Andrea Marcenaro, Panorama 2/6/2016, 2 giugno 2016
PETRINI VUOLE SFAMARE IL MONDO CON I PEPERONI
Il mandarino di Slow food e di Terra nostra è molto contrariato. E contrariato è dire poco. Carlo Petrini, detto Carlìn, soffre: «La vera vergogna, per me? Che ci sia ancora chi muore di fame, ora, in questo istante, nel nostro mondo (...) Trovo sia assurda questa spettacolarizzazione della cucina, in un momento in cui dovremmo ragionare di altre questioni». Con gran foga è sbottato il signore del bio. Ed è impossibile dargli torto. Nel Burundi si muore per penuria di cibo e qui da noi, vai col tango: Alice master pizza, Masterchef, Cucina con Ale, con Buddy, con Ramsay, Cuochi e fiamme, I menù, di Benedetta, Il boss delle torte, La prova del cuoco, Carlo Cracco ti frusta con l’asparago in tivù, Antonino Cannavacciuolo danza sulle punte tra i bignè, televisioni a gogò, riviste specializzate, guide, inserti, libri: l’indigestione ha vinto, denuncia prostrato Carlìn. La faccenda stride, in effetti, il companatico deborda di schiaffi alla miseria e a questo punto basta, ha urlato di dolore mister Slow, lo spettacolo si fermi: «Dedichiamoci a ragionare semmai di altre questioni». Troppo giusto. E dedichiamoci.
Nominato, proprio qualche giorno fa, nientemeno che «Ambasciatore speciale della Fao in Europa per la fame zero», dovrebbe sentirsi sollevato, il nostro Carlìn, alla lettura dell’ultimo rapporto del World Food Programme pubblicato appunto dalle Nazioni Unite: 70 paesi in via di sviluppo sono usciti dalla denutrizione nel 2015. Duecento milioni di persone di meno soffrono per mancanza di cibo. Che non basta, ma meglio di niente è. Grazie a Vandana Shiva? O alle petriniane leccornie (che Dio ce le conservi) da chilometro zero? Mica tanto, spiega il World food, vale a dire Fao e Onu: grazie piuttosto all’agricoltura intensiva, ai fertilizzanti, agli antiparassitari e a quegli organismi geneticamente modificati che solo nominarglieli, Carlìn sviene.
Anche se c’è da giurare che anch’egli capirà, prima o poi, come sfamare il mondo col peperone quadrato di Asti resti impresa titanica. Ha riproposto il tema nella nuova edizione del suo libro: Buono, pulito e giusto. Occhio, ha messo in guardia, il peperone quadrato sta sparendo. E come mai? ha domandato al contadino. «Quello mi rispose in dialetto: non conviene, gli olandesi costano meno e nessuno ce li compra più, i nostri». Ma cosa coltivate, allora? «Facciamo crescere bulbi di tulipano. Poi li mandiamo in Olanda». Giustamente Carlìn sobbalzò. I prodotti simbolo di due territori venivano sradicati dalla voracità dell’agroindustria capitalistica. Dimenticava forse, Carlìn, che i peperoni quadrati arrivarono ad Asti dall’America. E i tulipani in Olanda dal Caucaso. Ciò che all’ambasciatore Petrini risulta intollerabile è che il Sistema si sia appropriato delle istanze rivoluzionarie del suo Slow food: «Ha confuso le sue narrazioni con le nostre e intanto fa quadrato intorno ai profitti». Brutta storia. Perché ecco com’erano nate allora le mille trasmissioni dei cuochi e l’indigestione mediatica che adesso stanno sullo stomaco al medesimo Carlìn. Ha fatto notare, qualcuno, che l’infernale meccanismo capitalistico funziona sempre nello stesso modo. Per i capelli lunghi come per la minigonna o il rap: si nasce per la rivoluzione, si finisce sul bancone del consumo. Ora tocca al bio.
Allo slow. All’orto a chilometro zero. Togliere dunque qualche Cracco dagli schermi? Ineccepibile, il troppo stroppia. Ma se ne faccia una ragione, l’ambasciatore: con la fame nel mondo, non c’entra un tubo.