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 2016  giugno 04 Sabato calendario

UN ALTOLÀ PER LA FED

Il quadretto sembrava idilliaco: la Bce ha rivisto al rialzo le stime sul Pil europeo, il petrolio è tornato a 50 dollari, la Cina ha smesso di far parlare di sé. E, soprattutto, la Fed sembrava pronta a normalizzare davvero la politica monetaria, grazie alla crescita economica Usa.
Poi, come un improvviso temporale estivo, ieri alle 14,15 è arrivato il pessimo dato sull’occupazione americana a rovinare il quadretto: il crollo dei nuovi occupati americani, che è andato ben oltre le aspettative e ben oltre la giustificata altalena dei dati, rischia infatti di cambiare una storia che sembrava già scritta. Con possibili conseguenze a catena.
Il pessimo dato sull’occupazione (dimostrazione che la locomotiva Usa corre con ancora troppi squilibri) ha infatti immediatamente cambiato le aspettative dei mercati finanziari sulla politica monetaria della Federal Reserve. Ormai il mercato dei futures (solitamente usato come una sorta di “bookmaker” finanziario) non sconta più alcun rialzo dei tassi a giugno. A luglio, su cui fino a due giorni fa si concentravano le aspettative della maggioranza degli economisti, le probabilità che la Fed alzi i tassi d’interesse americani sono scese al 40%. Le possibilità salgono un po’ tra settembre e dicembre, ma ormai il mercato sconta un rialzo dei tassi certo (con una probabilità del 100%) solo nel 2017. Molti economisti (come quelli di Intesa Sanpaolo) ancora ritengono che a luglio la Fed possa alzare i tassi, dopo aver preso visione dei prossimi dati sul mercato del lavoro. Ma comunque il mercato ha bruscamente ridimensionato le aspettative. E, sebbene un solo indicatore economico non basti per delineare un cambio di passo della Fed,?è stato “ritarato” in avanti nel tempo il timer del rialzo dei tassi Usa. Cancellando in un colpo tutto il lavoro con cui la Fed aveva pazientemente preparato le Borse alla stretta.
Questo ha prodotto un aggiustamento di tutti i mercati finanziari, con un effetto domino che potrebbe - se protratto - avere conseguenze positive o negative in varie parti del mondo. Il dollaro, spostate in avanti le lancette di una stretta monetaria, ieri si è indebolito velocemente sia sull’euro che sullo yen che si sono rafforzati. Questo, ammesso che i prossimi dati economici non cambino nuovamente la percezione, potrebbe pesare sull’economia europea e su quella giapponese, mettendo un bastone tra le ruote a due aree del mondo che invece avrebbero bisogno di un sostegno. Per contro l’allontanamento di un rialzo dei tassi Usa potrebbe aiutare i Paesi emergenti, che (iper-indebitati in dollari) subirebbero un effetto strozzamento da una stretta monetaria negli Usa: è per questo che ieri le Borse dei Paesi emergenti sono salite sui massimi da un mese e le obbligazioni hanno ridotto i rendimenti. Persino quelle del Venezuela, Paese praticamente in bancarotta, ha preso una boccata di ossigeno. Così il “quadretto” pre-estivo che sembrava già dipinto è stato parzialmente modificato, in attesa di nuove indicazioni utili per capire come si muoverà la Fed. Fino almeno al 6 giugno, quando a prendere la parola - pubblicamente - sarà la presidentessa Janet Yellen.
Morya Longo, Il Sole 24 Ore 4/6/2016