Sara Faillaci, Vanity Fair 1/6/2016, 1 giugno 2016
INTERVISTA A LUIGI DI MAIO – Arriva al volante della Mini d’epoca che ha rimesso a posto con le sue mani, la fidanzata sul sedile accanto
INTERVISTA A LUIGI DI MAIO – Arriva al volante della Mini d’epoca che ha rimesso a posto con le sue mani, la fidanzata sul sedile accanto. Il 6 luglio compie 30 anni e mi racconta che vorrebbe fare una bella festa, con il deejay giusto, su una chiatta lungo il Tevere. Così parla un vicepresidente della Camera dei deputati: fino a qualche anno fa, inimmaginabile. Luigi Di Maio è entrato in Parlamento con il Movimento 5 Stelle nel 2013, a 27 anni, e pochi giorni dopo è stato eletto come vice della presidente Laura Boldrini, il più giovane a ricoprire la carica nella storia della Repubblica. Scomparso Gianroberto Casaleggio, con Grillo che si è fatto da parte, è indicato come il prossimo leader del Movimento, futuro candidato premier. Secondo le ultime rilevazioni Ixè, la fiducia degli italiani in lui è pari a quella goduta dal premier Matteo Renzi. Considerato che i 5 Stelle sono la seconda forza del Paese, è l’astro nascente della politica italiana. Partiamo dalle sue origini. «Sono nato e cresciuto a Pomigliano d’Arco. Mamma è professoressa di latino e greco, papà ha una piccola azienda di costruzioni. Sono il primo di tre figli. L’ultimo, 21 anni, fa il videomaker. Mia sorella, che ha solo un anno meno di me, si è appena laureata in Architettura. Il 16 giugno si sposa con il suo primo fidanzato, con cui sta da quindici anni. Lei sta rispettando tutti i passaggi di vita tradizionali. A me invece non è mai bastato seguire quello che facevano gli altri». Che cosa intende? «Da primogenito con un padre molto rigido – se tornavamo dopo l’orario che ci indicava non si usciva più – ho sentito più degli altri il peso delle aspettative: dovevo eccellere. Ma visto che non ero un gran studioso, dovevo cercare un’alternativa. Solo che non avevo particolari doti carismatiche e, soprattutto, non sapevo giocare a pallone. La mia passione, da sempre, sono piuttosto i motori e la Formula 1 – d’altra parte Pomigliano, con la Fiat, era la città dove le auto si collaudavano in strada. Al liceo classico però le cose sono cambiate: un’altra mia passione sono i computer e, quando sono capitato nella sezione sperimentale con indirizzo informatico, dove c’erano professori di matematica anche di una certa età che si erano dovuti convertire, è venuto naturale “aiutarli”: chiamavano per avere consigli e il weekend ero spesso a casa loro a riparare il computer. È nata quindi una relazione speciale, mi consideravano un loro pari. Quando si è trattato di eleggere il rappresentate di istituto, gli altri studenti mi hanno scelto. Serviva uno che mediasse». Perché? «Erano anni in cui c’erano le occupazioni. Io convinsi tutti che, se ci si batteva per una scuola migliore, dovevamo protestare fuori dall’orario scolastico. Da quando sono stato eletto non ci sono state più occupazioni nel mio istituto e io sono rimasto il più votato dai ragazzi, tanto che con la nostra associazione studenti di Pomigliano abbiamo ottenuto che fosse costruita una scuola nuova. Questo spiega anche i miei ottimi voti: i professori hanno sempre riconosciuto questo mio impegno». Nasce qui il suo interesse per la politica? «Ovunque io andassi, sentivo il bisogno di far funzionare le cose, di migliorarle. È successo anche a Giurisprudenza, a Napoli. Ma la politica l’ho sempre fatta con l’associazionismo, non ci siamo mai fatti inglobare dai partiti: alle loro riunioni c’era troppa ideologia e troppo poco parlare dei temi. Mio padre però a casa mi faceva la guerra, pensava che sottraessi tempo allo studio. E soprattutto, da candidato del gruppo locale di Alleanza Nazionale, aveva idee opposte alle mie. Per di più non accettava di vedermi sacrificare la vita a una causa che per lui, probabilmente, era stata una delusione. Il culmine del conflitto l’abbiamo raggiunto quando sono entrato nel Movimento 5 Stelle. Il mio amico Dario De Falco mi ha convinto a sostenere la loro iniziativa legislativa Parlamento Pulito, e il nostro gazebo in piazza ha raccolto 380 firme in un pomeriggio. Tra i parlamentari inquisiti elencati sul volantino c’erano molti del suo partito. La sera, a tavola, c’era il gelo». C’è stata poi una riconciliazione? «Le cose tra noi sono cambiate veramente solo quando mi sono candidato per il Parlamento nel 2013. Il fatto che ci fossero buone speranze che fossi eletto e la mia determinazione gli hanno fatto capire che facevo sul serio. Da quel giorno mi ha sempre sostenuto». Beppe Grillo la stima molto: nel famoso sms diceva che segue sempre quello che dice lei, anche quando sta zitto. Avete mai avuto degli scontri? «No. Anche se Beppe fa più notizia quando litiga, sia lui che Casaleggio hanno sempre dato enorme fiducia alle persone di cui si fidano. È stata proprio la grande libertà che ho respirato nel Movimento fin dal primo V-Day a convincermi, perché invece, lo ammetto, i toni accesi e i vaffanculo all’inizio mi avevano spaventato. E poi la genialità dell’intuizione di Gianroberto: unire la politica alla Rete collegando le persone sui temi in un grande network. Grazie a questa idea ho conosciuto le migliori intelligenze, anche nel mio territorio. Casaleggio è quello con cui mi sono sentito più affine, era la testa del Movimento, mentre Grillo è sempre stato il cuore. La morte di Gianroberto, per me, è ancora una cosa inimmaginabile». Come l’ha cambiata trasferirsi a Roma? «È stato un passaggio molto difficile. Non avevo esperienza del Parlamento, ed ero totalmente impreparato ad affrontare un ruolo di visibilità come quello di vicepresidente della Camera. Anche se oggi mi rendo conto che è stata una grande opportunità». Quanto guadagna al mese? «Meno di tremila euro. Sono l’unico vicepresidente della Camera ad aver rinunciato all’indennità aggiuntiva e alle spese di rappresentanza, e posso dirle che, usando solo i rimborsi da deputato semplice per fare il mio lavoro, mi avanzano ancora soldi da restituire. Questo per dire che tagliare gli stipendi si può, eccome». La prima volta che si è parlato di lei è stato quando ha fotografato i messaggini privati in cui Renzi le proponeva di collaborare. «Credo abbia fatto piacere anche a lui: l’ho fatto per trasparenza. Se non l’avessi fatto, chissà quale sarebbe stata la sua versione dei fatti». Non si fida di Renzi? «Di uno che diventa presidente del Consiglio fuori da ogni regola istituzionale, e dopo aver fatto fuori il suo compagno di partito con il tweet stai sereno?». Nonostante i molti impegni, ha trovato la fidanzata: Silvia Virgulti, esperta di comunicazione chiamata a lavorare per il movimento da Casaleggio. Come è nato l’amore tra voi? «Lavorando insieme. Lei è laureata in Glottologia, esperta nella comunicazione televisiva: capitava spesso che le chiedessi qualche consiglio. A un certo punto è stato naturale baciarci, e da lì è stato un crescendo. Ora sono quasi due anni che stiamo insieme, conviviamo in una casetta a Trastevere. Ho trovato finalmente una persona che condivide la mia passione e non se ne sente danneggiata: le mie due precedenti ragazze “importanti” erano gelose, la politica per loro era un’amante». Conta che sia una donna più grande? Ha dieci anni più di lei. «Conta, perché mi sono sempre sentito più grande della mia età e ho avuto difficoltà con le mie coetanee, mentre con lei ho una compatibilità assoluta. E poi mi gratifica la fiducia che ripone in me. La differenza d’età non la sentiamo, e neanche si vede: Silvia è molto giovane fisicamente». E di una bellezza piuttosto appariscente. «Anche questo mi piace. Che sia bella e sexy mi rende ancora più orgoglioso». Il sesso quanto conta per lei? «È fondamentale. Se non c’è sesso non c’è relazione. Il massimo è avere il sesso con l’amore». Con Silvia pensate di mettere su famiglia? «Non subito. Condividiamo, oltre a un progetto personale, anche quello per il Paese, che ora non lascia tempo ad altro. Silvia lo sa, ho messo le cose in chiaro fin da subito, anche se, quando non ti vedi per settimane, è normale avere qualche discussione. Detto questo, l’idea della famiglia c’è. I figli li vorremmo e, a quel punto, vorremmo anche il matrimonio. Sa, io sono credente. Non super praticante, ma la presenza di Dio la sento molto». Che cosa pensa di unioni civili? «Premesso che il provvedimento del governo crea molte disparità, il diritto a unirsi di due persone che si amano è sacrosanto». E di adozioni per i gay? «è un tema importante e delicato: mi piacerebbe conoscere il parere degli italiani attraverso un referendum». E di maternità surrogata? «La considero una violazione dei diritti delle donne. Troppo spesso sono donne che, trovandosi in condizioni di indigenza, vengono sfruttate». Tornando a Silvia: i maligni la descrivono come una donna di potere, ambiziosa, capace di teleguidarla nei suoi interventi in pubblico. «Ha detto bene: lo insinuano i maligni. E certi giornali, per colpirmi. È vero che Silvia, come quasi tutte le donne, riesce sempre ad avere ciò che vuole. Per esempio: a Roma voleva la casa con il camino, e l’ha trovata. Ma se è vero che i suoi consigli li ho ascoltati, soprattutto all’inizio, e qualcuno sugli aspetti più generali delle campagne me ne dà ancora, io non dipendo dai suoi insegnamenti. Per me, se c’è un rapporto sentimentale, non può esistere quello professionale». Domenica ci sono le elezioni amministrative e a Roma, con Virginia Raggi, vi giocate la sfida più importante. Che tipo è? «Una mamma e una militante della prima ora. Di lei mi colpisce soprattutto la pragmaticità. Si è fatta 27 mesi all’opposizione con Marino sindaco e conosce perfettamente la macchina comunale. Sarebbe la prima donna sindaco a Roma. E poi è l’unico candidato presentabile: gli altri partiti hanno già governato, e i risultati li abbiamo visti tutti». Da ragazzo pensava che la politica potesse diventare un lavoro? «Macché: io volevo fare il poliziotto. Del resto non lo penso neanche adesso. La politica è un’esperienza di passaggio, per essere davvero libero devi avere un’autonomia professionale. Coprirò al massimo due mandati, e poi, se mi andrà bene, a 37 anni ne sarò fuori e potrò dedicarmi alla società di webmarketing dove mi aspettano gli amici con cui l’ho fondata all’università. Creare network, per esempio nel mondo dell’agricoltura: ecco il futuro». In questi dieci anni di 5 Stelle c’è qualcosa che l’ha delusa? «Il Movimento si è evoluto molto. Quello che non dobbiamo dimenticare è l’importanza di coltivare il rapporto con il territorio, e di non porre freno alla partecipazione dei cittadini. Da pochi giorni è attivo un software che consente a tutti di fare proposte di legge. Siamo entrati in politica per questo: ricordiamocelo».