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 2016  giugno 09 Giovedì calendario

IO, SCIENZIATA POP


[Annalisa Scarrone]

«Il fisico-matematico e l’artista hanno almeno due cose fondamentali in comune: l’urgenza creativa e la capacità di sognare, di immaginare quel che ancora non c’è». Parla con cognizione di causa Annalisa Scarrone, 30 anni, laureata in Fisica a Torino e popstar in ascesa sull’onda del successo del nuovo album, Se avessi un cuore.
Docente universitaria o cantautrice pop: qual era il piano b?
«Appena ho intuito che la strada della musica era in realtà una salita piena di curve, ho deciso che sarebbe stato più prudente avere una pergamena appesa al muro. Ma il desiderio più grande è sempre stato quello di comporre e interpretare canzoni. Una volta conquistato il “famoso pezzo di carta”, ho scelto di non fare la specialistica. Mi sono detta: adesso o fai seriamente la musicista a tempo pieno oppure lasci perdere».
Il suo curriculum l’ha portata anche a condurre su Italia Uno Tutta colpa di Einstein – Quelli del Cern.
«Un viaggio a tinte pop nel più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. L’obiettivo era mostrare che al Cern di Ginevra non lavorano uomini e donne noiosi immersi nei loro laboratori. Lo sa che la metà dei ricercatori sono artisti o musicisti? Mi ha molto emozionato intervistare Fabiola Gianotti, la prima donna alla guida del più importante avamposto del futuro».
Dalle intricate leggi della fisica al pop elettronico e mainstream del suo ultimo disco.
«Sono due facce della stessa medaglia, nelle canzoni di Se avessi un cuore emerge un’attitudine solare, positiva. Che contrasta con l’etichetta di ragazza seriosa che mi porto dietro da quando ho partecipato ad Amici. Non è così: l’espressione che assumo quando sono sul palco è figlia dell’estrema concentrazione con cui affronto il mio lavoro. Considero Se avessi un cuore un disco leggero, leggero come un invito a rassegnarsi con dolcezza agli eventi e a prendere le cose così, come la vita le fa arrivare a ciascuno di noi».
Forse il lato autoironico e soft del suo carattere l’ha mostrato per la prima volta sul set di Babbo Natale non viene da Nord, il film diretto da Maurizio Casagrande.
«Mi sono molto divertita a interpretare India, figlia di un prestigiatore che sogna di fare la performer, ma ha un problema: assomiglia troppo alla cantante Annalisa. L’allenamento mnemonico alle formule fisiche si è rivelato fondamentale per non dimenticare le battute. Il che ha rafforzato la mia convinzione che una volta superata una facoltà come quella, non esistano più ostacoli insormontabili».
Il diluvio universale, il brano che ha presentato a Sanremo, era una sorta di flusso di coscienza, una confessione in musica.
«In realtà si tratta di un diluvio di parole, di un tentativo di afferrare, attraverso le strofe, il senso ultimo dell’amore. Una prova impossibile, ma vale sempre la pena provarci. Non avevo mai messo in fila le mie esperienze. Questa canzone è stata anche una grande occasione per ripercorrere la mia storia sentimentale».
Come si costruisce un vero seguito di fan nell’era della musica liquida, dove nessuno è per sempre?
«Non è per niente facile perché viviamo in un’era dove non esistono più le tribù musicali. Una volta, se eri metallara o dark, e io lo sono stata per un periodo della mia adolescenza con tanto di capelli verdi, e facevi quella musica, sapevi di avere già un pubblico di riferimento. Oggi si naviga in mare aperto. Se funzioni è perché ci hai messo la faccia, il cuore e tutto l’impegno di cui sei capace. Cantare è diventato un mestiere da precari. Di gente veramente ricca grazie alla musica ce n’è sempre meno».