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 2016  giugno 04 Sabato calendario

PIÙ GETTITO E PIL IN CRESCITA PERCHÉ LEGALIZZARE LA CANNABIS


Entro la fine di agosto sarà pronta la prima marijuana per uso terapeutico coltivata in Italia. A produrla sarà lo Stato, attraverso l’Istituto chimico farmaceutico militare di Firenze, l’unico ente, insieme al Consiglio della ricerca e sperimentazione in agricoltura (Cracin) di Rovigo, autorizzato a coltivarla: 2.400 barattoli in tutto, destinati alle farmacie autorizzate disseminate su tutto il territorio nazionale. Solo la prima fase di una progetto pilota che si concluderà a fine anno e che a regime, entro il 2017, porterà la produzione destinata al mercato interno a 100 chilogrammi l’anno, 50 simili al Bediol, l’altra metà al Bedrocan, i due preparati a base di cannabis più usati a livello mondiale.
E dire che in Italia la vendita di cannabis in farmacia, dietro prescrizione medica, è consentita fin dal 2013. Finora la marijuana commercializzata legalmente nel nostro Paese è stata tutta importata dall’Olanda, tramite quattro società autorizzate dal ministero della Salute che provvedono anche alla distribuzione alle farmacie che ne fanno richiesta. La normativa varia da regione a regione e dove non è previsto il rimborso da parte del servizio sanitario il costo rimane a carico del paziente: in media si va dai 22 ai 35 euro al grammo. Prezzi ancora troppo elevati per molti, ma destinati a scendere, visto che il ministero ha fissato a 5,93 euro al grammo la somma destinata all’acquisto della cannabis di cui è autorizzata la coltivazione in Italia.
Ma quanto potrebbe valere questo tipo di business in Italia? Nel 2014 uno studio di Coldiretti ha stimato in 1,4 miliardi il mercato potenziale della cannabis per uso terapeutico nel nostro Paese e in 10 mila i nuovi posti di lavoro che potrebbero essere creati tra produzione, commercializzazione e indotto.
Una stima per difetto, dal momento che si riferiva alla possibilità di estendere la coltivazione, destinata, oltre che al mercato interno, anche all’export, a soli mille ettari di serre in disuso già esistenti nel nostro Paese. Con ogni probabilità una vera e propria liberalizzazione, sul modello americano, porterebbe a stime di gran lunga superiori. Almeno stando ai numeri del mercato legale statunitense riportati nel servizio di apertura di Maria Teresa Cometto: in appena due anni, tra il 2013 e il 2015, il business legato alla sola vendita di cannabis, grazie anche al fiuto per gli affari di imprenditrici come Cheryl Schuman, è passato da 1,5 a 5,4 miliardi di dollari (più 260%).
Per non parlare degli effetti benefici sul gettito fiscale potenziale di una liberalizzazione totale, incluso il mercato per uso ricreativo. Lo Stato del Colorado – che ha liberalizzato nel 2012 e che conta appena 5 milioni di abitanti – tra tasse, imposte e licenze sul commercio della marijuana ha incassato 60,1 milioni di dollari nel 2014 e altri 74,4 milioni nel 2015. Tanto da potersi permettere di rimborsare la metà circa degli importi ricevuti ai propri cittadini.
Fatte le debite proporzioni, Ferdinando Ofria e Piero David, due docenti di Politica economica dell’Università di Messina, in un recente studio pubblicato su lavoce.info hanno calcolato che la liberalizzazione delle droghe leggere, tra minori spese e maggiore gettito fiscale, comporterebbe per l’Italia benefici stimabili tra i 5,8 e gli 8,5 miliardi di euro l’anno. E in un report del 2014 gli stessi studiosi, insieme al collega Mario Centorrino, avevano stimato che la legalizzazione potrebbe produrre «un aumento percentuale del Pil “ufficiale” annuo italiano tra l’l,20 e il 2,34 per cento».
Nulla rispetto ai vantaggi complessivi che una eventuale liberalizzazione potrebbe portare all’intera economia nazionale. Secondo un’altra ricerca, pubblicata lo scorso marzo sul Marijuana Business Daily, la principale pubblicazione del settore negli Stati Uniti, l’attuale mercato legale vale negli Usa, incluso l’indotto e il gettito fiscale per gli Stati interessati, tra i 14 e i 17,2 miliardi di dollari. E di qui al 2020 le stime prevedono una crescita del giro d’affari compresa tra i 24,4 e i 44 miliardi.