Stefano Caselli, il Fatto Quotidiano 2/6/2016, 2 giugno 2016
«IL CONTROLLO DELL’EX, L’OSSESSIONE DIVENTATA UNA MALATTIA SOCIALE» – [Intervista a Elena Stancanelli] – Sara, la vittima, Vincenzo, il carnefice
«IL CONTROLLO DELL’EX, L’OSSESSIONE DIVENTATA UNA MALATTIA SOCIALE» – [Intervista a Elena Stancanelli] – Sara, la vittima, Vincenzo, il carnefice. Li legava la confidenza degli amanti, che oggi passa dal cuore, dai corpi, dalla testa e dai device. Vincenzo controllava ogni spostamento di Sara tramite l’app «trova il mio iPhone» di cui evidentemente conosceva le chiavi di accesso. Una storia molto simile – seppur a parti invertite e con finale assai meno tragico – a quella raccontata da Elena Stancanelli ne La Femmina nuda. Stancanelli, la letteratura anticipa la realtà? «Prova a raccontarla. La questione del controllo dell’ex partner è un fatto tremendamente attuale, per il semplice motivo che per la prima volta nella storia, forse, abbiamo ex partner. Imparare a gestire la difficoltà emotiva della fine è un problema diffuso. Il passaggio dalla calda temperatura di un sentimento di relazione a quella fredda di un rapporto finito, con una persona verso cui all’improvviso non abbiamo più alcun diritto, è delicatissimo. Purtroppo non c’è logica. Ci vuole una capacità di controllo enorme. Non è necessario arrivare all’orrore della cronaca per capire che la questione ci riguarda da vicino un po’ tutti, chi più chi meno. E non si creda che le donne siano esenti. Certo, in rari, ma ahimè troppi, casi, l’ossessione del maschio diventa in violenza, quella delle donne quasi mai». La tecnologia ha peggiorato le cose, pare evidente… «La tecnologia è semplice. Basta una minima conoscenza delle possibilità di geolocalizzazione di uno smartphone. Spesso, poi, si ha accesso a informazioni che, fino a che una storia non finisce, può sembrare naturale condividere. Una volta dovevi pedinare, assoldare detective, impiegare tempo e soldi. Ora è tutto a portata di mano, non devi nemmeno muoverti». La Femmina nuda ribalta prospettiva. È Anna a essere ossessionata da Davide… «Ho deciso di raccontare una storia solitamente declinata al maschile da un punto di vista femminile. L’ex persecutore è quasi sempre maschio, forse perché la donna è tendenzialmente più autolesionista che lesionista. E però, ripeto, succede eccome anche tra le donne. Non sa quante vengono da me alle presentazioni del libro. Guarda caso hanno tutte “un’amica” che si è trovata in situazioni simili». Un problema sociale… «Una patologia contemporanea di cui nessuno può avere la soluzione pronta. Parliamo di incubatori di follia a immediata disponibilità, per via della tecnologia. C’è bisogno di un’educazione sociale alla gestione del sentimento, ma sono questioni che richiederebbero volumi e volumi…». Spesso si parla di raptus, ma qui, come in altri casi, c’è lunga premeditazione… «Senza dubbio sono atti pianificati, forme ossessive a una lunga incubazione. Il raptus semmai è un colpo di pistola, non un inseguimento con l’alcool. La gelosia non basta a spiegare, non è tutto». La colpisce il fatto che la madre di Sara si fidasse di quel ragazzo? «No, non mi sorprende. Non è inconsueto che chi arriva a compiere atti di questo tipo sia come dottor Jekyll e Mr Hyde: la paranoia e l’ossessione non si manifestano fino a che la situazione è sotto controllo. Poi, da un giorno all’altro, tutto diventa irriconoscibile e indecifrabile». Allora si dà troppo poco peso ai sintomi? «Si dice che una donna debba denunciare subito, al primo allarme. Vero, ma spesso il primo gesto pericoloso arriva tardi. Tendi a fidarti di una persona che credi di conoscere, non te lo aspetti. Non penso che la madre sia stata disattenta, semplicemente è quell’uomo a essersi trasformato in un’altra persona». Stefano Caselli, il Fatto Quotidiano 2/6/2016