Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  giugno 07 Martedì calendario

ITALIA, LO SBARCO DI MESSINA – Dove eravamo rimasti? Bisogna andare indietro di 19 anni per ricordare l’ultima immagine di Ettore Messina c

ITALIA, LO SBARCO DI MESSINA – Dove eravamo rimasti? Bisogna andare indietro di 19 anni per ricordare l’ultima immagine di Ettore Messina c.t. della Nazionale. Era il 6 luglio 1997 quando nella finale degli Europei di Barcellona la sua Italia finì sconfitta dalla Jugoslavia per 49-61 conquistando la medaglia d’argento, il picco più alto della prima gestione di Messina in Fip (quadriennio 1993-97, con un record di 66-39, ovvero 62.8% di vittorie). Ricomincia qui, sull’altipiano di Folgaria, il rapporto tra il coach delle 4 coppe Campioni/Euroleghe e la maglia azzurra, col primo allenamento officiato in palestra sotto gli occhi del presidente federale Petrucci. La mission è di vincere il Preolimpico di Torino per andare ai Giochi di Rio. Coach Messina quanto e come è cambiato il basket dopo 19 anni? «E’ cambiato tanto. Sia sotto il profilo regolamentare con l’introduzione dei 24”, sia sotto l’aspetto atletico dei giocatori e dell’americanizzazione del sistema. È un mondo nuovo rispetto ad allora. Quello che non è cambiato è il mio stato d’animo: sono emozionato come nel 1993 quando divenni per la prima volta c.t.. Anche oggi, andando al campo, mi sento come se fossi al primo giorno di scuola». Nel 1993 aveva 33 anni ed era il più giovane c.t. in attività ai primi successi, oggi è un maturo professionista pieno di gloria. Qual è il punto di mediazione? «Nel 2003 lasciai la Virtus per andare a Treviso dopo l’addio di D’Antoni. Non era facile subentrare a Mike che lasciava dopo uno scudetto. A questi livelli un coach deve essere accettato dallo spogliatoio. La credibilità conta più di tutto». Lo spogliatoio della sua seconda Italia le sembra difficile? «No ma è ricco di giocatori che necessitano delle dovute attenzioni perchè ci sono soggetti con scudetti, coppe ed esperienze in Nba alle spalle. È uno spogliatoio esigente. Quello del 1997 aveva in Myers il giocatore di punta, ma Carlton non era ai tempi mediaticamente così esposto come lo sono Gallinari, Bargnani e altri. Quell’Italia aveva giocatori che iniziavano ad affermarsi, questa è invece più eterogenea con giocatori più consolidati». I reduci dalla Nba vengono da una stagione difficile. Sarà un problema armonizzare tutte le diverse situazioni? «Mi piace pensare che non conta la provenienza ma la disponibilità che ognuno darà alla squadra facendo, se occorre, un passo indietro a beneficio dei compagni. In questa Italia nessuno avrà 15 tiri per sè. Meglio un passaggio in più». Personalmente le spiace di essere arrivato in Italia in anticipo causa la precoce uscita dai playoff di San Antonio? «Ovviamente sì ma cerco di cogliere l’aspetto positivo, cioè di avere più tempo da dedicare ad una squadra che ancora non conosco. Il mio bilancio agli Spurs? Ottimo, non sono deluso per due playoff finiti male anche se quest’anno pensavamo di riuscire a battere Oklahoma». Nel frattempo le sono state accostate diverse squadre Nba come capo-allenatore. Dove allenerà l’anno prossimo? «Sono stato intervistato da Lakers e Nets. Ma resterò a San Antonio dove ho un altro anno di contratto, ancora come assistente». Per lei è una grande responsabilità questo Preolimpico? Non è contemplato il fallimento? «Mi sento responsabile per l’impegno politico ed economico messo in campo dalla Fip per garantire questo evento che ricorda quello per gli Europei di Roma del 1991, quando ci fu anche il supporto della famiglia Ferruzzi. Paura di fallire? La storia dello sport è piena di flop casalinghi. Li ho avuti anch’io. Non possiamo controllare tutto». Da uno a cento, quante probabilità ha l’Italia di andare a Rio? «Da tifoso dico 99%, da c.t. azzurro dico 51%. Tutti guardano a Croazia e Grecia come i pericoli maggiori, ma non sottovaluterei il Messico e l’esordio con la Tunisia non sarà affatto facile».