Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 05 Domenica calendario

ALDO NOVE TORNA SUL LUOGO DEL DELITTO – 

«Restiamo umani. Basta realtà». Cos’è successo ad Aldo Nove per fargli scrivere una frase come questa? Cos’è successo a tutti noi? Se alle due domande si può rispondere solo insieme, allora con Anteprima mondiale Nove ha messo a segno un grosso colpo. Se invece basta rispondere alla prima è in un bel guaio. Anteprima mondiale si presenta esplicitamente come uno spin-off di Woobinda , la raccolta di brevi prose pubblicata da Castelvecchi che, complice anche un certo successo di scandalo (era l’epoca in cui scandalizzavano gli «scrittori cannibali»: beata ingenuità, che nostalgia) lo lanciò nel 1996, giusto vent’anni fa. Già l’incipit fa il verso all’incipit di allora, nel frattempo diventato proverbiale: «Ho ammazzato i miei genitori perché usavano un bagnoschiuma assurdo, Pure & Vegetal. Mia madre diceva che quel bagnoschiuma idrata la pelle ma io uso Vidal e voglio che in casa tutti usino Vidal. Perché ricordo che fin da piccolo la pubblicità del bagnoschiuma Vidal mi piaceva molto. Stavo a letto e guardavo correre quel cavallo. Quel cavallo era la libertà. Volevo che tutti fossero liberi. Volevo che tutti comprassero Vidal».
Questo era Woobinda . In Anteprima mondiale al posto del Pure & Vegetal troviamo Aldo Nove stesso («Ho ammazzato i miei genitori perché leggevano un libriccino assurdo, Woobinda di Aldo Nove»), mentre i libri prediletti dal parricida sono quelli di Harry Potter.
Ciò che rimane uguale è la violenza insensata, la crudeltà apatica, la nuda vita che può essere soppressa in qualsiasi momento anche perché non è che avesse dato gran prova di sé in quanto degna di essere vissuta. Il fatto che l’autore si sia sostituito al bagnoschiuma è una semplice arguzia metaletteraria?
Non direi. Non è soltanto col suo nome (peraltro uno pseudonimo) che Aldo Nove è entrato nel quadro. I microracconti di Woobinda erano scritti alla prima persona, ma il concerto di «io minimi» che si esibivano in quelle pagine era eseguito da un coro di consumatori imbesuiti dalle merci sul cui linguaggio degradato l’autore si chinava con un misto di scherno e di commozione creaturale. Consumatori felici, però, questo è il punto; o che almeno dicevano di esserlo. Suscitavano in fondo più invidia che disprezzo: loro sì che si godevano i gadget, gli ipermercati, la pornografia e la televisione spazzatura. L’autore no; e anche se con grande onestà stilistica riconosceva di non avere nessun altro godimento reale da proporgli (a parte quello letterario, destinato però inevitabilmente a una platea di happy few in grado di cogliere i doppi e i tripli fondi di quella messa in scena di una lingua intessuta di stereotipi, nessi pseudocausali, ragionamenti barzotti, orgoglio della mediocrità: chi sta meglio di me?), la distanza tra quelli e lui non avrebbe potuto essere più grande. Nove poteva mimare il loro linguaggio. Loro non avrebbero mai potuto fare lo stesso col suo.
In Anteprima mondiale , invece, la distanza si è assottigliata, talvolta fino quasi allo zero. Molti pensieri e periodi, refertati con la stessa maestria nella loro desolante disarticolazione, sono da ricondurre direttamente a lui. L’autore non si chiama più fuori, il contagio lo ha raggiunto, la sua superiorità flaubertiana sull’idiozia dei luoghi comuni è ormai un argine crollato, la scrittura non offre più un punto di osservazione esterno al mondo, oltre il mondo, sopra il mondo, non foss’altro che di pochi millimetri. C’è un solo mondo, questo. Il povero disgraziato che si è sentito felice l’11 settembre («Il giorno più bello della mia vita») perché ha pensato che magari sarebbe finito una buona volta anche il suo, di mondo schifoso, parla ora a nome di tutti, autore compreso. Se Woobinda era un libro disperatamente allegro, o allegramente disperato, Anteprima mondiale è disperato e basta. Se in Woobinda si poteva sospettare un qualche compiacimento nel distinguersi, stilizzandoli, dai cretini (compiacimento che irritava anche un poco: chi glielo dava, a Nove, il diritto di considerarli tali? poteva arrogarselo solo perché scriveva meglio di loro?), qui ogni compiacimento è azzerato.
Le pornostar su cui personaggi e autore si accecano online sono le stesse. Le reazioni che possono permettersi davanti allo spettacolo dell’irrealtà quotidiana (la satira di Crozza e il loden di Mario Monti, Jihadi John e l’Expo, lo spread e l’Ice Bucket Challenge, Bruce Willis e George Clooney che recitano in pubblicità da decerebrati) non divergono granché. Questo implica però una conseguenza, un costo: quando Nove smette di essere complanare al livello mentale e affettivo dei suoi antieroi e commenta o generalizza in proprio, diventa francamente imbarazzante. Non li imita più: gli assomiglia. Sono parti che si salterebbero volentieri. È un effetto voluto? Il «nulla da dire» che Nove si è inoculato a mo’ di cavia va inteso come un fallimento o come un trionfo? Al lettore di Woobinda non sarebbe mai venuto in mente di ribattergli: va bene, ho capito, messaggio ricevuto; guarda però che a questo mondo c’è anche altro. Qui la tentazione è continua. Ma magari è lui che ha ragione e ad essersi involuto (fissato, bloccato, pietrificato) non è stato il suo stile ma il suo tempo. Vent’anni fa David Foster Wallace polemizzò con Bret Easton Ellis: non c’è gran merito se uno si limita a dire che è tutto uno schifo. Dove altro se non nel male che ci assedia dovremmo cercare il bene che ci è possibile?
Non credo sia questo il caso di Nove — a parte che un artista non si valuta né dagli oggetti che sceglie né dal giudizio che ne offre. L’arte però comporta sempre, per quanto scuro sia il quadro che tratteggia, un quoziente di gioia, di gioia irresponsabile e perfino un po’ fatua nel dipingerlo. È questo che sembra venuto meno a Nove se si paragona, come lui vuole, Anteprima mondiale con Woobinda : quella letizia gaglioffa e proprio perciò tanto più contagiosa che pervadeva, irresistibile, innegabile, i suoi primi libri — già solo per il fatto di scriverli.
Salvo i passaggi che più riecheggiano Woobinda , in Anteprima mondiale non ne resta quasi traccia. La cupezza risale come un controincantesimo dal tema alla scrittura. Non si ride più come là si rideva anche davanti a chi sgozza i genitori per un dissenso d’opinioni in materia di bagnoschiuma. Non mi rassegno a credere che sia il mondo a non permetterlo. Né che questa sia in merito l’ultima parola di Aldo Nove.