Massimo Oriani, La Gazzetta dello Sport 14/6/2016, 14 giugno 2016
EA7 CAMPIONE D’ITALIA. L’ARMANI DEL BASKET CONQUISTA IL VENTISETTESIMO SCUDETTO. SUDATO
GAZZETTA–
Ventisette è il numero della felicità, quello di uno scudetto sudato, dannatamente difficile, vinto con una partita di grandissima intensità, giocata con la testa molto più che con le gambe, venute ormai a mancare ad entrambe le contendenti a capo di playoff assurdi per la loro lunghezza. Alessandro Gentile alza la coppa sotto una pioggia di coriandoli tricolori. È la sua vittoria, anche se l’mvp va a Rakim Sanders, meritatamente. Soprattutto perché quella di ieri con molte probabilità è stata la sua ultima partita in maglia Olimpia. Lo aspetta una sfida molto più grande, quella della Nba con Houston. Non ha fatto una finale indimenticabile, ma ieri sera ha preso per mano la squadra nei momenti difficili, non ha mai perso il controllo di se stesso e della gara. Se lascerà veramente, lo fa da campione d’Italia. Eppure, il PalaBigi sembrava ripresentarsi come l’Everest da scalare senza bombole d’ossigeno per un’Olimpia incapace di correre e men che meno di far canestro a difesa schierata. Un secondo quarto da museo degli orrori, nel quale segnava solo otto punti e incassava un 12-0 che la spingeva a -11 (38-27) pareva spalancare alla Reggiana le porte se non del Paradiso, almeno della bella al Forum. Il fattore campo pareva ancora una volta farla da padrone. Ma stavolta c’è stata quella reazione meneghina che era mancata nelle precedenti due sfide in Emilia. Rientrata in campo dopo la pausa, Milano è apparsa subito trasformata. Più convinta, più cattiva, più logica anche nella gestione repesiana dei quintetti.
VOLATA Il miglior Batista dell’anno e un Simon che speriamo di non vedere in queste condizioni a Torino quando ce lo troveremo di fronte al Preolimpico con la Croazia, sempre sotto la costante regia di Gentile, ricucivano in fretta lo strappo. Poi iniziava la lunga volata, una di quelle dove nessuno ne ha veramente più e vince chi sbaglia di meno. Ovvero l’Olimpia, nonostante un Kaukenas da Libro Cuore, immenso, eterno. Sanders e Macvan scavavano il solco tricolore, anche se non mancavano i brividi finali con un paio di perse banalissime che ridavano due volte la palla del pareggio ai ragazzi di Menetti. Ma Della Valle e Polonara forzavano dall’arco e quando Sanders metteva i liberi, poteva iniziare la festa milanese. Più bella perché non così scontata come tutti credevamo. Perché di fronte ha avuto un’avversaria fantastica, che ha confermato di valere questi livelli e che non potrà che crescere vista la bontà del progetto.
SQUADRA NUOVA «Abbiamo faticato tantissimo, è stato un anno estremamente difficile, squadra nuova con tanti cambiamenti, ma abbiamo giocato di cuore – dice Repesa – Ringrazio tutti ma proprio tutti, con in testa Giorgio Armani. Comunque alla fine abbiamo vinto scudetto e Coppa Italia». Obiettivi raggiunti quindi, anche se è inevitabile ora aspettarsi molto di più in Europa. «Abbiamo vissuto grandi esperienze – dice invece Menetti –, ci riproveremo il prossimo anno. Due finali di fila significa che stiamo lavorando bene. Ci sono mancate le forze alla fine e abbiamo anche pagato i problemi di falli. Certo che è diventato difficile migliorarsi anche perché vorrebbe dire vincere lo scudetto ma andremo avanti col nostro progetto basato sugli italiani. Complimenti a Milano». Sì, complimenti all’Olimpia, perché chi vince alla fine ha sempre ragione. Non è stata una schiacciasassi ma la sua lunghezza, la sua stazza, la sua fisicità, si sono rivelate fondamentali in una serie vinta quasi per sfinimento. Gara-6 è stata esteticamente una bruttura (28/72 per Reggio, 27/61 per Milano al tiro su azione), ma siamo certi che all’EA7 non importa un bel nulla. Quel che conta è la coppa alzata al PalaBigi. Ventisette volte. Provate a prenderla, se ci riuscite.
Massimo Oriani, La Gazzetta dello Sport 14/6/2016