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 2016  giugno 04 Sabato calendario

EURO ITALIA 1980

ANDREA SCHIANCHI

Solo facendo qualche passo indietro nel tempo si può capire il presente. Nello specifico, per interpretare ciò che accadde all’Italia di Enzo Bearzot nell’Europeo del 1980, è necessario tornare alle scene, non proprio edificanti, che vennero trasmesse in diretta dalla Rai il 23 marzo di quell’anno. Senza questa operazione la lettura dei fatti risulterebbe monca, incompleta, e porterebbe a trarre conclusioni affrettate e, spesso, sbagliate.

CAOS Siamo, dunque, nel marzo del 1980. Un fruttivendolo va dai magistrati di Roma a denunciare una truffa. Tramite un suo cliente, il proprietario di un ristorante, avrebbe scommesso (e perso) tantissimi soldi su partite truccate. I giudici indagano, studiano le carte, interrogano, ascoltano confidenti e poi intervengono. E l’intervento è clamoroso. Arresti dentro gli stadi, calciatori in manette. Il sistema è alle corde. Il pubblico, quello onesto, protesta e non crede più nel principale divertimento nazionale. Il momento è dei più difficili da gestire. E in questo ambiente, come se non bastasse, s’inserisce l’organizzazione dei campionati europei. Il c.t. Enzo Bearzot, che ha guidato la Nazionale a un brillante quarto posto al Mondiale di Argentina nel 1978, si vede crollare il castello che, pazientemente, ha costruito: due dei migliori giocatori italiani, Paolo Rossi e Bruno Giordano, finiscono nell’indagini del calcioscommesse e vengono sospesi. Non potranno partecipare alla manifestazione. Di colpo l’Italia è senza attacco. Come fare?

ATTACCO ANEMICO Bearzot, galantuomo come pochi altri, accetta le decisioni e non protesta. Avrebbe potuto schierarsi in difesa dei suoi ragazzi, avrebbe potuto accampare scuse perché la sua Nazionale usciva a pezzi dalle inchieste giudiziarie, ma non fece nulla di tutto questo. Semplicemente pensò a come ovviare al problema. Convocò, come punte, Bettega, Graziani, Altobelli e Pruzzo. Sapeva che il gioco brillante e veloce mostrato in Argentina non si sarebbe potuto vedere, ma non c’erano altre soluzioni. L’Italia venne inserita nel girone con il Belgio, l’Inghilterra e la Spagna. Prima partita contro la Spagna e fu subito 0-0. La difesa c’era, teneva, era solida, ma là davanti non si riusciva a pungere. Seconda partita contro l’Inghilterra. Si giocò a Torino e Tardelli fece un capolavoro. Si sacrificò in marcatura su Kevin Keegan, lottò come un leone e, alla prima occasione, si fiondò in avanti e segnò il gol della vittoria. Nel frattempo, però, il Belgio fece fuori la Spagna e si piazzò al primo posto del girone in virtù del maggior numero di gol segnati. La partita decisiva era contro la nazionale del santone Guy Thys: ai belgi bastava il pareggio per staccare il biglietto per la finale, gli azzurri dovevano vincere.

DELUSIONE Thys organizzò una linea Maginot che i ragazzi di Bearzot non riuscirono in alcun modo a superare. Finì 0-0, delusione pazzesca. Gli azzurri andarono a disputare la finale per il terzo posto contro la Cecoslovacchia e la persero ai calci di rigore, dopo l’1-1 ai tempi supplementari. Il Belgio, invece, finì sbranato dalla Germania Ovest di Horst Hrubesch e Bernd Schuster: furono i tedeschi a conquistare quell’Europeo che l’Italia aveva organizzato. Certo, date le premesse, lo scandalo delle scommesse, gli arresti e tutto il polverone che avvolgeva l’ambiente, era difficile attendersi qualcosa di più. Due anni più tardi, però, ai tedeschi le suonammo noi, e fu una musica bellissima, a Madrid, l’11 luglio 1982. Campioni del mondo. Il gruppo di Bearzot, lo stesso che lui aveva pazientemente costruito fin dal 1978, ci regalò la gioia più grande. È un’altra storia, d’accordo, ma è talmente bella ancora oggi che vale la pena di ricordarla.