Mattia Ferraresi, Panorama 2/6/2013, 2 giugno 2013
TRUMP TEAM
Donald Trump sta traghettando la campagna elettorale dalla fase spontanea e dilettantesca, dominata da funzionari semisconosciuti pescati dal bacino dei suoi dipendenti, a una forma strutturata e presidenziale. Il candidato repubblicano ha assunto consiglieri navigatissimi, primo fra tutti il manager della campagna Paul Manafort, un insider di Washington che da decenni si muove dietro le quinte elettorali.
Anche sul tema cruciale dei finanziamenti, Trump ha cambiato passo: dalla campagna autofinanziata è passato al fundraising tradizionale, affidando le operazioni finanziarie all’ex manager di Goldman Sachs, Steve Mnuchin. Trump si affida sempre più spesso a Roger Stone, pretoriano del cerchio magico di Richard Nixon e manovratore di campagne repubblicane. Inevitabile che il passaggio dalla corsa spericolata a una maratona elettorale abbia creato liti e malumori. È in corso una guerra intestina in vista del confronto con Hillary Clinton. L’ultimo a farne le spese è Rick Wiley, consigliere politico della vecchia guardia trumpiana cacciato dopo uno scontro. Uno dei tanti casi in cui il cambio ha prodotto vittime fra i fedelissimi di Trump. La ridefinizione della sua campagna va di pari passo con le consultazioni sui nomi per l’eventuale squadra di governo. Tema delicato per un outsider che sta formando il suo sistema di alleanze a meno di sei mesi dal voto. Il nome di Chris Christie, salito sul carro di Trump dopo la sconfitta alle primarie, circola come possibile procuratore generale, posizione per cui si cita anche il senatore Jeff Sessions, l’uomo del Congresso più vicino a Trump.
Ben Carson, altro alleato fra i più vicini, è invece uscito dalla lista dei candidati per la vicepresidenza. Sarah Palin potrebbe essere il prossimo segretario dell’energia, «ma solo per smantellare il dipartimento e dare più potere agli Stati» ha scherzato lei, che viene dall’Alaska, uno degli angoli più ricchi di petrolio d’America. L’antico alleato Rudy Giuliani, ex sindaco di New York, ha le caratteristiche per dirigere il dipartimento di Sicurezza nazionale, mentre il generale Michael Flynn, ex direttore dell’intelligence militare, ha incontrato varie volte Trump, suscitando speculazioni su una possibile nomina al Pentagono.
(Mattia Ferraresi – da New York)