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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

I GESTORI DEL PALLONE. ECCO LE QUOTATE EUROPEE DEL CALCIO SU CUI INVESTONO DI PIÙ I MONEY MANAGER DI TUTTO IL MONDO. BORUSSIA DORTMUND TITOLO PREFERITO

Il pallone italiano da tempo non è più ai vertici eueopei ma conserva comunque appeal. Lo dimostra l’interesse della cordata cinese per il Milan e l’ormai imminente acquisto dell’Inter da parte di Suning, altro colosso del Dragone (vedere articolo a pagina 16), con Eric Thohir che conserverà una quota di minoranza. I club oggi devono adottare dinamiche economiche simili a quelle delle società multinazionali che dominano i vari settori industriali. «Vale per l’Italia e vale per Europa, posti dove il calcio sta diventando sempre più un’attività economica in cui i criteri di concorrenzialità, competitività e sostenibilità finanziaria sono centrali», avverte la sesta edizione del Report Calcio 2016 curato dal centro studi Arel, Figc e PricewaterhouseCoopers (PwC). Un cambio di passo di cui l’Italia ha bisogno più di altri che questa strada l’hanno già intrapresa: occorre modernizzare il sistema mandandolo a reddito e rendendolo più forte a livello internazionale con ricadute positive anche sull’economia del Paese in termini di profitti e di nuovi posti di lavoro creati.

E anche in ambito finanziario non mancano gestori di fondi e sicav che investono nei titoli dei club quotati. E che sarebbero pronti a incremetare l’esposizione se logiche e strategie diventassero più allineate agli standard degli altri settori. Già ora, nonostante l’elevata volatilità delle azioni del calcio, ci sono diversi money manager che prendono posizione in questo business.

Proprio per capire quali sono le squadre per cui i money manager fanno tifo, MF-Milano Finanza ha chiesto a Morningstar di individuare le società sportive europee più popolari nei loro portafogli. I risultati? Primo si piazza il Borussia Dortmund il cui titolo è presente in 55 fondi, seguito dalla Juventus con 27 e dal Manchester United a quota 20. Sono stati presi in esame fondi attivi, e anche i fondi passivi come gli Etf, domiciliati e collocati a livello internazionale (quindi non soltanto in Italia) di cui si dispongono dati di portafoglio aggiornati almeno a fine 2015. L’analisi si è concentrata su dieci società quotate europee (tre italiane Roma, Juventus e Lazio), l’olandese Ajax, il Borussia Dortmund, il Celtic, lo United, i club turchi Besiktas e Fenerbahce e la società danese Parken Sport & Entertainment. Come criterio di selezione sono state considerate le prime cinque squadre (Besiktas, Parken Sport & Entertainment, Juventus , Borussia Dortmund e Fenerbahce) che pesano di più come capitalizzazione nell’indice Stoxx Europe Football (l’indice delle 22 società quotate del calcio europeo). A queste sono state aggiunte altre società note come Celtic e Ajax (presente nell’indice ma con un peso inferiore) e Manchester United (che non fa parte dello Stoxx Europe Football perché quotata negli Usa) e le italiane Roma e Lazio. «Per ognuna di esse è stata realizzata una ricerca attraverso il nostro database Morningstar Direct, che ci permette di ottenere tutti gli strumenti finanziari che detengono quei titoli in portafoglio», spiega Francesco Lavecchia, equity data analyst di Morningstar. Dall’analisi dei dati si scoprono alcuni aspetti interessanti. A partire dalla squadre italiane.

In totale sono 27 i comparti, tra fondi ed Etf, a detenere azioni della Juventus , Delle tre squadre quotate, Roma (a Piazza Affari dal maggio 2000), Lazio (la prima a quotarsi nel maggio 1998) e Juventus (in borsa dal 2001), soltanto il club bianconero è attualmente gettonato dai gestori dei fondi. Più trascurata la società della Roma con due soli comparti (entrambi gestiti dalla società Usa Dimensional Fund Advisors e distribuiti solo negli Usa). Snobbata ancora di più la Lazio con un solo fondo (il comparto di diritto italiano Mediolanum Flessibile Italia di Mediolanum Gestione fondi) nel quale peraltro rappresenta una porzione marginale sul patrimonio totale dato che il titolo non è tra i primi 50 in portafoglio. La netta preferenza per la Juve si può spiegare anche con i successi sportivi oltre che con il prestigio del marchio e la bontà dei fondamentali. Non è un mistero infatti che la performance di borsa delle società calcistiche sia legata a doppio filo alle performance in campionato e coppe, anche se molte stanno diversificando in attività collaterali per avere una fonte di ricavi che faccia da contrappeso ai goal segnati in campo.

E la Juventus è tra queste. «Il business model della società dipende dai risultati sportivi, oltre che dalla campagna acquisti dei giocatori, a questi si aggiungono fattori non prevedibili come gli infortuni quali a sua volta influenzano la posizione in classifica», spiegano gli analisti di Banca Imi un recente report dedicato alla Juve . Ma Banca Imi aggiunge anche che i nuovi business in via di sviluppo, come ad esempio la partecipazione nel fondo immobiliare J Village Fund e il centro di medicina sportiva J Village, «potrebbero aiutare la Juventus a stabilizzare i risultati sportivi, portando in prospettiva effetti positivi sulla valutazione del gruppo». Banca Imi ha valutato il titolo Juve con un target price di 0,3 euro a fronte dei 0,26 euro attuali.

Tra i fondi che investono nella Juve c’è il Global Equity (che però non è distribuito in Italia) della società di gestione londinese Lindsell Train. È un azionario internazionale con masse per 1,4 miliardi di sterline che alla prova dei rendimenti si è rivelato un fuoriclasse. Nei primi cinque mesi di quest’anno il Global Equity ha segnato una performance netta del 4% a fronte del +1,9% dell’indice delle borse mondiali (dati in sterlina inglese). Anche sulle altre distanze il comparto ha battuto il suo benchmark: a cinque anni ha reso il 105%, a tre anni il 44% e a un anno l’8,3% contro, rispettivamente, il 52,1%, il 27,5% e lo 0,5% dell’indice azionario globale Msci World. Dal lancio, nel marzo 2011, il comparto ha messo a segno il 109% quasi il doppio dell’indice (61,7%). Il titolo della Juve risultava a fine 2015 l’unico italiano in portafoglio ed è presente anche nell’ultimo rendiconto del fondo di fine aprile. I suoi gestori, Michael Lindsell, Nick Train e James Bullock, hanno scommesso anche sul Celtic che è presente con una piccola quota nel patrimonio del Global Equity e anche di un altro fondo della casa, lo Uk Equity. Lindsell Train ha una filosofia di gestione che si basa un numero contenuto di titoli in portafoglio (20-25 circa) che tendono a restarvi con una certa stabilità (solo il 5% dei titoli viene venduto ogni anno). «Le società sportive e di intrattenimento creano qualcosa di insostituibile per il quale oggi le persone sono disposte a spendere», sottolinea Nick Train, fondatore di Lindsell Train. E la finale di Champions League che si è disputata il 28 maggio a Milano ne è una conferma: oltre 40 mila spagnoli sono andati a San Siro per assistere al match tra il Real Madrid e l’Atletico. Si stima che i sostenitori delle due squadre arrivati in Italia abbiano speso per un fine settimana un totale di circa 20 milioni di euro.

Non mancano comparti italiani che detengono azioni della Juve . Sono due. Uno è il fondo Arca Azioni Italia di Arca Sgr, la società di gestione delle banche popolari. A tifare per il club della famiglia Agnelli c’è anche Italy Long Short, fondo (collocato anche questo sul mercato tricolore) della sicav lussemburghese che fa capo al gruppo italiano Banor Sim. Ben più nutrita la pattuglia di gestori americani. Il titolo della Vecchia Signora risulta infatti nel basket di molti fondi distribuiti soltanto negli Usa e in prevalenza specializzati in azioni di società di piccole e medie dimensioni, come i comparti John Hancock International Small Company, Principal International Small Cap e otto prodotti della Dimensional Fund Advisors, tra cui il Dfa Continental Small Company Portfolio. Accanto ai fondi gestiti attivamente non mancano poi alcuni Etf nel cui portafoglio si trova il titolo dei bianconeri, da quelli di Vanguard a Blackrock (Ishares) fino a Ubs. Si tratta anche in questo caso di fondi che replicano indici di borsa di small cap. Non è un caso perché di fatto la capitalizzazione delle società calcistiche quotate non ha una taglia extra large.

La Juve vale in borsa circa 260 milioni di euro, ma anche il club più grande, il Manchester United, quotato a Wall Street, ha una capitalizzazione di gran lunga inferiore rispetto ai big dell’industria o della finanza presenti nelle borse internazionali. I Red Devils valgono poco più di 2,7 miliardi di dollari (2,4 miliardi di euro). Il titolo Manchester è presente in 20 fondi, tra cui 16 americani. Tra questi ci sono cinque comparti del gruppo Baron, uno di Morgan Stanley Investment Management (Institutional Global Advantage Portfolio) e un fondo di un colosso del settore dell’asset management come Fidelity che lo ha inserito nel comparto Balanced. Questi prodotti, però, non sono distribuiti in Italia. Tra quelli invece autorizzati al collocamento sul mercato italiano ci sono lo Uk Growth Fund, della società di gestione britannica Jupiter, e lo Us Venture del gruppo Usa Janus. D’altra parte la squadra inglese sta spendendo decine di milioni di euro per rinforzare la rosa e ora al nuovo allenatore José Mourinho al posto dell’esonerato Louis van Gaal sono stati messi a disposizione 250 milioni di euro per la campagna acquisti che si aggiungono ai 350 milioni di euro investiti negli ultimi due anni. Il tecnico portoghese dovrà riportare in alto i Red Devils e nel mirino, non a caso, ci sarebbe Karim Benzema, l’attaccante francese che ha segnato 161 reti in 315 presenze totali, più di un gol ogni due partite, da quando nel 2009 è arrivato al Real Madrid squadra che ha vinto ai rigori la finalissima a Milano della Champions League. Ma Benzema non è stato convocato nella Nazionale francese per disputare gli imminenti Europei di calcio ospitati quest’anno dal suo Paese d’origine, la Francia, con calcio di inizio previsto venerdì 10 giugno. Proprio le incognite legate a ingaggi dei giocatori e risultati in campo fanno sì che «investire in titoli di società calcistiche sia una scelta decisamente azzardata. Molti, infatti, sono i fattori di rischio che alimentano la volatilità di queste azioni, come l’aleatorietà dei risultati sportivi, la crescita degli stipendi dei giocatori o il cambiamento delle normative Fifa», nota Lavecchia.

Può sembrare strano, quindi, che molti investitori istituzionali prendano posizione su questo comparto nonostante l’elevata volatilità e la bassa liquidità di queste azioni. «Ma, come si può notare dai nostri dati, i gestori scelgono soprattutto le società con una struttura molto più simile a un’azienda tradizionale, come ad esempio il Manchester United o, in Italia, la Juventus », prosegue l’analista di Morningstar. In quest’ultimo caso «la possibilità di avere uno stadio di proprietà, infatti, permette alla Juventus di differenziare le fonti di guadagno e di crescere a ritmi più elevati, mentre per le altre squadre i diritti televisivi rappresentano la componente principale. Come dimostrato dall’andamento dei ricavi della società negli ultimi cinque anni», conclude Lavecchia.

Per quanto riguarda le altre squadre, sono sette i fondi che sostengono l’Ajax di cui l’Invesco Global Small Cap Equity fund che è l’unico collocato in Italia (quattro sono del gruppo Usa Dimensional Fund Advisors). Mentre sul fronte delle società turche, otto gestori (quasi tutti americani) detengono titoli del Besiktas, ma nessuno di questi è venduto in Italia (e anche in questo caso si ritrova la Dimensional Fund Advisors con sei fondi). Situazione simile per il Fenerbahce: i fondi sono dieci e sono prevalentemente americani (cinque sono della Dimensional Fund Advsisors). Ma tra questi spunta anche l’etf IShares Msci Emerging Markets Small Cap che è l’unico distribuito in Italia. A collezionare più sostenitori tra i money manager sono però i tedeschi del Borussia Dortmund. Il club vanta 55 tra fondi ed Etf che possiedono sue azioni. Anche in questo caso si tratta in maggioranza di gestori collocati soltanto negli Usa o in Europa ma non in Italia. Tra i (pochi) prodotti che sono a portata di investitore italiano ci sono l’Odey Pan European della società inglese Odey Asset Management, il Bsf European Diversified Equity Absolute Return del colosso Usa Blackrock, l’Equity Europe Small Caps del Credit Suisse Asset Management, oltre ad alcuni etf come il Wisdom Tree Europe Small Cap Dividend del gruppo inglese Wisdom Tree. Nell’esercizio 2014-2015 il Borussia Dortmund ha registrato un profitto netto per il quinto anno di seguito e ha azzerato il debito finanziario (grazie a un aumento di capitale). Il bilancio si è chiuso con un utile consolidato per 5,5 milioni di euro, il che ha permesso anche di distribuire un dividendo di 0,05 euro (0,1 nel 2013/14). Il Borussia Dortmund è stato il primo club di calcio tedesco a quotarsi in borsa (ottobre 2000).

Il Celtic, invece, annovera tra i suoi sostenitori tre fondi, tutti di società inglesi. Oltre ai due citati di Lindsell Train, nell’elenco spunta anche il Finsbury Growth & Income di Frostrow Capital.

Mentre sono 14 i fondi con azioni del Parken in portafoglio (ma nessuno è venduto in Italia) di cui otto della Dimensional Fund Advisors e tre di società danesi (uno della Sparinvest e tre della Danske Invest). Non è un caso visto che la società è una holding con varie partecipazioni nel campo dell’intrattenimento e dello sport e tra queste c’è la squadra del Copenaghen Footbal Club.

Non sono comunque pochi i gestori che investono nei titoli delle squadre di calcio considerando anche che, dopo la fase di boom tra fine anni 90 e primi 2000, c’è stato un calo delle quotazioni. Una quindicina di anni fa i titoli erano 36, oggi sono 24. La maggior parte (22) è presente nello Stoxx Europe Football, l’indice creato per riunire le società calcistiche europe (restano fuori, oltre al Manchester United che ha scelto Wall Street, l’Arsenal, quotata al Plus Markets, un circuito parallelo della borsa di Londra). Eppure, con una performance da inizio gennaio di oltre il 15%, quest’anno lo Stoxx Europe Football ha superato lo Stoxx Europe 600, ovvero l’indice generale della borsa europea, che segna invece un risultato negativo (-4%). Anche a 12 mesi il benchmark del football fa meglio delle borse europee: il +4% contro il -12,5%. A tre anni invece vince l’indice europeo (15%) che quasi doppia l’indice del calcio (+8,8%) e anche da inizio 2010 lo Stoxx Europe 600 batte, con un rialzo di oltre il +37%, lo Stoxx Europe Football che è in rosso (-17,8%).

Scendendo nel dettaglio dell’andamento di borsa dei singoli titoli dello Stoxx Europe Football, nell’ultimo difficile anno per i listini azionari non sono mancati nomi che hanno registrato una performance a doppia cifra. Su tutti spiccano i club turchi dello Trabzonspor (+85%) e del Besiktas (+68%). La vitalità del calcio turco è confermata anche dall’andamento da inizio anno: tra i migliori, con il Trabzonspor (+106%) e il Besiktas (+59,7%) c’è anche il Galatasaray (+22,9%).

Ma va detto che in generale i titoli presentano un andamento piuttosto variegato. Se da inizio 2010, all’avvio di una fase tendenzialmente positiva per le borse mondiali, il Borussia Dortmund registra un rialzo di quasi il 300% e il Besiktas del 107%, al contrario ci sono titoli che restano in profondo rosso in questi sei anni e mezzo circa come i club portoghesi Sporting (-57%) e Benfica (-59%) e il danese Brondby (-88%). Ma c’è anche da dire che se da inizio 2010 sono 17 su 22 le azioni dello Stoxx Europe Football in perdita, sul breve termine, ovvero da inizio 2016, c’è un recupero perché il loro numero dimezza scendendo a 9. E le italiane? La Lazio segna il +34% da inizio 2010, a tre anni il +6,8%, a un anno il -37,8% e da inizio 2016 il -12,6%. Sulle stesse lunghezze la Roma fa il -17,2, il +42,7, il -21,7 e il -14,8% e la Juve , rispettivamente, il -30,7, il +28,4, il -10,8 e il +0,2%. Ma i tre titoli viaggiano oggi su valori ben più bassi dai prezzi di quotazione.

I tifosi, non solo quelli sugli spalti, sono avvertiti. Rimane famosa la frase pronunciata quasi 20 anni fa dal fiscalista Victor Uckmar, all’epoca presidente della Covisoc (organo di controllo sui conti dei club) che nel maggio del 1998, quando la Lazio stava per essere quotata in borsa, disse che «ai risparmiatori va fatta un’avvertenza: i titoli legati al calcio sono sconsigliati agli orfani e alle vedove». Ma, evidentemente, il suggerimento non si attaglia più di tanto ai gestori di fondi. (riproduzione riservata)