ogni individuo (giapponese o non), residente in Giappone; numero che non potrà essere più cambiato per tutta la vita, a meno che il titolare non si senta minacciato di morte e desideri cambiare identità per sfuggire ai suoi persecutori.
Il progetto del governo è di sostituire gradualmente con My Number ogni documento di identità, compresi passaporto, patente di guida, dichiarazione dei redditi, situazione pensionistica, informazioni bancarie del titolare. Attraverso My Number sarà possibile richiedere rimborsi per danni subiti in catastrofi naturali ed effettuare ogni genere di spesa, comprese quelle alimentari. My Number sarà, insomma, una sorta di «grande fratello» orwelliano al cui controllo sarà difficile sfuggire.
La distribuzione delle carte magnetiche con i chip contenenti numeri e tutti i dati del titolare è iniziata a gennaio di quest’anno e sta proseguendo celermente. La complessa e controversa operazione sarà, nei piani del governo, completata entro il 2021. Naturalmente sono molte le grida di allarme lanciate dai paladini della difesa della privacy, ma il governo ha potuto non tenerne conto per la perdurante inconsistenza dei partiti di opposizione. L’incetta di banconote da diecimila yen viene da molti vista come una pragmatica forma di protesta da parte dei cittadini che vogliono così dimostrare la loro scarsa fiducia nella capacità degli istituti bancari di difendere la loro privacy di fronte alla penetrazione profonda escogitata dal governo con l’istituzione di My Number.
Il governo ha lanciato una tambureggiante campagna mediatica per rassicurare l’opinione pubblica, ma la gente non sembra disposta a lasciarsi incantare dalla bella voce della pop star Aya Ueto e dal coniglietto bianco che accompagna le sue esibizioni televisive, figura centrale e un po’ ossessiva degli spot promozionali governativi, come sta a dimostrare il sempre crescente accaparramento delle banconote di grosso taglio.
D’altro canto, la fiducia nella volontà delle autorità di informare correttamente l’opinione pubblica ha subito un ulteriore scossone in questi giorni con la pubblicazione della classifica dei Paesi con maggiore libertà di stampa in cui il Giappone è rotolato dal 61mo al 72mo posto, avanti alla Cina di soli 4 posti. Hiromichi Morita, uno degli ideatori del progetto, afferma: «Oltre all’ovvio, drastico taglio alle spese e ai tempi burocratici, il nostro progetto punta alla creazione di una società più equa, grazie alla possibilità di un più accurato controllo fiscale, eliminando ogni possibilità di evasione e di illeciti godimenti di benefici sociali».
L’aspetto più preoccupante del progetto è che governo, magistratura e polizia potranno liberamente accedere ai dati di persone indagate. Siji Mizunaga, avvocato di Tokyo, mette in guardia: «Nonostante i lodevoli sforzi del governo, non esiste il rischio zero. Non esistono progetti umani a rischio zero. Falsificazioni di carte di credito, passaporti e patenti di guida continuano a registrarsi e non si capisce perché il governo pensi che non dovrebbe succedere anche con My Number. Nella nostra professione abbiamo spesso a che fare con l’abuso di autorità da parte della Polizia. Si può esser certi che il problema si acuirà con il libero accesso ai dati immagazzinati nelle card di My Number. Presto arriveremo al giorno in cui sarà possibile per un poliziotto fermare per strada un cittadino e ingiungergli di esibire il suo numero senza alcun bisogno di un’autorizzazione da parte di un magistrato inquirente».
Takashi Shiraishi, portavoce di un gruppo che si attiva per l’abolizione del progetto, commenta: «Il governo sta trasformando il Giappone in uno stato di polizia. My Number è un lugubre messaggero che annuncia l’avvento di uno stato totalitario».
Parole dure, che però non rallentano l’azione del governo verso un rapido completamento del progetto. La tradizione vuole che una buona shufu (massaia) esponga all’aria ogni mattino il futon e lo batta energicamente con il futon tataki, molto simile al nostro battipanni, per liberarlo da residui di polvere e umidità. Un osservatore attento noterebbe in questi giorni una certa diminuzione di queste sonore attenzioni igieniche per i futon, perché molti sono destinati ad un’altra mansione: quella di casseforti. E siccome il detto pecunia non olet di vespasiana memoria è valido anche per le narici nipponiche, in un sempre maggior numero di case giapponesi si ritiene che non ci sia bisogno di esporre i futon alla finestra per fargli prendere aria. Al contrario, bisogna tenerli ben arrotolati e nascosti nel fondo degli armadi con il loro prezioso e lievitante contenuto.